“È più bello insieme”. Vacanze solidali di bambini e ragazzi ucraini nella Diocesi di Iglesias

Nella prima metà di agosto, 100 piccoli ucraini, con i loro accompagnatori, saranno ospitati nella diocesi di Iglesias. Provenienti da Zhytomyr, Kiev, Lutsk e Kharkiv, attraverso l’iniziativa denominata “È più bello insieme”, promossa da Caritas Italiana e Caritas Spes, giungeranno nel territorio diocesano, in particolare a Carbonia, Carloforte e Iglesias, 100 tra bambini e ragazzi ucraini, insieme ai loro accompagnatori. Il progetto intende favorire un programma di vacanze solidali per minori e loro accompagnatori provenienti da contesti di guerra, così da garantire due settimane di spensieratezza e di riposo, lontani dalla guerra e dalle difficili condizioni in cui vivono dal febbraio del 2022.

L’iniziativa, avviata la prima volta nell’estate dello stesso anno in cui è scoppiata la guerra in Ucraina, è sostenuta dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI). Proprio il 20 maggio scorso, il cardinale Matteo Zuppi, presidente della CEI, innanzi all’Assemblea generale dei vescovi, ha auspicato la nascita di «azioni solidali [e di] soluzioni inclusive e realmente incisive, in grado di rafforzare il senso di comunità e di reciproca cura, affinché nessuno sia tagliato fuori o venga lasciato indietro», in modo che le comunità divengano «luoghi di accoglienza per tutti».

Le esperienze di accoglienza estiva vissute dai bambini e dai ragazzi ucraini nei primi due anni sono state ampiamente positive e hanno offerto un contributo importante nell’aiutare i piccoli destinatari a lenire le sofferenze psicologiche e morali derivanti dalla guerra. Il tutto offrendo loro luoghi accoglienti e in cui ricominciare ad avere fiducia in un futuro di pace.

Per la diocesi di Iglesias, così come per tutte le altre diocesi coinvolte nell’accoglienza (Cosenza, Lamezia Terme, Como, Senigallia, Jesi e Ugento-Santa Maria di Leuca) sarà possibile vivere un’esperienza di solidarietà e di gratuità, con il coinvolgimento di volontari Caritas, animatori della Pastorale giovanile, educatori Scout, giovani studenti nell’ambito di appositi PCTO, in un clima di condivisione e di fraternità.

La diocesi di Iglesias, attraverso la Caritas diocesana, ha organizzato attività ricreative e di intrattenimento per tutti i bambini, gli adolescenti e gli adulti che li accompagneranno, in sinergia con tante realtà ecclesiali e del mondo del volontariato, in stretta collaborazione con le Amministrazioni dei Comuni di Iglesias, Carbonia e Carloforte e in collaborazione con la Fondazione Cammino di Santa Barbara. L’iniziativa “È più bello insieme”, infatti, non è solo un’occasione di accoglienza ma anche un’importante esperienza di animazione di comunità, che intende favorire la giusta sinergia del lavoro in rete tra soggetti istituzionali, civili e del mondo ecclesiale. Così che, mentre si continua a pregare e sperare per il dono della pace in Ucraina, si possano gettare anche le basi per una cultura di pace e di fraternità per le future generazioni.

Cronaca di una tragedia annunciata: la morte di Satnam Singh

Foto di Tim Mossholder su Unsplash

Sono trascorsi quasi 35 anni dalla morte di Jerry Essan Masslo, ucciso il 25 agosto 1989 a Villa Literno da una banda di criminali. Si trattò di un brutale assassinio, a seguito di un tentativo di estorsione, in un contesto di profondo sfruttamento della manodopera straniera che viveva in baracche e che era dedita al lavoro nell’agricoltura, in particolare la raccolta del pomodoro. Jerry Masslo era un sudafricano, giunto in Italia nel marzo del 1988. Vistosi non riconosciuto il diritto d’asilo a causa del principio della “limitazione geografica” (la normativa, che prevedeva lo status di rifugiato per i soli cittadini dell’Europa dell’Est, sarà poi modificata in senso evolutivo proprio a seguito della sua morte), Masslo si trasferì in Campania per cercare fortuna, trovandovi in realtà un lavoro sottopagato e in condizioni di sfruttamento, oltre che una fine violenta all’età di 29 anni. La sua morte suscitò grande indignazione in tutto il Paese, con una commozione pubblica accresciuta dai funerali di Stato alla presenza di diversi rappresentanti delle istituzioni.

A distanza di così tanto tempo la storia si è ripetuta con la stessa drammaticità e con lo stesso corollario di retoriche inutili e intollerabili. Una storia fatta di lavoro sottopagato, di sfruttamento di una manodopera straniera fragile, poiché sprovvista di un contratto di lavoro e di un regolare titolo di soggiorno; una storia già nota di caporalato scandaloso e disumano, consumato quotidianamente alla luce del giorno. Insomma, una cronaca di una tragedia già annunciata, di degrado della dignità umana che è unicamente funzionale a soddisfare le aspettative dei consumatori e non certo il rispetto dei diritti umani.

La stessa drammatica storia si è ripetuta qualche giorno fa anche per Satnam Singh, il bracciante indiano giunto in Italia tre anni fa e che a Borgo Santa Maria, in provincia di Latina, ha dapprima perso la dignità di lavoratore (lavorando fino a 12 ore al giorno senza contratto e per una paga di meno di 200 euro al mese), poi un braccio, incastrato in un macchinario, poi la dignità come essere umano per essere stato scaricato e abbandonato agonizzante di fronte a casa da un datore di lavoro aguzzino, e infine la stessa vita, persa come una bestia dissanguata al macello, dopo poco più di un giorno.

