Il presepe sulla scrivania del Centro di ascolto della Caritas diocesana
Così come la Sacra Famiglia sa accogliere e custodire la Vita per eccellenza, a cominciare dal mistero di un Dio che diviene bambino in una Betlemme colma di stupore, anche la Caritas, nel suo piccolo, è come una sorta di famiglia in grado di promuovere e salvaguardare la vita, anche quella di una donna che viene da lontano, come nel caso di Yafit: una giovane madre senegalese che, in occasione del primo incontro, mostrava occhi impauriti che tradivano disperazione mista a una fierezza tipicamente africana.
«Ho lasciato la mia famiglia d’origine in Senegal 10 anni fa – dice Yafit (nome di fantasia) -, per raggiungere una sorella in Sardegna». Tutto andava per il verso giusto: un lavoro come commerciante ambulante, i suoi nuovi amici della comunità senegalese, l’incontro con un connazionale con cui decide di legarsi sentimentalmente e realizzare il suogrande desiderio. «È nata la nostra bambina – ricorda commossa – e tutto andava bene. Poi, improvvisamente, lui è cambiato: ero diventata quasiinvisibile ai suoi occhi». Nel suo racconto, spesso interrotto dalle lacrime, emergono anche maltrattamenti fisici e verbali. Ben presto, oltre alle violenze, la giovane Yafit inizia a subire anche le ristrettezze economiche. «Non faceva più la spesa, neanche per la bambina; spendeva tutti i nostri soldi per sé». La Caritas la ritrova in questo periodo di preparazione al Natale, con occhi più sereni e fiduciosi: «Non mi sono sentita più sola», racconta a distanza di qualche mese; «io e la mia bambina siamo andate a vivere in un’altra casa». Yafit ha ritrovato un po’ di serenità, anche grazie al sostegno di una famiglia italiana che si prende cura della bimba mentre lei è a lavoro. Adesso Yafit è consapevole che può contare su una solida rete di protezione; è grata a quelle persone che, pur non conoscendola, l’hanno accolta mentre fuggiva dal pericolo; a loro si è affidata trovando rifugio, così come Maria e Giuseppe, dopo un lungo viaggio in attesa di accogliere la Vita. Con l’arrivo della pandemia e la sospensione del lavoro la situazione è diventata insostenibile. Il timore che lui diventasse ancora più violento convince la giovane a rivolgersi ad un avvocato impegnato nella tutela delle donne vittime di violenza. Viene così inviata al Centro di ascolto della Caritas di Iglesias e, attraverso un lavoro in rete con il Consultorio ASL, le forze dell’ordine e una mediatrice culturale, riceve un sostegno di tipo psico-pedagogico finalizzato all’allontanamento da quell’uomo violento. La Caritas la ritrova in questo periodo di preparazione al Natale, con occhi più sereni e fiduciosi: «Non mi sono sentita più sola», racconta a distanza di qualche mese; «io e la mia bambina siamo andate a vivere in un’altra casa». Yafit ha ritrovato un po’ di serenità, anche grazie al sostegno di una famiglia italiana che si prende cura della bimba mentre lei è a lavoro. Adesso Yafit è consapevole che può contare su una solida rete di protezione; è grata a quelle persone che, pur non conoscendola, l’hanno accolta mentre fuggiva dal pericolo; a loro si è affidata trovando rifugio, così come Maria e Giuseppe, dopo un lungo viaggio in attesa di accogliere la Vita.
Il tempo della pandemia come opportunità per l’approfondimento formativo
Nel tempo faticoso della pandemia non vogliamo far mancare, come Caritas diocesana, un supporto formativo e informativo. Questo è il senso delle “finestre” che stiamo aprendo sul nostro giornale diocesano perché possa integrare quanto si sta promuovendo a livello parrocchiale.
Anche la relazione con l’altro è stata in qualche modo intaccata dal virus, sfociando in due aspetti tra loro contrapposti: la relazione vista come un desiderio impossibile da realizzare ma anche come paura di essere contagiati. Da una parte la mancanza dei contatti sociali ci ha rivelato quanto l’altro sia importante per noi ma ha svelato anche quanto l’altro possa essere fonte di turbamento fino a rappresentare possibilità di malattia e di morte. La prima risposta che abbiamo dato al Coronavirus è stata la quarantena, un rafforzamento dei nostri confini per tutelare la nostra vita ma anche quella degli altri.
Come Caritas diocesana, con prudenza e coraggio, continuiamo ad offrire il nostro servizio di ascolto, accoglienza e prossimità concreta ai tanti nostri fratelli e sorelle provati da questa emergenza. Allo stesso tempo sentiamo necessario non rinunciare anche alla formazione.
