Come interrompere la trasmissione intergenerazionale della povertà

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Lo scorso anno Caritas Italiana e Caritas Sardegna hanno condotto uno studio delle situazioni di povertà ereditaria. A livello nazionale, nelle storie di deprivazione intercettate, i casi di povertà intergenerazionale pesano per il 59,0%; nelle Isole e nel Centro il dato risulta ancora più marcato, pari rispettivamente al 65,9% e al 64,4%.

Il rischio di rimanere intrappolati in situazioni di vulnerabilità economica, per chi proviene da un contesto familiare di fragilità, è di fatto molto alto. Il nesso tra condizione di vita di chi chiede aiuto alla Caritas e condizioni di partenza si palesa su vari fronti oltre a quello economico: in primis nell’istruzione. Le persone che vivono oggi in uno stato di povertà, nate tra il 1966 e il 1986, provengono per lo più da nuclei familiari con bassi titoli di studio, in alcuni casi senza qualifiche o addirittura analfabeti (oltre il 60% dei genitori possiede al massimo la licenza elementare).

L’Osservatorio delle povertà e delle risorse della diocesi di Iglesias, così come realizzato da Caritas Italiana e Caritas Sardegna, ha contribuito all’esplorazione del fenomeno. L’ha fatto attraverso un focus group tra operatori sociali, un’intervista e tre beneficiari e a due volontari.

Il focus group è stato realizzato a febbraio del 2022 e sono stati affrontati i seguenti temi: la percezione della povertà intergenerazionale; le cause che alimentano la trasmissibilità della povertà; gli elementi che possono rompere la catena di povertà; le risorse da mettere in campo per favorire la mobilità sociale; i suggerimenti e le idee per offrire maggiori opportunità di riscatto sociale. Tra le cause che alimentano il fenomeno vi sono la bassa scolarità diffusa tra i soggetti incontrati, che limita l’accesso al mondo del lavoro, l’abbandono scolastico e il ruolo delle famiglie nel percorso di studio dei figli. Per spezzare la catena della trasmissione della povertà, dalle esperienze dei partecipanti al focus group è necessario agire su più fronti. Da una parte è indispensabile combattere la povertà educativa per avere gli strumenti necessari per affrontare il futuro, esercitare i propri diritti, avere più opportunità di riscatto sociale ed economico. L’istruzione/formazione come riscatto è una delle possibili soluzioni al superamento del fenomeno. In particolare, una delle persone intervistate durante la ricerca ha rilevato che «il versante formativo può avere una grande rilevanza quando si ha la possibilità di un rapporto non occasionale ma continuativo; allora […] si può ragionare e provare insieme a parlare di futuro, costruire e risvegliare le energie che sono in ognuno». Ciò vale soprattutto in riferimento ai giovani.

Oltre al focus group, al quale hanno preso parte dei rappresentanti del volontariato vincenziano, dell’Emporio della Solidarietà della Caritas, del Consultorio familiare diocesano, della Sodalitas, del Comune di Iglesias, della Scuola secondaria di secondo grado e un parroco di Iglesias, sempre a livello diocesano sono state realizzate anche delle interviste a tre beneficiari e a tre volontari della Caritas. Anche da tali testimonianze emerge come le tre leve per sradicare il fenomeno della trasmissione intergenerazionale della povertà siano l’istruzione, la consulenza familiare e la formazione al lavoro. Un buon livello di istruzione costituisce una delle principali leve in grado di favorire la mobilità sociale, essendo strettamente correlato a un accesso più ampio in termini di opportunità lavorative e a una migliore posizione contrattuale e retributiva. Ad elevati titoli di studio, peraltro, corrispondono anche maggiori condizioni di benessere e di crescita complessiva della persona in termini psico-sociali e culturali.

Nell’indagine realizzata da Caritas Sardegna sono stati presi in esame 85 casi complessivi di persone di età compresa tra i 36 e i 56 anni (nati dunque tra il 1966 e il 1986), su una quota di campionamento teorico stratificato pari a 134, avendo concentrato l’attenzione sui soli beneficiari italiani non coinvolti in situazioni di povertà estrema (in linea con l’indagine nazionale). Anche la ricerca regionale conferma uno stretto vincolo tra il basso livello di istruzione dei genitori e il basso titolo di studio conseguito dai figli. Sia le madri che i padri dei beneficiari (persone nate tra gli anni ’40 e ’60), si collocano infatti su livelli formativi molto bassi, prevalendo coloro che hanno conseguito la sola licenza elementare. Il dato si avvicina al 50,0% per entrambi (il 49,4% per i padri e il 47,5% per le madri); seguono a distanza quanti possiedono la licenza media inferiore (oltre un quarto del totale nel caso delle madri e un quinto per i padri). Pertanto, la percentuale di laureati e diplomati è bassissima.