A ben considerare, la morte di Satnam Singh, come quella di Jerry Masslo, non può essere derubricata a incidente sul lavoro ma è dovuta a un sistema criminale che sfrutta gli immigrati irregolari, i quali, proprio perché sprovvisti del permesso di soggiorno, sono facilmente ricattabili dai caporali di turno e dalle logiche predatorie di un sistema economico di tipo schiavistico. Ecco, perché, ora suona come tardivo e ipocrita il riconoscimento del permesso di soggiorno alla vedova di Satnam Singh, Soni, “per motivi di protezione speciale”. E anche la generosa offerta di pagare il costo del funerale, da parte della Regione Lazio, non potrà certo restituire alla povera vedova il marito morto così assurdamente.

Per amore della giustizia e affinché tragedie come queste non abbiano a ripetersi, alcune domande sono per tutti noi obbligatorie: possibile che l’impiego massiccio di lavoratori senza contratto, per giunta stranieri senza permesso di soggiorno, alla luce del giorno, non abbia destato l’attenzione delle autorità preposte ai controlli? Dove sono le organizzazioni di tutela dei lavoratori agricoli e che conoscenza effettiva hanno i sindacati delle condizioni di tanti lavoratori stranieri impiegati come braccianti? La morte di Satnam Singh si sarebbe potuta evitare, considerato che il padre del suo datore di lavoro era già indagato da 5 anni per reati di caporalato in un altro procedimento?

Alla vicenda della morte di Satnam Singh ha fatto cenno anche il presidente delle Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della cerimonia del 160° anniversario della Croce Rossa Italiana. Parlando del volontariato, il capo dello Stato ha ricordato come esso esprima valori che «sono parte della cultura e della stessa identità del nostro popolo. Questo è il carattere dell’Italia, ampiamente diffuso nella concreta vita quotidiana, ed è quel che la rende, in conformità alla sua storia, un Paese di grande civiltà. Contro questa grande civiltà stridono [ha precisato Mattarella] episodi e comportamenti come quello avvenuto tre giorni fa, quando il giovane Satnam Singh, lavoratore immigrato, è morto vedendosi rifiutati soccorso e assistenza dopo l’ennesimo incidente sul lavoro. Una forma di lavoro che si manifesta con caratteri disumani e che rientra in un fenomeno – che affiora non di rado – di sfruttamento del lavoro dei più deboli e indifesi, con modalità e condizioni illegali e crudeli».

In queste stesse ore lascia sdegnati un’altra notizia, proveniente da un altro Paese, che riguarda lo sfruttamento di lavoratori nel settore domestico. Alcuni membri della famiglia Hinduja, anch’essa di origine indiana, come il povero Satnam Singh, ma in condizioni economiche ben diverse da quest’ultimo, essendo tra le più ricche del Regno Unito, sono accusati da un Tribunale svizzero di sfruttamento dei propri domestici in servizio presso la villa di Ginevra, in quanto venivano pagati a otto euro al giorno per 18 ore di attività e con i passaporti confiscati dai datori di lavoro. Altre vicende di ordinaria schiavitù, dunque.

Una volta, in un’intervista, il povero Jerry Masslo affermò che pensava di trovare in Italia uno spazio di vita e una ventata di civiltà, un’accoglienza che gli permettesse di vivere in pace e di coltivare il sogno di un domani senza barriere né pregiudizi. Invece, affermò, «sono deluso […]. Noi del terzo mondo stiamo contribuendo allo sviluppo del vostro Paese, ma sembra che ciò non abbia alcun peso. Prima o poi qualcuno di noi verrà ammazzato ed allora ci si accorgerà che esistiamo».

Raffaele Callia

La povertà che non diminuisce e il futuro delle politiche sociali

Foto di Rémi Walle su Unsplash

Il 13 giugno scorso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato un consistente “Rapporto di monitoraggio sulla gestione e sugli esiti del Reddito di cittadinanza relativo agli anni 2020-2023”, realizzato da un apposito Comitato scientifico previsto dalla legge istitutiva del 2019. Oltre al testo integrale del Rapporto sono stati pubblicati anche una sintesi e delle tabelle esplicative dei dati.

Dal Rapporto in questione emerge come in quattro anni e mezzo, da aprile 2019 a dicembre 2023, a ricevere il Reddito di cittadinanza o la Pensione di cittadinanza siano stati in tutto oltre 5.000.000 di beneficiari. Di questi, meno di un terzo (pari a oltre 1 milione e mezzo di persone) ha ricevuto tale beneficio senza soluzione di continuità. Per tutto il periodo considerato, la misura è costata allo Stato circa 34 miliardi di euro. Oltre al costo dell’operazione nel suo complesso, ciò che deve interessare la collettività è sapere se la misura ha avuto un impatto importante nel contrastare la povertà, in particolare quella assoluta, tenuto conto dell’obiettivo ambizioso che si era posto il legislatore con tale dispositivo: attivare una misura di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, di pari passo (aspetto che è rimasto sostanzialmente sullo sfondo) con l’implementazione di politiche attive del lavoro.