Siamo stati costretti ad interrompere gli itinerari formativi di accompagnamento per le Caritas parrocchiali. Come équipe formatori della Caritas diocesana non ci siamo scoraggiati ma stiamo approfittando di questo momento di pausa forzata per continuare a formarci con l’ausilio dei mezzi digitali e con l’aiuto di formatori qualificati che, con generosità e professionalità, Caritas Italiana e la Delegazione regionale Caritas Sardegna ci stanno mettendo a disposizione. Proprio alcuni giorni orsono ci siamo incontrati virtualmente, a livello regionale, con le équipe formative delle altre Diocesi della Sardegna. Non sta mancando anche l’autoformazione. Come équipe diocesana stiamo aggiornando i percorsi formativi così come l’articolo 1 dello Statuto della Caritas Italiana ci invita a fare: “La Caritas Italiana è l’organismo pastorale costituito dalla Conferenza Episcopale Italiana al fine di promuovere, anche in collaborazione con altri organismi, la testimonianza della carità della comunità ecclesiale italiana, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica”. Il nostro impegno è dunque quello di riprendere, appena possibile e in presenza, la formazione e l’accompagnamento delle Caritas parrocchiali
Papa Francesco, nel messaggio per la IV Giornata mondiale dei poveri, al numero 4 ci ricorda che “Sempre l’incontro con una persona in condizione di povertà ci provoca e ci interroga. Come possiamo contribuire ad eliminare o almeno alleviare la sua emarginazione e la sua sofferenza? Come possiamo aiutarla nella sua povertà spirituale? La comunità cristiana è chiamata a coinvolgersi in questa esperienza di condivisione, nella consapevolezza che non le è lecito delegarla ad altri. E per essere di sostegno ai poveri è fondamentale vivere la povertà evangelica in prima persona. Non possiamo sentirci “a posto” quando un membro della famiglia umana è relegato nelle retrovie e diventa un’ombra. Il grido silenzioso dei tanti poveri deve trovare il popolo di Dio in prima linea, sempre e dovunque, per dare loro voce, per difenderli e solidarizzare con essi davanti a tanta ipocrisia e tante promesse disattese, e per invitarli a partecipare alla vita della comunità”.
In questo nuovo anno pastorale ci siamo proposti di essere più vicini alle Caritas parrocchiali, per accompagnarle anche con la formazione. Appena sarà possibile e le condizioni sanitarie lo permetteranno provvederemo ad attivarci e riprendere con gioia i percorsi formativi interrotti, attivarne di nuovi e poterci abbracciare come fratelli e sorelle in Cristo.
Gli effetti dell’alluvione a Bitti del 28 novembre 2020 (foto ANSA)
Le piogge straordinarie di sabato 28 novembre, oltre ai danni ingenti alle case e a diverse strutture produttive, hanno purtroppo comportato anche la perdita di vite umane. Ad essere colpita in modo particolare è stata la comunità di Bitti.
La Diocesi di Nuoro, particolarmente coinvolta in questa vicenda nel registrare bisogni e fragilità della popolazione bittese, attraverso la Caritas diocesana sta opportunamente tenendo al corrente le Chiese particolari della nostra regione.
Partecipe con la preghiera al dramma di quella comunità, la Diocesi di Iglesias intende promuovere per domenica 13 dicembre una colletta per contribuire ad alimentare l’apposito fondo istituito dalla Diocesi di Nuoro, al fine di intervenire nel far fronte alle fragilità più urgenti riguardanti le famiglie bittesi colpite.
Le comunità parrocchiali sono invitate a promuovere delle proprie collette, versando il frutto della generosità dei parrocchiani e di chiunque volesse partecipare alla Caritas diocesana di Iglesias, la quale informerà puntualmente sul giornale diocesano a conclusione della raccolta, provvedendo a trasferirla immediatamente all’apposito fondo della Diocesi di Nuoro.
A seguire le coordinate bancarie da utilizzare per i versamenti:
DIOCESI DI IGLESIAS – CARITAS DIOCESANA
IT 36 M 01015 43910 000000016779
Fin dai primi giorni dell’emergenza Covid-19 la Caritas diocesana di Iglesias ha continuato e rafforzato i propri servizi per stare accanto agli ultimi e alle persone in difficoltà, spesso in forme nuove e adattate alle necessità contingenti. Fra i diversi servizi rimasti attivi, anche i Centri di ascolto della Diocesi, seppur con giorni e orari modificati per necessità, hanno continuato ad operare sempre in presenza.
C’è una povertà che sfioriamo ogni giorno, che abbiamo accanto e di cui spesso non siamo consapevoli. La povertà concreta di chi, a causa della crisi economica, della perdita di lavoro, di una malattia, si vede trascinato in un mondo che non conosceva; la povertà di uomini e donne, spesso giovani, che non avrebbero neppure immaginato di trovarsi un giorno a non avere i mezzi per assicurarsi una vita dignitosa. Di disagio sociale e di povertà si è sempre parlato ma oggi siamo di fronte ad una situazione critica. L’aumento consistente del numero di persone che, in un contesto di partenza “normale” si ritrova indigente, pone di fronte a noi il dramma di tante famiglie alle prese con diverse difficoltà economiche, rispetto alle quali molto spesso non sanno come reagire: si trovano smarrite, quasi avvolte nell’ombra, dovendo affrontare una condizione che può essere anche drammatica.