Le famiglie d’origine descritte dagli intervistati sono spesso caratterizzate da situazioni di evidente instabilità relazionale nei rapporti tra i genitori e, di conseguenza, nel rapporto con i figli. Da tutte le interviste effettuate emergono famiglie d’origine vulnerabili, allargate, ricomposte, monogenitoriali (ragazze madri ma anche padri single), contrassegnate da conflitti non sanati, quasi sempre caratterizzate dalla precarietà lavorativa dei genitori (lavori a intermittenza, sottopagati e irregolari). Alcune volte si tratta di famiglie molto povere economicamente e con molti figli a carico.

Ai beneficiari dei Centri di ascolto è stato domandato quale fosse la professione dei propri genitori; nel caso di più occupazioni è stato chiesto di far riferimento a quella svolta per più tempo. I padri delle persone intervistate risultano impiegati per lo più come artigiani o operai specializzati o in occupazioni non qualificate; a seguire si collocano coloro che operano nel campo delle professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi e nella classe occupazionale dei conduttori di impianti e conducenti di veicoli. Rispetto alla condizione occupazionale delle madri, è evidente l’elevata incidenza delle casalinghe, le quali costituiscono il 69,0% del totale. Tra chi invece svolge un lavoro, una quota significativa si colloca nel gruppo delle professioni non qualificate; seguono le madri occupate nelle attività commerciali e nei servizi. Anche tra le madri il peso di chi si posiziona su categorie professionali di minore specializzazione risulta quindi molto elevato. Per quanto concerne la condizione occupazionale dei figli, vale a dire dei beneficiari dei Centri di ascolto Caritas, è assai elevata la quota di quanti hanno dichiarato di essere disoccupati.

Sara Concas
Osservatorio delle povertà e delle risorse
Caritas diocesana

Il Sudan rischia una nuova gravissima crisi umanitaria

Foto di Chetan Sharma su Unsplash

Ai primi di febbraio di quest’anno Papa Francesco ha visitato il Sud Sudan insieme all’arcivescovo anglicano di Canterbury, Justin Welby, e al moderatore della Chiesa di Scozia, Jim Wallace. Una visita importante in una terra martoriata dai conflitti etnici e dalle divisioni – alimentate anche dalla guerra per il petrolio -, con oltre 3 milioni di sfollati interni, di cui oltre 30.000 nella sola regione di Juba.

Il mese scorso un ennesimo tentativo di colpo di Stato ha fatto precipitare nuovamente nel caos il Paese africano, con uno scontro aperto che vede contrapposti da un lato l’organizzazione paramilitare denominata “Forze di Supporto Rapido” (RSF), guidata dal generale Mohammed Dagalo; dall’altro le forze dell’esercito ufficiale guidato dal capo di stato maggiore Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, nonché capo di Stato de facto dopo il golpe dell’ottobre 2021. Gli scontri nella capitale, Khartoum, hanno fatto registrare alcune centinaia di vittime fra i civili e hanno allertato la comunità internazionale, dando vita a imponenti evacuazioni di cittadini stranieri, fra cui quasi 150 italiani.

A permettere un clima di stabilità al Paese non è bastata la rivoluzione democratica del 2019, che aveva chiuso i conti con la leadership di Omar Hasan Ahmad al-Bashir, accusato dalla Corte penale internazionale dell’Aia di genocidio, a causa delle violenze inferte alle minoranze non arabe del Darfur. Il processo democratico e l’accordo di transizione verso un governo civile, infatti, sono stati ampiamente compromessi dagli stessi militari che oggi si fronteggiano su campi opposti, i quali, a loro volta, sono influenzati da interferenze che provengono dall’estero, che si poggiano su rilevanti interessi economici e che hanno tutto l’interesse a gettare benzina sul fuoco. Fra le interferenze più evidenti quella del vicino Egitto, ma anche della Libia del controverso Khalifa Haftar (nei giorni scorsi scorsi ricevuto a Roma dal presidente del Consiglio Meloni), del Ciad, degli Emirati Arabi Uniti e della stessa milizia russa Wagner.