A fornirci una risposta in tal senso è l’Istituto nazionale di statistica. Considerando i dati sulle famiglie in povertà tra il 2020 e il 2022, l’Istat ha calcolato che poco più del 30,0% di esse è stata in grado di ricevere il Reddito di cittadinanza. Ciò significa che ben oltre i due terzi della platea delle famiglie che vivevano in condizioni di povertà assoluta, in quegli anni particolarmente difficili a causa delle conseguenze socio-economiche della pandemia, non hanno potuto usufruire del provvedimento in questione. Si tratta di una realtà che era stata già fotografata a suo tempo dalla Caritas Italiana, attraverso un monitoraggio sul Reddito di cittadinanza, poi confluito in una pubblicazione dal titolo “Lotta alla povertà: imparare dall’esperienza, migliorare le risposte”.

Oltre all’esclusione di una parte consistente della platea dei potenziali beneficiari, l’applicazione della misura ha fatto registrare alcune disparità di trattamento legate al contesto territoriale. Le famiglie povere residenti nel Nord Italia, infatti, sono state sostanzialmente penalizzate rispetto a quelle del Sud, a causa dell’applicazione di una soglia unica nazionale che non ha tenuto conto del differente costo della vita (più elevato al Settentrione rispetto al Meridione d’Italia). Non solo, l’utilizzo di una scala di equivalenza “piatta”, non in grado di modulare adeguatamente l’entità del contributo sulla base della numerosità dei componenti dei nuclei familiari, ha di fatto penalizzato le famiglie più numerose.

Un ultimo aspetto di criticità, non meno importante, riguarda il tema della presa in carico dei beneficiari e il ruolo dei Servizi sociali territoriali. Riguardo a questo aspetto, il Rapporto pubblicato il 13 giugno pone in evidenza come solo la metà dei nuclei beneficiari del Reddito di cittadinanza sia stato indirizzato ai Servizi sociali e, tra di essi, solo il 23,0% ha firmato il cosiddetto “Patto d’Inclusione” all’inizio del 2023. In molti, tra studiosi ed operatori del settore, ritengono che questi risultati siano la conseguenza da un lato di un enorme ritardo nei percorsi di accompagnamento in favore dei beneficiari e dall’altro di un mancato rafforzamento amministrativo a livello locale, assolutamente necessario a garantire una misura organizzativamente così complessa.

D’altra parte va considerato, ancora una volta dati alla mano, come grazie a tale misura l’incidenza della povertà familiare nel 2020 sia effettivamente scesa di 1,6 punti percentuali. Come dire che se non vi fosse stato il Reddito di cittadinanza, in un momento di forte crisi socio-economica dovuta alla pandemia, la situazione sarebbe stata ben peggiore.

Oggi le politiche sociali si trovano di fronte a uno scenario non meno complesso, con una povertà assoluta che non accenna a diminuire e con una fragilità che intacca sempre più le fasce più deboli della popolazione, come i bambini. L’ultimo rapporto pubblicato da Save the Children Italia, dal titolo “Domani (Im)Possibili”, che contiene anche un’indagine condotta da Caritas Italiana, ci ricorda come l’incidenza più alta della povertà assoluta si stia registrando tra i minori di 18 anni: il 14,0% dei minorenni si trova in condizioni di povertà, il che significa che ben 1,3 milioni di minori in Italia è povero.

L’esperienza insegna come sia necessario sempre partire dai poveri per formulare delle proposte che siano in grado di rispondere ai loro bisogni ma anche alle loro aspirazioni. Nel fare ciò bisogna evitare di lasciare fuori qualcuno: che sia straniero o italiano, che viva in una regione del Nord o in una del Mezzogiorno, che viva in una famiglia numerosa o che sia solo. Non solo, bisogna assicurarsi che gli attori sociali, a cominciare da chi opera nei Servizi pubblici, sia adeguatamente sostenuto e formato per reggere il peso organizzativo di una misura che non può solo essere pensata dal centro, senza considerare la realtà dei territori, le loro diversità e peculiarità.

Raffaele Callia

 

Dalla formazione alla ricerca-azione. Anche la Caritas coinvolta nel Service-Learning

Nell’ambito del progetto scolastico “Io voglio esserci”, promosso dalle classi 1ª A, 3ª A e 3ª B della Scuola primaria di Iglesias “P. Allori”, la maestra Enrica Ena ha voluto coinvolgere la Caritas diocesana di Iglesias affinché i piccoli inizino ad avvicinarsi al mondo del volontariato e a tutto ciò che questo organismo pastorale della Chiesa cattolica sostiene quotidianamente sul territorio, attraverso le sue opere, i suoi progetti e l’impegno di tanti volontari.

A gennaio scorso una piccola delegazione della Caritas, composta da Emanuela e Valentina, ha dialogato con i bimbi descrivendo nel dettaglio i luoghi dell’ascolto e dell’accoglienza, grazie ai quali gli operatori riescono a dare concrete risposte a chi si rivolge per ricevere una mano d’aiuto. Attraverso la proiezione del video “È molto di più”, realizzato dalla Caritas diocesana, ai bambini è stata offerta una panoramica di alcuni servizi presenti nel territorio diocesano: i 6 Centri di ascolto, la Casa di accoglienza e il Dormitorio “Santo Stefano”, l’Emporio della Solidarietà e gli Orti Solidali di Comunità.

La genuina curiosità dei piccoli dagli 8 e10 anni è stata spiazzante; hanno infatti posto tante domande, alcune delle quali davvero inaspettate: “che cosa possiamo fare noi bambini per la Caritas?”, “chi l’ha creata?”, “da dove arrivano gli aiuti che date alle persone?”, “come vi siete sentite quando avete iniziato il vostro servizio alla Caritas?”. Anche le maestre hanno rivolto dei quesiti alle due operatrici, in modo che descrivessero sé stesse e la motivazione che le ha spinte ad impegnarsi in Caritas. Di certo, sono rimaste favorevolmente stupite dal livello di attenzione dei
bambini che per circa un’ora sono rimasti seduti ad ascoltare e a porre domande su una realtà di cui sentivano parlare per la prima volta.