L’ascolto nasce dalla volontà di spezzare quest’ombra, questo deserto troppo silenzioso; dalla volontà di accendere una luce su storie altrimenti destinate a restare al buio. L’ascolto nasce dal desiderio fraterno di raccontare vite invisibili ma non per questo prive di concretezza, di umanità ferita. Una realtà di cui non siamo e non vogliamo essere meri testimoni silenti. Tutt’altro: come cristiani dobbiamo sentirci fortemente coinvolti, responsabili come fratelli, gli uni degli altri. In tutto questo tempo di fragilità per ognuno di noi, a causa della pandemia, abbiamo incontrato e ascoltato esperienze difficili. Raccontando le loro storie, riuscendo a far vedere una nuova strada verso la serenità per molte famiglie, partendo dall’esperienza umana e dalle parole delle persone coinvolte, abbiamo cercato di fare luce su una realtà altrimenti silenziosa e di testimoniare che la vita di una persona può sempre cambiare in meglio. Le loro storie sono piene di paure ed incertezze ma anche di coraggio. Il cambiamento avviene attraverso un incontro che diventa fraternità.
Nel mese di giugno 2020 si è presentata al Centro di ascolto una ragazza di 32 anni, con figli e reduce da una separazione burrascosa: una persona molto provata, senza casa e senza sussidi; molto spaventata per il fatto di non avere apparentemente niente da dare ai propri figli, la più grande dei quali in attesa di un bambino. Inizialmente viveva da un’amica che l’aveva accolta. Giunta al Centro d’ascolto, indirizzata dal Consultorio della ASL, il primo giorno che l’abbiamo incontrata era molto diffidente e spaventata. L’abbiamo accolta affinché si sentisse a casa, assicurando che la sua storia – come quella di tutti coloro che si rivolgono ai Centri di ascolto – sarebbe rimasta nel segreto di quelle mura e di quei cuori fraterni.
Ci sono stati degli interminabili silenzi, fino a che, dopo averle chiesto il suo nome, la ragazza ha iniziato ad aprirsi e a parlare, seppur alternando continui silenzi carichi di significato e molto comunicativi. Dopo aver ascoltato la sua storia, i suoi bisogni e le sue richieste incerte e impaurite, abbiamo iniziato a tracciare insieme a lei una strada da percorrere. Quel giorno è andata via un po’ più serena. È tornata dopo una settimana, dicendoci che aveva ricevuto la tessera per l’Emporio della solidarietà e che stava lavoricchiando; in seguito l’abbiamo orientata al Caf per effettuare le pratiche utili ad ottenere alcuni sussidi di cui aveva diritto. Inoltre, le abbiamo suggerito di continuare ad andare al Consultorio, per lei ma soprattutto per la figlia in attesa. Ha trovato una piccola casa, per il cui affitto abbiamo provveduto inizialmente a sostenerla. Recentemente ha ottenuto il reddito di cittadinanza e, seppur con molta fatica, riesce a sostenere le spese quotidiane.
Finalmente il percorso della sua vita ha cominciato a prendere una traiettoria diversa. Si tratta di un cambiamento che è partito anzitutto dalla stessa ragazza. Inoltre, il Centro d’ascolto ha operato in rete con la comunità. Infatti, per poterla guidare ed aiutare sono state coinvolte diverse risorse (civili ed ecclesiali) che operano nel nostro territorio. La sua storia, peraltro, ha provocato un cambiamento interiore anche fra le volontarie del Centro di ascolto, ricordandoci come anche in un deserto, il nostro deserto – non solo quello di chi ci chiede aiuto –, può sempre nascere un fiore.
L’importanza di osservare e fare discernimento per prendersi cura
Nel suo essere coscienza educativa di una carità collegata alla giustizia e alla pace, la Caritas avverte la necessità di sensibilizzare e responsabilizzare singoli e comunità, mettendo a disposizione strumenti utili per leggere e comprendere con competenza umana e con criteri di fede le necessità e i bisogni delle persone, con particolare attenzione alle situazioni di povertà.
Hanno anche questo obiettivo i rapporti che a vari livelli, nazionale, regionale e diocesano, vengono elaborati annualmente dalla Caritas e diffusi, non a caso, in prossimità della “Giornata mondiale dei poveri”.