Di fronte all’affanno diplomatico delle Nazioni Unite alcuni Paesi della regione facenti capo all’Unione africana, tra cui Gibuti, stanno provando a chiedere il cessate il fuoco e a percorrere la strada di una mediazione tra le parti in conflitto. Nel frattempo, giungono notizie allarmanti dalla regione occidentale del Sudan, il Darfur, ove sono ripresi gli scontri armati tra la componente araba e quella non araba, richiamando alla memoria il drammatico scontro genocida dei primi anni del 2000, con oltre 300.000 morti a causa della violenza e oltre 400.000 per carestia e malattie. La guerra scoppiata a Khartoum, pertanto, rischia di riaccendere pericolosamente il conflitto nel Darfur e far divampare una guerra civile su vasta scala.

A causa dei conflitti in atto gli operatori umanitari non riescono a portare avanti il proprio lavoro, con un sistema sanitario che è quasi al collasso. Tutto ciò rischia di trasformare questo ennesimo scenario di caos militare e politico in un’ennesima crisi umanitaria, in un Paese con oltre 40 milioni di abitanti e un’infinità di problemi che non potranno essere risolti finché la politica non riprenderà il proprio posto facendo finalmente tacere le armi.

Raffaele Callia

I Vescovi sardi hanno nominato il nuovo delegato regionale Caritas

Nel corso della loro riunione ordinaria, tenutasi venerdì 21 aprile sotto la presidenza di mons. Antonello Mura, vescovo di Nuoro e Lanusei, i Vescovi sardi hanno nominato don Marco Statzu – a partire dal 15 giugno – nuovo Delegato regionale della Caritas. La nomina è stata effettuata in sostituzione di Raffaele Callia per conclusione di mandato. Al delegato uscente i Vescovi e i direttori Caritas hanno espresso parole di gratitudine per aver guidato lodevolmente la delegazione regionale della Caritas negli ultimi cinque anni, in un periodo delicato e particolarmente impegnativo. Il delegato uscente e tutti i direttori delle Caritas diocesane della Sardegna augurano buon lavoro al nuovo delegato e assicurano la propria collaborazione e l’accompagnamento nella preghiera.

Don Marco Statzu è nato nel 1979, ultimo di quattro figli. È prete della diocesi di Ales-Terralba dal 2004. Ha studiato Teologia a Cagliari e a Roma. Attualmente è direttore della Caritas diocesana di Ales-Terralba, parroco di Sa Zeppara (Guspini), Direttore dell’Istituto Diocesano di formazione teologica “Mons. G.M. Pilo” e docente della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, Direttore dell’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro. In Diocesi è anche Vicario Episcopale per la formazione del clero, i problemi sociali, la testimonianza della carità. Nell’ultimo decennio ha pubblicato alcune raccolte di poesie.

La Caritas di Iglesias al 43° Convegno nazionale Caritas di Salerno

A Salerno, in occasione del 43° Convegno nazionale delle Caritas diocesane, tenutosi dal 17 al 20 aprile, era presente anche una piccola delegazione della Caritas di diocesana di Iglesias, rappresentata dal direttore e da due collaboratori.

Nel complesso ha preso parte una porzione significativa delle diocesi sarde, 7 su dieci, con una ventina di partecipanti tra direttori e collaboratori. Un dato importante per segnalare l’attenzione delle Caritas sarde riguardo alla proposta che Caritas Italiana sta portando avanti nel più ampio scenario di una Chiesa impegnata nel cammino sinodale.

Una proposta che sappia guardare con maggiore attenzione alle povertà e soprattutto alle persone più fragili, raccogliendo l’invito di Papa Francesco ad essere sempre più protagonisti con i poveri e non solo per i poveri; trasformando tutte le attenzioni di carità quotidiane nei nostri territori in azioni di tipo politico nel senso più alto e nobile del termine, ovverosia quella carità che diventa capace di costruire giustizia sociale, alcune volte anche attraverso opere di denuncia che sono di per sé – come è stato ricordato più volte durante il convegno – un annuncio di salvezza.