Il progetto che vede coinvolta anche la Caritas di Iglesias proseguirà grazie all’impegno della maestra Ena e delle sue colleghe; Si è lavorato ancora tanto con i piccoli che, nei mesi seguenti, hanno avuto modo di poter visitare alcuni servizi della Caritas; per conoscere dal vivo dove e come i volontari della Caritas di Iglesias si rendono disponibili ad accogliere e ascoltare i poveri.

A conclusione del percorso progettuale, martedì 4 giugno, dalle 9.00 alle 13.00, presso l’Istituto Tecnico Minerario di Iglesias (in via Roma 45), si terrà l’evento Service-Learning. Dalla formazione alla ricerca-azione, durante il quale saranno presenti i bambini coinvolti nel progetto, insieme ai loro insegnanti; alcune autorità scolastiche e istituzionali; il prof. Italo Fiorin, presidente della Scuola di alta formazione EIS dell’Università LUMSA di Roma, e i vari partner, fra cui la Caritas diocesana di Iglesias.

Quest’esperienza ha fatto comprendere come sia molto importante iniziare a seminare fin dalla più tenera età, affinché l’attenzione al prossimo diventi un atteggiamento consueto e doveroso; una semina che può contribuire a far sentire tutte le persone corresponsabili nella realizzazione di una società più giusta e solidale.

Emanuela Frau e Valentina Diana
Caritas diocesana di Iglesias

Comunità energetiche. Tra sfide e opportunità

Sabato 1° giugno, alle ore 10.00, presso la Sala Corpus dell’antica tonnara di Portoscuso si terrà un momento di riflessione e di approfondimento dal titolo “Comunità energetiche: tra sfide e opportunità”, promosso dalla Diocesi di Iglesias, su iniziativa dell’Ufficio diocesano di Pastorale Sociale e del Lavoro, in collaborazione con la Caritas diocesana di Iglesias e l’UCSI Sardegna e col patrocinio del Comune di Portoscuso.

I relatori saranno Massimo Pallottino, rappresentante di Caritas Italiana, e il segretario generale di Greenaccord onlus Giuseppe Milano, che dialogheranno attorno ai temi centrali dell’incontro. Il convegno sarà introdotto dal card. Arrigo Miglio, Amministratore Apostolico di Iglesias, e da Ignazio Atzori, sindaco di Portoscuso. Porteranno il loro saluto don Antonio Mura, direttore diocesano della Pastorale sociale e parroco di Portoscuso, Raffaele Callia, direttore della Caritas diocesana di Iglesias, Giampaolo Atzei per l’UCSI Sardegna e Ignazio Boi, direttore diocesano della Pastorale sociale dell’arcidiocesi di Cagliari.

Per approfondimenti: https://www.diocesidiiglesias.it/comunita-energetiche-tra-sfide-e-opportunita/

Le opere di carità diocesane grazie all’8xmille della Chiesa cattolica

Raffaele Callia è il direttore della Caritas diocesana di Iglesias da diversi anni. A lui chiediamo di offrirci una panoramica sulle esperienze portate avanti in Diocesi grazie alle risorse dell’8xmille impegnate nelle attività caritative

 

Sono importanti le risorse dell’8xmille per il sostegno delle attività della Caritas in diocesi?
Ogni anno i fondi dell’8xmille assegnati dalla Diocesi rappresentano una fonte di sostentamento particolarmente importante per la Caritas diocesana: circa il 33,0% del budget utilizzato nel 2023 (una quota che sale al 58,4%, se si considerano anche i progetti presentati direttamente alla Caritas Italiana e che, a loro volta, fanno riferimento quasi interamente alle risorse derivanti dall’8xmille). Tali risorse, puntualmente e debitamente rendicontate, vengono utilizzate per sostenere i molti servizi promossi in Diocesi in favore delle persone e delle famiglie in condizioni di fragilità, non solo materiale. Grazie all’8xmille della Chiesa cattolica la Caritas diocesana può offrire un importante supporto alimentare, assistenza socio-educativa, servizi di accoglienza, sostegno psicologico e morale, sostegno economico, formazione professionale, aiuto nella ricerca di lavoro e molte altre azioni che contribuiscono a migliorare la qualità della vita delle persone e delle famiglie in difficoltà del territorio diocesano.