Il rapporto di Caritas Italiana, “Gli anticorpi della solidarietà”, cerca di restituire una fotografia dei gravi effetti economici e sociali dell’attuale crisi sanitaria legata alla pandemia da Covid-19. Fin dai primi giorni dell’emergenza, di fronte alle sfide drammatiche e le forti criticità, Caritas Italiana e le Caritas diocesane hanno continuato a stare accanto agli ultimi e alle persone in difficoltà, spesso in forme nuove e adattate alle necessità contingenti. Tra i beneficiari circa il 30% è rappresentato dai cosiddetti “nuovi poveri”, che per la prima volta hanno sperimentato condizioni di disagio e di deprivazione economica tali da dover chiedere aiuto: i disoccupati, le persone con impiego irregolare fermo a causa delle restrizioni imposte dal confinamento, i lavoratori dipendenti in attesa della cassa integrazione ordinaria o in deroga e i lavoratori precari o intermittenti che, al momento della presa in carico, non godevano di ammortizzatori sociali. Accanto ai problemi dovuti alla fragilità economica sono comparsi anche fenomeni nuovi: le difficoltà di alcune famiglie rispetto alla didattica a distanza, manifestate nell’impossibilità di poter accedere alla strumentazione adeguata (tablet, pc, connessioni ad internet), aumento durante il lockdown del “disagio psicologico-relazionale”, di problemi connessi alla “solitudine” e di forme depressive, un accentuarsi delle problematiche familiari, in termini di conflittualità di coppia, violenza, difficoltà di accudimento di bambini piccoli o di familiari colpiti dalla disabilità, conflittualità genitori-figli. Preoccupa, infine, anche il fenomeno della “rinuncia o il rinvio di cure e assistenza sanitaria”, determinato dal blocco dell’assistenza specialistica ordinaria e di prevenzione che potrebbe determinare in futuro un effetto di onda lunga sul piano del carico assistenziale e del profilo epidemiologico del nostro Paese.
Il Report 2020 su povertà ed esclusione sociale della Caritas della Sardegna, oltre a confermare il trend evidenziato a livello nazionale, si è soffermato sulla cosiddetta “povertà di salute”. Delle 6.876 persone transitate nel 2019 nei Centri di ascolto delle Caritas sarde 890 (12,0%) hanno manifestato bisogni direttamente riconducibili alla sfera sanitaria; quelli prevalenti riguardano in modo ampio la sfera delle fragilità psichiche e della salute mentale. Se oltre alla voce “depressione” si contemplano anche le voci “malattie mentali”, “disturbi alimentari” e “demenza”, la somma di tali bisogni copre oltre i due quinti del totale dei bisogni sanitari (43,4%). Le richieste più frequenti riguardano prevalentemente i farmaci ed aiuti per effettuare visite mediche, analisi ed esami clinici, nonché per interventi chirurgici. Le progettualità messe in campo dalla Caritas per fronteggiare le problematiche di salute hanno sempre previsto, oltre all’ascolto e all’orientamento, anche una presa in carico con un preciso stile di accompagnamento e prossimità, unitamente all’osservazione critica di particolari lacune nel sistema della salute pubblica, mettendo così in luce le mancanze e le non poche strozzature che impediscono il pieno rispetto dei diritti di salute e che risultano, pertanto, lesive della dignità umana. I presidi ospedalieri che spariscono, gli organici ridotti ai minimi termini e in costante condizione di stress, il numero insufficiente di terapie intensive, le attese infinite per le visite specialistiche, i costi proibitivi di farmaci ed esami diagnostici: tutto ciò rischia di cancellare progressivamente molte garanzie acquisite nel corso di decenni di politiche concernenti la salute pubblica, mettendo in discussione il dettato costituzionale, laddove, all’art. 32, obbliga la Repubblica a tutelare «la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività [garantendo] cure gratuite agli indigenti».
Il report diocesano, il secondo prodotto dal gruppo di lavoro dell’Osservatorio delle Povertà e delle Risorse, analizza i dati del 2019 (confrontandoli con quelli dei due anni precedenti) raccolti dai Centri di ascolto presenti nella Diocesi di Iglesias, in particolare nelle città di Iglesias, Carbonia, Sant’Antioco, Santadi, Buggerru-Fluminimaggiore e presso il Centro di ascolto per stranieri. Emerge una fotografia del territorio con problematiche in linea con quelle evidenziate a livello regionale e nazionale in termini di criticità e di bisogni, con una forte accentuazione dei bisogni legati alla casa e alla salute. In un periodo di grande difficoltà come quello che stiamo vivendo, gli interventi dei volontari mirano, oltre che a dare risposte ai bisogni più immediati, anche a favorire una presa in carico della persona e ad un suo accompagnamento verso il raggiungimento di obiettivi di promozione personale e familiare che facilitino un percorso di autonomia e di inserimento sociale. Nel rapporto è presente un approfondimento che riguarda i grandi cambiamenti che si sono avuti negli ultimi anni in Italia sul sistema di Welfare, con particolare riferimento alle diverse misure di sostegno al reddito messe in campo a livello nazionale e regionale, dal Reis della Regione Sardegna, al SIA e al Rei per arrivare al Reddito e alla Pensione di Cittadinanza a livello nazionale. Proprio al riguardo del Reddito di Cittadinanza sono state raccolte le osservazioni di alcuni “testimoni privilegiati: un parroco della Diocesi, un’équipe dei Servizi Sociali comunali e un beneficiario del Reddito di Cittadinanza. Tutto ciò con l’obiettivo di cogliere, dal punto di vista di ciascuno, i pregi e le criticità della misura e il suo reale impatto sulla vita delle persone e delle comunità.