A conclusione del 43° Convegno nazionale delle Caritas diocesane, questi gli orientamenti sintetici emersi per un cammino comune:

  1. Prendersi cura. La Chiesa come comunità sanante, con le sue sfide e le sue resistenze; uscendo dall’individualismo e riconoscendo le fragilità esistenti. Come fare? Attraverso una fitta rete e una co-progettazione lungimirante;
  2. L’educazione, come realtà dinamica. Rilevando i bisogni educativi del territorio, in ascolto delle dinamiche intergenerazionali. Come fare? Promuovendo e consolidando collaborazioni istituzionali, sostenendo le necessarie azioni di coinvolgimento nelle prassi educative;
  3. Giovani capaci di sognare. Attraverso un proficuo scambio intergenerazionale; abitando i “luoghi” quotidiani dei giovani e invitandoli ad osare. Come fare? Rinforzando il ruolo pedagogico della Caritas, per valorizzare la persona in modo integrale. Dare ai giovani il loro presente affinché il futuro sia reale (nella politica, nella società, nell’economia, nella cultura, nella Chiesa);
  4. Solidarietà e globalizzazione. Promuovere una  solidarietà globalizzata, cambiando lo sguardo e uscendo dalla logica dell’assistenzialismo: pro-vocare azioni, riconoscere i sogni dei popoli. Come fare? Elaborando obiettivi comuni per il cambiamento dello sguardo sulla realtà (attraverso la formazione).
  5. Costruire insieme il futuro. La mobilità umana, l’immigrazione, da considerare come un dato di fatto strutturale, non un’emergenza contingente o un problema da risolvere. Come fare? Lavorare alla costruzione di reti umane sinergiche per formare ad una nuova consapevolezza, oltre l’emergenza; passando dai singoli progetti episodici a processi condivisi e duraturi.

Si leggono in filigrana, fra gli orientamenti emersi durante il Convegno, le parole chiave che da tempo – si potrebbe dire dalla genesi stessa della Caritas in Italia – accompagnano l’esperienza quotidiana di chi opera nell’ambito ecclesiale della testimonianza della carità: l’accoglienza, l’ascolto, l’accompagnamento.

Caritas diocesana

In formazione continua. Ultimato il corso base per animatori Caritas della Forania di Iglesias

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Il giorno 8 Marzo 2023, con la visita alle opere segno, si è concluso il corso base per animatori pastorali delle Caritas parrocchiali della Forania di Iglesias. Erano presenti, per la città di Iglesias, sette persone di quattro parrocchie diverse; una persona di Domusnovas; una persona di Fluminimaggiore e tre persone provenienti dalla Forania di Sant’Antioco (essendo il corso comunque aperto a tutta la diocesi).

L’itinerario formativo si è svolto con cadenza settimanale per un totale di sei incontri; cinque moduli tenuti nei locali del Seminario vescovile e un incontro conoscitivo delle principali “opere segno” presenti in Iglesias: Centro di ascolto “Marta e Maria”, Centro di ascolto “Il pozzo di Giacobbe”, il Servizio di sostegno economico, la Casa di prima accoglienza e il dormitorio “Santo Stefano”, l’Emporio della solidarietà e gli Orti solidali di comunità.

Durante i vari incontri i partecipanti hanno avuto modo di capire meglio che cosa è la Caritas e come opera. Partendo dal presupposto che ogni persona è una storia sacra e proprio per questo è degna di essere accolta, ascoltata e aiutata, si è poi arrivati a scoprire le radici dell’ascolto nella Parola di Dio e ci si è confrontati con alcuni documenti della Chiesa italiana: Evangelizzazione e testimonianza della Carità; Da questo vi riconosceranno (la Caritas parrocchiale) e Lo riconobbero nello spezzare il pane (La carta pastorale). Questi documenti hanno rimarcato come la parrocchia, anche con l’aiuto della Caritas parrocchiale, debba diventare un luogo familiare che aiuta a portare nelle case della gente l’amore di Dio attraverso la testimonianza comunitaria della Carità, facendo in modo che i poveri siano i primi insegnanti: «Prima di essere Chiesa per i poveri, ci è richiesto di essere Chiesa con i poveri e soprattutto Chiesa povera» (Da questo vi riconosceranno, n. 26).

Quanti hanno partecipato al corso hanno avuto modo di conoscere, attraverso alcuni testimoni che già operano nei servizi segno, che cosa è un Centro di ascolto e come si svolge il volontariato. Inoltre, hanno avuto modo di capire meglio che cosa fa la Caritas anche attraverso l’Osservatorio delle povertà e delle risorse, uno strumento che la Chiesa diocesana si è dato per far conoscere a tutta la comunità le varie forme di povertà presenti sul territorio e far sì che si possano programmare, attraverso le risorse presenti, dei percorsi idonei per promuovere un cambiamento di mentalità e di contrasto delle povertà.