Quali interventi sono stati realizzati sul territorio attraverso i fondi ricevuti con l’8xmille?
Tenuto conto dello spazio disponibile in questa sede mi limiterò a fare solo degli esempi. Si potrebbe citare il servizio continuativo reso dalla rete dei Centri di ascolto presenti a Iglesias (anche per stranieri), Carbonia, Sant’Antioco, Santadi e Fluminimaggiore e al loro prezioso supporto nella consulenza, orientamento, accompagnamento e prima presa in carico delle situazioni di difficoltà di tante persone (sono state 760 le persone ascoltate una o più volte nel corso del 2023). Penso ai Servizi di sostegno economico e microcredito di Iglesias, Carbonia, Sant’Antioco e Santadi e al loro prezioso aiuto di fronte a problemi di sovraindebitamento, fragilità nel pagamento di tasse e utenze, o al sostegno nel garantire il rafforzamento o l’avvio di piccole attività imprenditoriali (poco meno di 200 persone hanno ricevuto tale tipo di aiuto nel corso del 2023 e circa un’ottantina nei primi mesi del 2024). Penso alle oltre 500 persone sostenute anche nel corso dello scorso anno dall’Emporio della solidarietà, ove possono soddisfare un bisogno primario in modo dignitoso e intelligente, e alle decine di persone inserite nel progetto “Orti solidali di comunità”, tra giovani e meno giovani in cerca di lavoro o accompagnate in attività di volontariato tramite l’Ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna del Tribunale di Cagliari, inserite in percorsi di giustizia riparativa. Per non parlare, poi, del centinaio circa di persone accolte ogni anno nelle nostre strutture di accoglienza: la Casa di prima accoglienza e il Dormitorio Santo Stefano (oltre 10.000 i pasti garantiti agli ospiti delle due strutture). Ecco, mi limito solo a questi esempi per segnalare quanto sia importante una semplice firma del contribuente per dare continuità e migliorare queste gemme preziose: quel tratto di penna, molto semplicemente, rende possibile realizzare tutto ciò e anche molto di più, come recita un nostro slogan che ispira un video presente nel nostro portale.

Tenuto conto dello scenario attuale, quali potrebbero essere le priorità per il prossimo futuro?
Non dimentico che la Caritas è un ufficio di pastorale, la cui funzione prevalente è eminentemente pedagogica. Preciso ciò perché anche per la Caritas diocesana, tenuto conto del suo impegno specifico nel sostenere la comunità cristiana nella testimonianza concreta della carità di Dio, le priorità non possono che essere legate alla missione evangelizzatrice della Chiesa locale. Il suo compito è farlo per il tramite delle opere, attraverso la “pedagogia dei fatti”, come si usa dire generalmente. Sono le opere e i processi avviati nel servizio alla persona integralmente considerata che devono essere in grado di raccontare il Vangelo della Carità: una chiara dimensione agapica che è parte costitutiva e irrinunciabile della Chiesa.

In questi ultimi anni quali interventi sono stati realizzati grazie all’8xmille?
Da alcuni anni due progettualità segnano in particolare l’esperienza dell’utilizzo dei fondi dell’8xmille: il progetto “Emporio dello solidarietà” e il progetto “Orti solidali di comunità”, che recentemente sono confluiti in una progettualità unitaria, il progetto ALI, Attraverso il Lavoro Insieme (di cui attendiamo l’approvazione), volendo insistere sulla dimensione del lavoro quale via privilegiata per spezzare le catene dell’assistenzialismo e promuovere integralmente i poveri. Più recentemente abbiamo promosso l’esperienza del progetto “Una chiave spalanca l’orizzonte”, rivolto a ragazzi e giovani con fragilità accresciutesi durante la pandemia e che, nella Tenuta agricola Bertelli, in località Tallaroga, in collaborazione con l’Associazione laicale “Casa di Nazareth”, sono coinvolti in attività laboratoriali in scrittura creativa, teatro, sartoria, graffiti e stampa 3D. La pandemia ha prodotto gravi ricadute sui nuclei familiari e sui minori. Questi ultimi, in particolare, hanno risentito dell’isolamento sociale e della distanza fisica, manifestando condizioni di maggiore fragilità socio-relazionale rispetto agli adulti: le difficoltà imposte dalla didattica a distanza hanno aumentato il rischio di dispersione scolastica, di povertà educativa e di marginalizzazione; allo stesso modo la depressione e l’ansia generalizzata sono divenuti problemi comuni tra gli adolescenti, così come i disturbi di alterazione nel ritmo sonno-veglia, le crisi di ansia e il ritiro sociale.  Sui giovani, devo ammettere, che la Caritas diocesana investe molte energie e risorse: proprio in questi giorni abbiamo conferito degli assegni di studio a studenti meritevoli delle Scuole secondarie di secondo grado di tutti gli Istituti del Sulcis Iglesiente, al fine di incoraggiare la prosecuzione degli studi all’Università. Si tratta di un piccolo segno nel solco del nostro impegno per contrastare la povertà educativa, una vera e propria piaga per il nostro territorio.

C’è un’iniziativa intrapresa recentemente che si vuole evidenziare?
Dai primi di maggio ha preso avvio il progetto denominato “Cambia le tue stelle”, rivolto a un massimo di 15 ragazzi, di età compresa tra i 14 e i 22 anni, in carico all’USSM (Ufficio Servizio Sociale Minori)/CGM sottoposti a procedimento penale (affidamento in prova, denunciati e in attesa di giudizio, in misura alternativa), con il compito di spezzare la catena della recidiva e favorire processi di effettiva integrazione sociale. Si tratta di un lavoro che – com’è evidente – se è vero che non è di primissima prevenzione si colloca comunque nella “riabilitazione precoce”, proprio per evitare che quei ragazzi non siano abbandonati a se stessi e a un futuro già segnato dalla devianza e dallo stigma sociale. Anche questo progetto si svolgerà presso la Tenuta agricola Bertelli, in collaborazione con “Casa di Nazareth”, il servizio diocesano di Pastorale giovanile, il Centro di Giustizia minorile del Tribunale di Cagliari, la Polizia di Stato (attraverso la funzione educativa di alcuni referenti incaricati appositamente) e con il coinvolgimento di figure professionali specifiche: pedagogista, psicologo, educatore professionale, assistente sociale, formatore ed esperti nel campo della didattica laboratoriale. Attraverso le pratiche della terapia assistita con i cavalli, l’istituzione delle cosiddette botteghe esperienziali (già sperimentate positivamente con il progetto “Una chiave spalanca l’orizzonte”) e gli itinerari di orientamento al lavoro, si vuole consentire ai destinatari del progetto di percorrere un cammino abilitante e riabilitativo, di cittadinanza e di prevenzione delle recidive, rafforzando i fattori di salute d’ordine psicologico e sociale.