Un elemento positivo da sottolineare è quello relativo alla grande partecipazione e solidarietà espressa in questo tempo da tutto il Paese. Sono fiorite moltissime iniziative a supporto dei più fragili (da parte di aziende, enti, negozi, supermercati, famiglie, singoli cittadini) e molte delle azioni Caritas risultano attivate anche in forma coordinata e sinergica con altri attori del territorio: amministrazioni locali, parrocchie, associazioni/enti non ecclesiali, Protezione civile, altri enti di natura ecclesiale. Accanto all’impegno degli operatori, prezioso è stato l’apporto dei volontari, molti dei quali giovani, che nella fase più critica dell’emergenza hanno favorito la continuità dei servizi, in sostituzione delle persone over 65 rimaste a casa in via precauzionale.
Le indicazioni del Vescovo di Iglesias, Giovanni Paolo Zedda, per vivere personalmente e comunitariamente la IV Giornata Mondiale dei Poveri nelle parrocchie
Domenica 15 novembre 2020, XXXIII domenica del Tempo Ordinario, anche la nostra Chiesa diocesana è chiamata a celebrare la quarta Giornata mondiale dei poveri, guidata dal messaggio del Papa dal titolo “Tendi la tua mano al povero” (Sir 7,32).
A differenza degli anni precedenti, a motivo della particolare situazione sanitaria che stiamo vivendo, non sarà possibile organizzare eventi in presenza, quali momenti di confronto pubblico, incontri di animazione e formazione nelle scuole e nelle parrocchie.
Rimane in ogni caso valida e incoraggiata la proposta di invitare i fedeli a leggere e meditare il messaggio del Papa per la Giornata, così come resta raccomandata l’opportunità di organizzare una veglia di preghiera a livello parrocchiale, nel rispetto delle norme vigenti, ed inserire apposite intenzioni di preghiera per le celebrazioni eucaristiche di domenica 15 p.v.
Ricordo che il nostro giornale diocesano, nel numero in uscita, ha dedicato un ampio spazio al tema della Giornata mondiale, approfondendo in particolare gli argomenti proposti dalla Delegazione regionale Caritas Sardegna in occasione dell’uscita del Report 2020 su povertà ed esclusione sociale e del Rapporto annuale su attività, progetti ed esperienze formative, messe in opera dalle Caritas diocesane nel 2019 e 2020.
Per quanto possibile, si condivida il messaggio del Santo Padre Francesco proposto per l’occasione e si viluppi una particolare attenzione a questi temi durante le celebrazioni eucaristiche. Inoltre, chiedo che vengano contemplate delle specifiche intenzioni nella preghiera dei fedeli, di cui si propone come esempio un formulario (unitamente alla traccia della veglia).
Anche in questo tempo di prova, dovuto alla pandemia, sentiamo tutti l’urgenza di sviluppare una maggiore consapevolezza cristiana sui poveri e sulle povertà, anzitutto attraverso l’incontro quotidiano con quanti, con la propria debolezza e fragilità, esprimono il volto del Signore Gesù.
Facendo nostre le parole del Santo Padre Francesco, raccomando che si viva al meglio questa Giornata Mondiale, anche nella dimensione complessa e inattesa della pandemia: «Questa pandemia – ci ricorda il Papa – è giunta all’improvviso e ci ha colto impreparati, lasciando un grande senso di disorientamento e impotenza. La mano tesa verso il povero, tuttavia, non è giunta improvvisa. Essa, piuttosto, offre la testimonianza di come ci si prepara a riconoscere il povero per sostenerlo nel tempo della necessità».
Iglesias, 11 novembre 2020
Un particolare del logo della “Giornata mondiale dei poveri”
Lunedì 9 novembre 2020, in vista della Quarta Giornata mondiale dei Poveri indetta da Papa Francesco, la Delegazione regionale Caritas ha pubblicato on line il Report 2020 su povertà ed esclusione sociale dall’osservazione delle Caritas della Sardegna e il Rapporto annuale della Delegazione. Attività, progetti ed esperienze formative 2019-2020.
In considerazione della situazione epidemiologica da Covid-19, la presentazione dei Rapporti non è avvvenuta, come di consuetudine, in presenza.
«É vivo desiderio della Chiesa – scrive Mons. Giovanni Paolo Zedda, Vescovo delegato della CES per il Servizio della Carità, nella sua presentazione – che questi due Rapporti siano utili anzitutto alle stesse Caritas diocesane per comprendere meglio la realtà attuale in cui sono chiamate ad operare. La Chiesa si augura che essi contribuiscano ad animare l’intera comunità cristiana nell’accoglienza e nell’accompagnamento di ogni fratello, a partire dagli “ultimi”. Ma è anche auspicabile che stimolino l’azione delle istituzioni civili per una sempre più adeguata legislazione a contrasto delle povertà e dei bisogni che impediscono a tanti la piena realizzazione di sé». (Scarica la presentazione di Mons. Zedda)
Nel Report 2020 su povertà ed esclusione sociale vengono esaminate le problematiche emergenti relative alla povertà e ai bisogni rilevati sul territorio regionale nel 2019, sulla base dei dati forniti dai Centri d’ascolto delle Caritas diocesane della Sardegna, strumenti privilegiati di incontro e osservazione del disagio. Inoltre, vengono presi in considerazione i primi effetti sociali della pandemia da Covid-19 ancora in corso, con un importante approfondimento tematico su “povertà e salute” in Sardegna.