Anche l’attenzione ai minori e le persone vulnerabili è stato un argomento sul quale abbiamo avuto modo di riflettere secondo le indicazioni date dalla Santa Sede, da Caritas Internationalis e da Caritas Italiana. Si tratta di temi particolarmente delicati rispetto ai quali bisogna prestare la massima attenzione, soprattutto per la presenza nei vari servizi di persone vulnerabili, facendoci ricordare che chi viene a chiedere aiuto è Cristo stesso che si fa presente attraverso i poveri e gli ultimi.

In conclusione, quanti hanno partecipato hanno espresso un giudizio più che favorevole su tutto l’itinerario e hanno sottolineato che gli argomenti trattati erano poco conosciuti o sconosciuti del tutto. Hanno inoltre chiesto di poter partecipare in seguito ad altri incontri formativi su alcuni argomenti che hanno interessato maggiormente e che non è stato possibile sviluppare (trattandosi appunto di un corso base). Inoltre, hanno auspicato che tanti altri possano partecipare in futuro a dei percorsi formativi per essere davvero più sensibili verso l’accoglienza e il sostegno ai più poveri.

Anche l’équipe che si occupa di formazione in seno alla nostra Caritas diocesana ha espresso un giudizio molto soddisfacente per come è andato l’itinerario. L’augurio è che ai prossimi itinerari formativi molte più persone possano formarsi e coinvolgere di più le rispettive comunità alla testimonianza della carità. Così facendo ciascuna Caritas parrocchiale assume «il compito di suscitare proposte intelligenti ed efficaci volte a favorire la comprensione e l’attivazione del collegamento vitale tra l’annuncio della Parola, la celebrazione dei sacramenti e la testimonianza della carità; in altre parole si pone al servizio della crescita di una pastorale unitaria e organica tra catechesi, liturgia e carità» (Da questo vi riconosceranno, n. 31).

È in questo modo che la Caritas parrocchiale assume una piena consapevolezza del proprio ruolo pedagogico per la comunità, animandola alla testimonianza della carità.

Aldo Maringiò

 

 

 

La prevalente funzione pedagogica dei progetti “8xmille” della Caritas diocesana

Sotto il profilo socio-educativo ciò che certamente ha contrassegnato l’annualità 2022 del progetto Emporio della solidarietà fa riferimento al percorso formativo rivolto ai beneficiari del servizio, attraverso il quale ci si è proposti di qualificare i percorsi di accompagnamento, nonché di conseguire i seguenti obiettivi di carattere educativo: generare processi di partecipazione sociale e potenziamento di sé; facilitare la riflessione sulle rappresentazioni personali, con un’ottica generativa sui temi del protagonismo sociale; favorire la partecipazione delle risorse umane, volontari e non, operative presso il servizio dell’Emporio.

La metodologia adottata è stata quella valida nella formazione dei giovani e degli adulti, con opzione preferenziale per il metodo cosiddetto del World Cafè, che comporta un gioco di ruolo secondo i principi del circle time. Nell’esperienza di questo primo anno l’applicazione del metodo ha consentito di costituire 3 tavoli di confronto, ognuno seguito da un moderatore. L’attività è stata accompagnata da un osservatore, il cui compiuto principale era quello di prestare attenzione allo svolgimento delle dinamiche e di riportare all’équipe di monitoraggio le impressioni emerse.

I gruppi, formati in modo non casuale, sono stati pensati in modo eterogeneo per provenienza ed estrazione. Questi, per mezzo di una dinamica guidata, che rimanda al criterio dell’immedesimazione, sono stati incoraggiati a cimentarsi in un dibattito della durata effettiva di pochi minuti. Conclusosi il tempo dedicato al dibattito e all’individuazione della parola chiave di sintesi i partecipanti venivano invitati a spostarsi ad un altro tavolo, affiancandosi ad altri gruppi, così da migliorare ulteriormente lo scambio e dare impulso all’attività.

È nostro convincimento che l’attività comunicativa e gli aspetti ludici siano funzionali a generare domande costruttive, sovente le uniche in grado di definire risposte e obiettivi di miglioramento o revisioni dell’immaginario prevalente.