Intervista di Emanuela Frau

Figli rigenerati alla vita da Madre Terra, attraverso il progetto “Orti solidali di Comunità”.

Gianluca Frau

L’idea del progetto “Orti solidali di comunità”, che vede la diocesi di Iglesias impegnata anche nel settore dell’agricoltura sociale, è nata nel 2015, dopo che la Caritas diocesana ha aderito alla campagna di sensibilizzazione “Una sola famiglia umana, cibo per tutti: è compito nostro”, lanciata da Papa Francesco e da Caritas Internationalis. Il progetto è divenuto nel tempo un luogo aperto di risposta a un disagio concreto, favorendo una riappropriazione di sé in termini di orientamento di vita e professionale per tante persone: uomini e donne, italiani e stranieri. A tutti, questa esperienza ha fornito l’opportunità di vivere con gli altri e a contatto con la natura in una maniera del tutto diversa, riscoprendo consapevolezza, capacità e talenti. Grazie al sostegno dell’8xmille della Chiesa cattolica il progetto ha rafforzato la propria valenza sociale, ambientale e inclusiva.

Gianluca Frau riporta la propria esperienza di tutor tecnico all’interno del progetto, sottolineando l’enorme beneficio che un’attività di questo tipo può generare. “L’idea è quella di coniugare il bisogno delle persone che, per svariati motivi, hanno necessità di ritrovare la serenità e un giusto orientamento di vita, con un’attività concreta nell’ambito dell’agricoltura biologica”.

Che cosa ti ha convinto ad accettare la proposta ricevuta a suo tempo?
Posso mettere a disposizione le competenze acquisite in passato, come tecnico che coordina un lavoro di squadra, con delle finalità che non sono ovviamente legate solo alla produzione agricola, quanto alla qualità delle relazioni che si creano tra le persone coinvolte. Ciò che può dare un progetto di questo genere non è misurabile soltanto da un punto di vista quantitativo. La proposta, certamente con molto sacrificio da parte di tutti i soggetti coinvolti, può generare risultati significativi. Bisogna essere il più possibile realistici, affidandosi alla Provvidenza e mettendo in conto anche gli imprevisti. L’aneddoto più significativo può essere dato dalla curiosa richiesta di alcuni beneficiari che avrebbero voluto recintare un fazzoletto di terra, in modo da coltivarlo per una personale produzione, sconfessando di fatto l’obiettivo del progetto, che mira a creare relazione e cooperazione tra i beneficiari. Anche l’impazienza di vedere il raccolto in breve tempo ha certamente giocato a sfavore nell’esperienza di alcuni.

Ci sono stati dei cambiamenti generati dal progetto?
Mi ha sicuramente gratificato vedere negli occhi delle persone coinvolte la gioia e lo stupore davanti ai primi germogli degli ortaggi; questo le ha certamente ripagate del sacrificio. Oltre ai beneficiari, l’orto ha ospitato anche altri collaboratori occasionali, nel periodo della raccolta delle olive e delle patate. Posso dire di essere stato spettatore di una sorta di “miracolo”: mi ha davvero commosso vedere una terra, che fino a poco tempo prima non veniva valorizzata adeguatamente, animarsi grazie al servizio di tante persone. In questi anni sono passati anche solo per curiosare tanti uomini, donne e anche gruppi di bambini, che entusiasti hanno saputo stupirsi e creare relazioni significative.

Emmanuel Anane


Emmanuel Anane
, proveniente dal Ghana e presente in Italia da una quindicina d’anni, racconta la sua persona esperienza negli Orti.

Come sei venuto a conoscenza di questo progetto?
Sono stato segnalato dal Centro d’ascolto per stranieri “Il Pozzo di Giacobbe”. Mi avevano detto che cosa potevo fare nel terreno con altre persone che stavano lì prima di me. Mi sembrava una cosa buona per tenermi impegnato e fare qualcosa di utile per me e per gli altri.

È la prima volta che lavori nel settore dell’agricoltura?
No, non è la prima volta. Ho già lavorato la terra nel mio Paese e anche qui, a Iglesias, in un’azienda agricola dove avevo già svolto delle attività simili a queste.

Stai apprendendo cose nuove?
Sì, nel mio Paese gli agricoltori fanno altre cose nei campi; lavorano diversamente. Le cose che si coltivano e anche le attrezzature che si usano nei campi sono diverse.

Pensi che l’integrazione tra italiani e stranieri passi anche attraverso il lavoro?
Sì, certamente. Lavorare insieme aiuta a stare meglio; nel progetto ci sono anche altri stranieri. È un modo per sentirsi utili e poter fare qualcosa non solo per sé stessi ma anche per gli altri.

Intervista di Emanuela Frau

Azioni di contrasto alla povertà educativa. Riprende l’iniziativa del contributo agli alunni meritevoli

Un momento della premiazione a Iglesias

Le ricerche condotte in occasione dei diversi Rapporti su povertà ed esclusione sociale della Caritas Sardegna, negli anni hanno posto in luce, oltre a una diffusa situazione di fragilità del mondo giovanile, solo in parte spiegabile con gli effetti della pesante crisi economica e finanziaria di questi ultimi lustri e della recente pandemia, anche una specifica fragilità sul versante educativo e formativo. I dati sulla dispersione scolastica esplicita e implicita e l’accresciuto fenomeno dei NEET (giovani che non studiano, non si formano e non lavorano) ne danno una testimonianza evidente.