Oltre a ciò, per la seconda volta, oltre all’analisi delle povertà, anche quest’anno verrà fornita in simultanea la descrizione di alcune risposteprogettuali proposte dalle Caritas diocesane dell’Isola, in particolare sul tema salute, avviate o proseguite nel corso dello stesso anno, attraverso il Rapporto annuale della Delegazione. Attività, progetti ed esperienze formative 2019-2020. All’interno di quest’ultimo sono inclusi l’inserto sulla Terza Giornata mondiale dei poveri e quello intitolato L’impegno delle Caritas della Sardegna al tempo del Covid-19.
Un’immagine del Convegno regionale Caritas del 2019
Il 23 maggio scorso si sarebbe dovuto tenere l’XI Convegno regionale delle Caritas parrocchiali. L’emergenza sanitaria, per ragioni di sicurezza, ha obbligato a rinunciare a questo evento. In quest’articolo il delegato regionale della Caritas propone alcune riflessioni in proposito.
Il 25 maggio dello scorso anno le Caritas parrocchiali della Sardegna si ritrovarono a Mogoro, in occasione del X Convegno regionale, per riflettere sul tema “Una testimonianza d’Amore che evangelizza”. Il tema scelto poneva al centro – e continua a farlo ancora oggi – la necessità di coniugare la testimonianza della Carità con l’annuncio del Vangelo. Il leitmotiv dei vari interventi e delle stesse testimonianze richiamarono tutti sul pericolo di rimanere schiacciati sull’attivismo e sul “fare affannoso”, perdendo di vista il compito essenziale per ogni credente, vale a dire essere annunciatori autentici e testimoni credibili del Vangelo.
Ci lasciammo con queste suggestioni che equivalevano a un ben preciso impegno per il proseguo del cammino, con l’auspicio di ritrovarci l’anno successivo, da qualche parte della Sardegna, per celebrare l’XI Convegno regionale, con un nuovo tema e con un rinnovato entusiasmo.
Inaspettata, sconvolgente e colma di tante inquietudini è invece giunta la pandemia, con tutto ciò che ne è derivato per i nostri servizi caritativi, per le Caritas diocesane e parrocchiali, per i tanti volontari costretti per questioni d’età o per ragioni di salute a fare un passo indietro nel servizio operativo, ma comunque presenti e partecipi, a cominciare dalla preghiera.
Di fronte a tutto ciò, per eminenti ragioni di sicurezza si è deciso di annullare il preventivato XI Convegno regionale, che avrebbe dovuto celebrarsi sabato 23 maggio 2020. Di comune accordo con tutte e dieci le Caritas diocesane della Sardegna e con il Vescovo delegato, si è comunque voluto offrire alle Caritas parrocchiali un segno di vicinanza e di attenzione, rendendole partecipi – attraverso un foglio informativo intitolato “ImpegnoCaritas”, consultabile attraverso il portale regionale www.caritassardegna.it – di uno spaccato rappresentativo di quanto è stato fatto nelle diverse Diocesi della Sardegna in questo tempo di emergenza, spesso anche grazie al protagonismo delle stesse Parrocchie. Questo strumento – ne siamo consapevoli – non può certamente essere paragonato a un Convegno, per tutto ciò che tradizionalmente lo connota: la gioia del ritrovarsi, la bellezza di un saluto e di un abbraccio, la ricchezza di un confronto personale e immediato per quanto viene offerto dai vari contributi. Tuttavia, riteniamo che anche questo foglio informativo possa almeno favorire una vicinanza affettiva in questo tempo di distanziamento forzato e di rinuncia.
Lo scorso anno, citando le parole del Papa nell’introduzione al Convegno regionale, segnalammo come una Chiesa in cammino debba sempre poggiare su tre elementi essenziali: “l’umiltà dell’ascolto, il carisma dell’insieme, il coraggio della rinuncia”. Una Chiesa in cui, messa da parte “la tentazione dell’efficientismo”, non manchi mai il segno tangibile della testimonianza dell’amore di Dio.
Credo che, nel piccolo, le storie raccontate in questo foglio informativo confermino questo sforzo umile e generoso.