Per quanto concerne il progetto degli Orti solidali di comunità va chiarito che la funzione di accompagnamento socio-educativo è ormai da un biennio in capo a una figura professionale. Nell’anno 2022 abbiamo voluto insistere sugli aspetti di appropriatezza nelle relazioni interpersonali tra i beneficiari del progetto, curando in particolare il tema della comunicazione efficace. Da questo punto di vista le azioni messe in campo hanno prodotto soluzioni valide per il miglioramento degli indicatori d’impatto, attraverso l’attuazione di percorsi individuali.

Più in generale, l’obiettivo classico del progetto non è solo la partecipazione attiva al lavoro, ma la promozione di apprendimenti che, in una prospettiva di abilitazione, possano essere proficuamente elaborati in senso personale e relazionale. Su questa dimensione registriamo l’attenzione di alcune realtà istituzionali, fra cui il Distretto del PLUS di Iglesias e l’UIEPE (Ufficio per l’Esecuzione Penale Esterna) di Cagliari, con cui sono operative prassi che prevedono per i destinatari una fase di formazione caratterizzata da obiettivi comuni e da obiettivi e percorsi diversificati legati ai profili individuali, con l’adeguamento delle singole competenze al contesto lavorativo. La formazione professionale, specificatamente finalizzata all’inserimento lavorativo nel contesto produttivo, adottando le cosiddette sperimentazioni simulative o compensative, sta consentendo l’acquisizione di competenze tecniche e metodi per il raggiungimento di obiettivi trasversali, quali, ad esempio, l’integrazione tra l’attività lavorativa e l’offerta territoriale di servizi sociali, educativi, assistenziali, sanitari, formativi e occupazionali. A fronte di situazioni familiari e condizioni economiche molto frammentate, come quelle che si palesano, riteniamo che le forme d’aiuto capaci di tenere uniti i due aspetti di aiuto materiale ed educativo vadano a integrare e a rispondere in modo completo ai molteplici bisogni di cui sono portatrici le persone.

In questo sfondo concettuale si può riconoscere anche il progetto denominato Una chiave spalanca l’orizzonte, avviato nel 2022 e ancora oggi operativo. Il progetto cerca di offrire una risposta all’emergenza sanitaria connessa alla pandemia, che ha prodotto, anche sul territorio, gravi ricadute sui nuclei familiari e sui minori. Questi ultimi, in particolare, hanno risentito dell’isolamento sociale e della distanza fisica, manifestando condizioni di maggiore fragilità socio-relazionale rispetto agli adulti: le difficoltà imposte dalla didattica a distanza hanno aumentato il rischio di dispersione scolastica, di povertà educativa e di marginalizzazione; allo stesso modo la depressione e l’ansia generalizzata sono divenuti problemi comuni tra gli adolescenti, così come i disturbi di alterazione nel ritmo sonno veglia, le crisi di ansia, la dipendenza dalla tecnologia e il ritiro sociale. Seppure con una certa variabilità, la maggior parte delle famiglie e degli operatori ascoltati in seno al progetto ha potuto confermare quale impatto abbia avuto la pandemia sull’equilibrio ragazzi, evidenziando marcati peggioramenti delle condizioni psicologiche.

Il progetto ha voluto offrire a questa platea di ragazzi la possibilità di agire in un contesto affascinante, nuovo e mediato dalla presenza di altri giovani senior con funzioni educative. La prevalente funzione pedagogica ha rappresentato l‘occasione per far sì che essi accedessero alle proprie rappresentazioni, lavorando sui legami affettivi e rimettendo in moto il processo evolutivo. L’attività creativa e l’utilizzo di differenti linguaggi espressivi proposti dalle cosiddette botteghe esperienziali è divenuto il mezzo utile a risvegliare in loro un dialogo interiore, ridando vitalità a una riflessione sulla crescita e sui cambiamenti che comporta diventare grandi.

Nella realizzazione del progetto è possibile certificare il raggiungimento di importanti obiettivi, primo fra tutti il fatto che i minori inseriti nel progetto hanno ripreso la frequenza a scuola. La stesura di un protocollo condivido di corresponsabilità, inoltre, ha permesso di diminuire al minimo l’incidenza di comportamenti e linguaggi violenti; mentre, a livello metodologico, si è riusciti a lavorare per strutturare abilità collegate alle discipline su cui sono incentrati i laboratori: alcuni tra i partecipanti sono in grado di imbastire in autonomia un capo di abbigliamento, scrivere una storia di fantasia, progettare un manufatto in 3D, disegnare su grandi superfici, utilizzare i programmi di grafica, ecc.