Si tratta di un tema che richiama l’attenzione sulla povertà educativa e su come questa, anche nel Sulcis Iglesiente, sia un fenomeno di lunga durata, in qualche misura ereditario e che coinvolge in larga misura proprio quei nuclei familiari colpiti da diverse forme di vulnerabilità. Un fenomeno che pone in evidenza alcune situazioni di svantaggio più accentuate sia sul fronte dei servizi sia su quello delle opportunità e dei percorsi di accompagnamento in favore dei giovani.

Nell’anno scolastico 2014/2015 un cittadino anonimo, per il tramite della Caritas diocesana di Iglesias, ha voluto mettere a disposizione un contributo da destinare a studenti meritevoli degli Istituti superiori della città di Iglesias. Il contributo era dedicato alla memoria dei minatori Michele Loi e Pino Corgiolu, che in passato si distinsero per un impegno costante nel condurre battaglie per il lavoro e per difendere la dignità dei lavoratori. L’iniziativa è stata molto apprezzata sia dai beneficiari della misura che dall’intera comunità scolastica e cittadina.

Negli anni a seguire la Società Operaia Industriale di Mutuo Soccorso di Iglesias ha scelto di condividere l’iniziativa contribuendo anch’essa con una somma di denaro a favore di alunni meritevoli. Ad integrare la somma necessaria per dar vita all’iniziativa ha provveduto sistematicamente la Caritas diocesana, tramite le specifiche offerte  donate da privati cittadini.

Una studentessa premieta a Sant’Antioco

L’iniziativa è stata portata avanti per alcuni anni, coinvolgendo altre scuole del Sulcis Iglesiente, fino all’avvento della pandemia. Recentemente a tale generosità si è aggiunta anche quella degli autori del volume La nostra marcia (19 ottobre-15 dicembre 1992), edito nel 2023: Antonangelo Casula, Tore Cherchi, Peppino La Rosa e Sandro Mantega. Il volume ricostruisce le iniziative di sensibilizzazione popolare volte a richiamare l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica sulla crisi del Sulcis-Iglesiente e sulla necessità di un nuovo sviluppo socio-economico, in un momento di particolare difficoltà – con la chiusura delle miniere – per l’intero territorio. Raccogliendo testimonianze dirette dei protagonisti di quella vicenda, il libro «descrive il contesto, racconta e documenta la Marcia per lo Sviluppo del Sulcis Iglesiente, partita il 19 ottobre 1992 da Teulada e giunta a Roma l’8 dicembre». Gli autori del libro hanno deciso che il ricavato delle vendite del libro sia devoluto interamente alla Caritas diocesana di Iglesias, per potenziare le iniziative della Diocesi di contrasto alla povertà educativa.

Il contributo economico offerto agli alunni (200,00 euro a ciascuno), pur nella sua limitatezza, tende a dare un aiuto a studenti meritevoli nell’anno decisivo del diploma di maturità, oltre che un riconoscimento per il loro impegno negli studi. Consapevoli che l’istruzione e la formazione costituiscono la via maestra per avviare dei percorsi di crescita e autonomia a livello personale e comunitario, tale iniziativa intende incoraggiare la prosecuzione dell’itinerario di studi a livello universitario, tenuto conto delle non poche difficoltà che si frappongono all’orizzonte e che rischierebbero di rallentare o perfino bloccare il cammino.

Un momento della premiazione a Carbonia

L’iniziativa ha coinvolto i dirigenti e i docenti di tutti gli Istituti superiori del Sulcis Iglesiente, i quali hanno provveduto a individuare 2 studenti meritevoli delle classi quinte per ciascuna Scuola secondaria di secondo grado. Sono stati premiati in tutto 27 studenti, iniziando con la premiazione dei maturandi degli Istituti di Iglesias, sabato 18 maggio 2024, alle ore 10.00, presso l’Aula magna dell’Istituto Giorgio Asproni di Iglesias, per poi proseguire a Sant’Antioco, martedì 21 maggio (con la premiazione degli studenti di Sant’Antioco e Carloforte), e terminare a Carbonia, giovedì 23 maggio, con la premiazione degli studenti di Carbonia, Santadi e Villamassargia.

 

Il nuovo Patto europeo su immigrazione e asilo e le molte zone d’ombra

Foto tratta da Unsplash

Dopo l’accordo raggiunto dai governi europei a dicembre scorso, ad aprile di quest’anno il Parlamento europeo ha approvato dieci testi legislativi che mirano a riformare la politica europea sulle migrazioni e l’asilo.

Nelle intenzioni del Parlamento europeo, il nuovo Patto su immigrazione e asilo dovrebbe rispondere all’obiettivo di consolidare il ruolo dell’Unione nell’affrontare l’immigrazione irregolare, rafforzando la protezione delle frontiere esterne dell’Unione Europea, applicando in modo uniforme regole comuni in tutti gli Stati membri sulla prima accoglienza e rimodulando il sistema europeo di asilo sulla base dei principi di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità.

Una volta approvate dal Consiglio europeo, le leggi entreranno in vigore dopo essere state pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’UE. L’applicazione dei regolamenti è prevista dopo due anni, mentre per quanto attiene la direttiva sulle condizioni di accoglienza, gli Stati membri avranno due anni di tempo per introdurre le modifiche nei rispettivi ordinamenti nazionali.