Condividiamo la testimonianza di Sara Concas e Gloria Mura, due volontarie della Caritas diocesana, rispettivamente presso il Centro di ascolto “Marta e Maria” e la Casa di prima accoglienza “Santo Stefano”. Nel 2017 Sara e Gloria sono state selezionate, insieme ad altre ragazze e ragazzi, per svolgere il Servizio Civile nella Caritas diocesana di Iglesias, nelle stesse “opere segno” in cui – terminato l’anno di Servizio Civile – hanno voluto continuare a donare generosamente il proprio tempo; anche nei giorni più difficili dell’emergenza sanitaria, durante i quali per ragioni di sicurezza è venuto meno l’apporto di non pochi volontari di una certa età o con particolari esigenze di salute. La testimonianza di Sara e Gloria ci pone di fronte, in modo limpido, al valore della gratuità disinteressata e ci racconta un mondo giovanile fatto di tanto impegno ed entusiasmo, con una spiccata vocazione all’amore verso il prossimo.
Da quando è scattato l’allarme per l’emergenza sanitaria abbiamo continuato regolarmente il nostro turno settimanale di volontariato. Con molta onestà non neghiamo che all’inizio fossimo preoccupate per la situazione che si era venuta a creare. Tuttavia, con l’andare del tempo ci siamo armate di coraggio scrollandoci di dosso la paura – che altro non è che una pessima consigliera – e con la giusta lucidità abbiamo continuato imperterrite a fare quello che abbiamo sempre fatto: il nostro dovere, il bene per il prossimo.
Sebbene con due orientamenti professionali diversi siamo unite dall’essere volontarie, nell’unico obiettivo di contribuire alla crescita di una società migliore. Nella diversità che ci caratterizza riusciamo a cogliere quanto di buono c’è in noi e nelle persone che ci stanno accanto.
Ora più che mai il termine “volontariato” assume un concetto ancora più importante, denso e colmo di significato. Ogni occasione dovrebbe essere giusta per fare del bene, a prescindere da tutto, affinché nessuno venga lasciato indietro e solo.
Chi tiene a mente il significato della parola empatia, capisce a cosa ci riferiamo: vedere, captare e cogliere negli occhi dell’altro e nell’animo umano, la ricerca di aiuto.
Avvicinarsi al mondo del volontariato è un gesto di nobiltà d’animo, una scelta che nasce dal profondo del proprio cuore. Un po’ si nasce con lo spirito del volontario. Ma crediamo sia una dote che si possa coltivare e sviluppare nel tempo, attraverso l’insegnamento che ci viene dato, le esperienze di vita o semplicemente il farsi trasportare dalla voglia di fare del bene. Il volontariato è senza dubbio un grande atto d’amore, di altruismo e di generosità.
Fare qualcosa di concreto per il prossimo crea uno scopo, un obiettivo da raggiungere, una missione. Si tratta essenzialmente di restituire dignità alle persone in difficoltà. Utilizziamo la parola “restituire” perché, quando le persone si ritrovano in qualche modo costrette a dover chiedere aiuto perché non sanno come andare avanti, è come se quest’azione comportasse loro la perdita della propria dignità.
In verità non dovrebbe esserci nessuna vergogna nel chiedere aiuto. Anzi, chiunque potrebbe ritrovarsi in circostanze analoghe: alcune volte determinate da alcuni errori commessi in passato, ma tante altre volte per ragioni non volute. Ci riferiamo alla perdita del lavoro, della casa, ad un allontanamento forzato dalla propria famiglia; il non avere un posto per dormire, un piatto per mangiare, un disagio economico, la difficoltà a fare la spesa. Insomma, un mondo di problemi ognuno diverso dall’altro.
È in queste circostanze che entra in soccorso la figura del volontario. Una figura che deve essere in grado di accogliere senza condizioni: conoscere, non giudicare ma provare a stabilire una vicinanza fondata sull’empatia.
È molto importante avere una spiccata sensibilità per fare il volontario, ma allo stesso tempo, per agire nella maniera più efficace, è ugualmente importante non farsi trasportare troppo dalle emozioni, proprio perché queste potrebbero condizionare il percorso di aiuto. Il nostro compito è sì aiutare, ma aiutare senza sostituirci all’altro o, peggio ancora, facendo dipendere l’altro dalla nostra assistenza (assistenzialismo). Ecco perché è importante che non si stabilisca mai una dipendenza dal chiedere aiuto. Il nostro intento è quello di arrivare al cuore del problema e tramite il coinvolgimento di una rete sociale puntare sulle potenzialità che la persona potrebbe sviluppare ed offrire per riprendere in mano la propria vita, riconquistando la dignità.
La formazione che ci ha accompagnate durante il Servizio Civile è stata fondamentale, così da vivere e scegliere il volontariato come compagno di vita. È stato un anno di svolta e di cambiamento per la formazione e crescita personale, in cui prendere coscienza delle tante realtà che ci circondano, facendoci capire quanto siamo fortunati e quanto ci lamentiamo per motivi superflui e di poco conto; rispetto a chi non ha nulla e ha perso tutto, perfino i propri affetti, restando solo e dimenticato da tutti.