Il progetto “Una chiave spalanca l’orizzonte” ha rivelato come la dimensione creativa e quella immaginifica, così come la libertà di espressione, si rivelano mezzi rigenerativi e riabilitanti, giacché consentono ai minori di mettersi in contatto con la propria interiorità, scoprendo, talvolta, dentro di sé, abilità e competenze insospettabili, come tali generalizzabili in diversi ambiti della vita.

Simone Cabitza

“Miracolo di Natale 2022”. I risultati della raccolta donata all’Emporio della Solidarietà di Iglesias

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Anche l’edizione 2022 del cosiddetto “Miracolo di Natale” ha stimolato la generosità di tante persone e organizzazioni prodigatesi per la migliore riuscita dell’iniziativa. Oltre 11.000 prodotti raccolti (di quasi 50 tipologie differenti) hanno contrassegnato questa edizione, fra cui pasta, pelati, legumi, tonno in scatola, latte, biscotti, caffè, riso, ecc. La manifestazione si è svolta venerdì 16 dicembre, tagliando il 26° traguardo di un evento ideato da Gennaro Longobardi (in collaborazione con l’emittente televisiva “Sardegna Uno”) che da sette anni, oltre che a Cagliari e in altre città, viene realizzata anche a Iglesias grazie alla generosa partecipazione di un nutrito raggruppamento di volontari formato da associazioni, gruppi spontanei, scolaresche, artisti e semplici cittadini. Quest’anno, per la prima volta, l’iniziativa è stata realizzata anche a Carbonia.

La Caritas diocesana di Iglesias, a nome delle diverse centinaia di beneficiari di tale raccolta, esprime sentimenti di gratitudine verso tutte le persone che si sono spese generosamente nel rendere possibile questa iniziativa. Per evitare di dimenticare qualcuno o qualche organizzazione, si esprime un generale grazie che abbraccia tutti coloro che si sono generosamente prodigati per la riuscita dell’iniziativa, all’insegna della disponibilità, del sacrificio, della collaborazione, del rispetto e della condivisione di valori quali la solidarietà e la fraternità.

A seguire l’elenco dettagliato dei prodotti donati presso i locali dell’Exmà di Iglesias.

Prodotto  Quantità
Pasta varia gr 500 2.753
Pelati gr 400 934
Legumi Barattolo gr 400 908
Tonno in scatola gr 80 741
Latte Parzialmente Scremato lt 1 619
Biscotti gr 400 527
Passata Bott. Gr 700 481
Caffè gr 250 263
Riso gr 500 252
Succhi di frutta tris 236
Zucchero kg 1 209
Scottex 2 rotoli 204
Igiene Persona 196
Zucchero kg 1 193
Pastine alla crema 189
Farina kg 1 180
The in filtri 149
Marmellata gr 400 147
Omogenizzati 126
Legumi secchi gr 500 116
Olio di semi lt 1 116
Pannolini bimbo 103
Fette Biscottate gr 400 100
Pastine bimbi 99
Olio Extravergine lt 1 91
Sale fino e grosso kg 1 90
Pelati gr 800 88
Detersivo piatti 86
Carta Igienica 84
Bagnoschiuma 83
Carne in scatola 79
Shampoo 79
Sott’olio gr 400 74
Biscotti bimbo 61
Salviette umidificate 54
Dadi x 20 pz 46
Detersivo Igienizzante 46
Bevande lt 1 45
Bibite lt 1.5 45
Panettoni 45
Latte Intero lt 1 40
Risotti Liofilizzati bs. 35
Detersivi vari ml 750 34
Pandoro 28
Detersivo Lavatrice 13
Torte confezionate 12
Camomilla filtro 4
Tovaglioli x 100 pz 4
   

Tutti i beni conferiti grazie al “Miracolo di Natale” vengono distribuiti alle famiglie bisognose attraverso l’Emporio della Solidarietà, un’innovativa opera-segno della Caritas diocesana, grazie alla quale si è evoluto il servizio di distribuzione dei beni di prima necessità.