Tra gli obiettivi posti formalmente dal nuovo Patto vi è quello di sostenere i Paesi dell’Unione più esposti alle pressioni migratorie di cittadini provenienti da Paesi terzi, attraverso un sistema di collaborazione (con la fornitura di un supporto tecnico-operativo), di contribuzione (attraverso lo stanziamento di contributi finanziari) e di accoglienza nel proprio territorio, da parte degli altri Paesi, di una quota di richiedenti protezione internazionale.

In tutti i Paesi dell’Unione Europea dovrebbe essere introdotto un nuovo meccanismo per il riconoscimento e la revoca della protezione internazionale. È previsto un tempo più breve per il trattamento delle domande di asilo alla frontiera, con scadenze più rapide per le richieste infondate e inammissibili, mentre i richiedenti che non soddisfino i requisiti per l’ingresso dovrebbero essere soggetti a un accertamento preliminare della durata massima di sette giorni, durante i quali dovrebbero essere identificati e sottoposti alla raccolta dei dati biometrici, sanitari e di sicurezza. A carico dei Paesi ospitanti vi dovrebbe essere anche il compito di valutare la situazione del Paese di origine dei migranti, sulla base dei dati forniti dall’Agenzia europea per l’asilo. Una volta concesso lo status di rifugiato, il Paese ospitante dovrebbe garantire gli standard di accoglienza (comuni a tutti i Paesi dell’Unione) in materia di alloggio, istruzione, sanità e riconoscimento della possibilità di iniziare un lavoro (entro sei mesi dalla data di presentazione della domanda).

Lette così, le novità previste dal nuovo Patto su immigrazione e asilo sembrerebbero assicurare delle condizioni di governabilità dei flussi migratori, nel pieno rispetto dei diritti umani. Tuttavia, non sono pochi i critici sia a livello politico sia nell’ambito della comunità scientifica, fra quanti si occupano di studi sulla mobilità umana. A cominciare dal fatto che il nuovo Patto sembrerebbe scaturire dall’errata percezione che il continente europeo sia invaso dagli immigrati; una percezione che appare distorta dalla persistente confusione tra immigrazione irregolare e richiedenti protezione internazionale: questi ultimi, infatti, comprendono quanti sono in fuga da Paesi devastati dalle guerre, da eventi climatici catastrofici e in cui è negata la libertà personale, non di rado anche di carattere religioso. A questo proposito va ricordato che a breve dovrebbe essere reso pubblico il Rapporto annuale dell’UNHCR, il quale dovrebbe confermare verosimilmente la cifra di 110 milioni di rifugiati a livello globale.

I dati Eurostat confermano per il 2023 un aumento delle domande di primo asilo nell’Ue, le quali hanno raggiunto il numero di 1 milione 49 mila, con una crescita del 18,0% rispetto a un anno prima. Si tratta di un dato importante e tuttavia non paragonabile agli oltre 8 milioni di ucraini accolti in Europa (a causa della guerra ancora in corso), di cui una quota significativa nella sola Polonia. Da notare che tra le domande di primo asilo presentate nel 2023 il 17,0% riguarda cittadini provenienti dall’America Latina (fra cui un numero importante di venezuelani arrivati in Spagna in aereo). Peraltro, per quanto nell’immaginario collettivo sembrerebbe essere l’Europa mediterranea a farsi carico dei richiedenti asilo, la realtà della statistica ufficiale ci ricorda che nel 2023 circa un terzo delle domande di protezione internazionale è stato presentato nella sola Germania (329.000).

Tra i Paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo si segnala anzitutto la Spagna (160.500 domande, di cui una quota significativa da parte di cittadini venezuelani), seguita dalla Francia (145.100), dall’Italia (con 130.600, pari al 12,0% del totale) e dalla Grecia (57.900). Nel complesso, dunque, i Paesi dell’Europa mediterranea hanno accolto poco più di un terzo delle domande di primo asilo e l’Italia non può essere considerata come una sorta di “campo profughi” del Mediterraneo. Peraltro, come ha scritto recentemente il sociologo Maurizio Ambrosini, è da tenere in considerazione il fatto «che molti rifugiati cercano di raggiungere i Paesi interni dell’Ue anche quando hanno chiesto asilo nei paesi del Sud, intraprendendo quelle “seconde migrazioni” che tanto dispiacciono ai nostri partner transalpini».

Una lettura obiettiva dei dati, sganciata dalla dialettica elettorale e dalle tensioni ideologiche di tipo populistico, consentirebbe di comprendere meglio un fenomeno che è destinato a crescere nel futuro e che necessita di politiche lungimiranti e ispirate al buon senso.

Raffaele Callia

Pubblicate le graduatorie degli ammessi ai due progetti di Servizio Civile Universale della Caritas di Iglesias

In attesa di approvazione definitiva da parte del Dipartimento per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale, si provvede a pubblicare in allegato le graduatorie provvisorie dei candidati ammessi ai due progetti di Servizio Civile Universale della Caritas diocesana di Iglesias (bando del 22 dicembre 2023): “Non solo ascolto-Iglesias” (8 posti: 4 per il Centro di ascolto di Iglesias e 4 per il Centro di ascolto di Carbonia); “Accogliamoci-Iglesias” (4 posti per la Casa di prima accoglienza di Iglesias).

1° maggio 2024

 

 

GraduatoriaVolontari2023_NON SOLO ASCOLTO-IGLESIAS
GraduatoriaVolontari2023_ACCOGLIAMOCI-IGLESIAS