All’inizio, ritrovarsi a fare esperienza sul campo non è stato facile. Forse perché certe situazioni da vicino non le avevamo mai toccate con mano e quindi vissute in prima persona. Ma forse è stata proprio questa voglia di fare del bene e dare il proprio contributo che ha prevalso su tutto ed è stato il motore che ci ha spinto a vivere ed imparare fino in fondo da questa “scuola di vita”.
Siamo state in contatto con persone che al di fuori del Centro di ascolto e della Casa di accoglienza non avremmo mai avuto l’opportunità di conoscere: storie di immigrati in cerca di un futuro migliore, di detenuti in permessi premio, di persone che da un giorno all’altro hanno perso il lavoro, persone che non avevano più rapporti con la propria famiglia e non avevano un posto dove stare, qualcuno che ascoltasse la loro sofferenza.
Ogni persona incontrata ci ha insegnato qualcosa ed è grazie a loro che abbiamo acquisito più consapevolezza riguardo all’importanza di aiutare, sostenere e supportare il prossimo. Quella del volontariato è l’occasione giusta per diventare, insieme al prossimo, delle persone migliori. Infatti, è mentre stai aiutando l’altro che ti accorgi che in realtà quell’aiuto lo stai ricevendo proprio tu.
Da giovani volontarie vogliamo fare un appello alle giovani generazioni presenti e future affinché possano avvicinarsi al mondo del volontariato. Un mondo tutto da scoprire. Cogliete l’occasione di questa proposta come una scuola di vita, un’esperienza di cittadinanza attiva, un’opportunità per essere consapevoli delle tante realtà di disagio, per poter aiutare, imparare e crescere per diventare uomini e donne più coscienziosi e consapevoli del mondo attorno a noi. La parte più bella è il legame che si crea con le persone, lo scambio di un sorriso e semplicemente il fatto di esserci. Poter strappare un sorriso al prossimo non ha prezzo, perché oltre l’aiuto materiale è altrettanto importante anche l’aiuto morale, quello che proviene dal cuore.
Vogliamo completare la nostra testimonianza con un omaggio al mondo del volontariato. Un disegno in cui la solidarietà assume la forma di una stretta di mani, in cui il volontario, il braccio verde, colore simbolo della speranza, trasmette fiducia e protezione per un mondo migliore alla persona che chiede aiuto col braccio di colore rosso. Le mani sono unite ma allo stesso tempo distanziate dalla presenza dei guanti bianchi simbolo della lotta contro il coronavirus. Non a caso i colori utilizzati sono quelli della bandiera italiana, come segno di vicinanza a tutti gli italiani, a tutti gli operatori socio-sanitari che operano in prima linea negli ospedali, a tutti i volontari impegnati nella lotta al coronavirus, a tutti i commercianti che in questo momento hanno ripreso il proprio lavoro e ha chi l’ha perso a causa di questa emergenza. Questo disegno vuole essere un messaggio di speranza, perché siamo certe che tutti insieme, attraverso la prudenza, il buon senso e la fede, distanti ma uniti ce la faremo.
Dal 2 aprile all’11 maggio, su iniziativa del gruppo imprenditoriale Superemme Spa, che ha visto coinvolti i punti vendita Iperpan, Superpan e Hardis, è stato possibile realizzare delle collette di prodotti di prima necessità grazie alla generosità dei tanti clienti che, col loro gesto, hanno voluto dare una mano alle famiglie in difficoltà del territorio, molte delle quali alle prese con tanti bisogni accresciuti anche a causa di questo periodo di emergenza sanitaria.
Grazie a tale iniziativa, l’Emporio della Solidarietà di Iglesias, all’interno del quale sono stati depositati i prodotti raccolti presso i citati punti vendita della città, ha potuto dare una risposta alle esigenze – principalmente alimentari – di un maggior numero di persone che ad esso si sono rivolte.
La proficua collaborazione tra gli addetti dei supermercati e gli operatori della Caritas ha permesso di rendere fin da subito accessibili, nei locali dell’Emporio, i beni frutto della generosità di tanti cittadini che hanno aderito alla proposta solidale, dimostrando vicinanza alle persone maggiormente colpite dall’inedita situazione emergenziale. Tra i prodotti raccolti: pasta, riso, zucchero, olio di semi di girasole, olio extravergine d’oliva, caffè, latte, tonno, fette biscottate, sale fino, sale grosso, farina, omogeneizzati, pomodori pelati, polpa di pomodoro, passata di pomodoro, carne in scatola, legumi, legumi secchi, sardine all’olio d’oliva, colombe pasquali, dadi per minestre, dolciumi vari, succhi di frutta, polenta, olive in vetro, maionese in tubetto, tè, sgombri, scatolette di formaggini, carta igienica, schampoo, bagnoschiuma, detersivo per pavimenti, detersivo per i piatti, asciugatutto, pannolini di varie misure, salviette per bambini e altri prodotti per l’igiene.
A nome dei beneficiari, la Caritas diocesana di Iglesias esprime la propria gratitudine ai clienti, ai punti vendita e al gruppo Superemme Spa che ha promosso l’iniziativa.
La Caritas diocesana di Iglesias
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