Dal giorno dell’inaugurazione del servizio (13 giugno 2016) l’Emporio della Solidarietà cerca di far fronte ai bisogni primari di molti nuclei familiari (ad oggi sono alcune centinaia le persone aiutate attraverso questo servizio). I prodotti alimentari più consumati sono: pasta, latte, legumi, passata di pomodoro, pelati, cibi in scatola (come tonno o carne), alimenti per neonati, biscotti, fette biscottate e zucchero. A seguito di un’apposita autorizzazione rilasciata dall’Azienda Sanitaria Locale, sono disponibili anche i prodotti “freschi”, quali formaggi, burro e insaccati. Il servizio permette anche la dotazione di prodotti per l’igiene personale e domestica e dallo scorso anno anche articoli di cancelleria scolastica.

L’Emporio della Solidarietà si trova in uno degli spazi dell’ex mattatoio comunale ed è nato dalla collaborazione tra la Caritas diocesana di Iglesias (che ne ha promosso il progetto), le Caritas parrocchiali, il Volontariato Vincenziano, il Terz’Ordine Francescano e la Sodalitas (tutti nella città di Iglesias).

Caritas diocesana

La diocesi di Iglesias vicina ai terremotati di Siria e Turchia

Foto da Caritas Italiana

Nel cuore della notte di lunedì 6 febbraio, nella zona di confine tra la Turchia e la Siria, un terribile terremoto di magnitudo 7,9 ha provocato morte e distruzione.

La zona coinvolta dal terremoto è molto profonda (circa 20 chilometri) e ampia; alcuni centri in Turchia, infatti, sono apparsi da subito difficili da raggiungere. Le stesse difficoltà si registrano anche sul versante siriano, con l’aggravante delle proibitive condizioni provocate da 12 anni di guerra civile (e dai problemi di sicurezza nel far giungere i soccorsi), dalla conseguente situazione di precarietà che grava sugli sfollati e dal fatto che oltre l’80% della popolazione vive in condizione di povertà.

Oltre al dramma delle molte vite umane perdute a causa del sisma si aggiungono anche i danni provocati ai tanti monumenti ed edifici di valore storico.

Non sono mancate le risposte internazionali in termini di soccorso immediato, con interventi di protezione civile e forniture mediche. Fin dal primo momento la Conferenza episcopale italiana ha deciso lo stanziamento di 500.000,00 euro dai fondi dell’otto per mille, manifestando la vicinanza concreta e il cordoglio della Chiesa italiana, assicurando preghiere per le vittime, i loro familiari e i feriti.

Oltre a partecipare con la preghiera, la diocesi di Iglesias, con il suo Amministratore apostolico, il cardinale Arrigo Miglio, ha da subito espresso la propria vicinanza alle popolazioni colpite. Domenica 12 febbraio è stata indetta una prima colletta diocesana, cui hanno fatto seguito diverse donazioni conferite dalle parrocchie e dai singoli fedeli.

La Caritas diocesana di Iglesias ha già provveduto a trasferire alla Caritas italiana il frutto delle collette raccolte in diocesi, per un importo complessivo pari a euro 20.180,00.

Euro
%
Parrocchie/Congregazioni/Chiese non parrocchiali 15.432,35 77,4
Privati 1.800,00 8,9
Caritas diocesana 2.767,65 13,7
Totale trasferito alla Caritas Italiana nella data sopra indicata 20.180,00 100,0

 

La visita dell’Amministratore apostolico ad alcune opere segno della Caritas diocesana

Pensata e programmata il 6 dicembre scorso, la visita del cardinale Arrigo Miglio, Amministratore apostolico della diocesi di Iglesias, ad alcune opere e servizi segno promossi dalla Caritas diocesana, si è realizzata giovedì 12 gennaio, con un’appendice significativa domenica 15, alla Casa di prima accoglienza. Per il vescovo è stata senz’altro una straordinaria occasione per ritornare con la memoria alla sua esperienza episcopale iniziata trent’anni prima proprio nella diocesi di Iglesias, quando – insieme al direttore della Caritas diocesana dell’epoca – gettò le basi per l’organizzazione di un organismo che aveva maturato già vent’anni di storia a livello nazionale ma che come nuovo strumento di pastorale della carità, con prevalente funzione pedagogica, stava sorgendo nella diocesi di Iglesias in coincidenza con l’inizio del suo ministero episcopale.

Accompagnato per tutta la giornata dall’attuale direttore della Caritas diocesana e da un suo collaboratore, il vescovo ha iniziato la sua visita dagli Uffici della Caritas e da alcuni servizi presenti in episcopio, incontrando anzitutto gli operatori del Servizio di sostegno economico di Iglesias, i quali hanno espresso al vescovo «la piena positività e gratitudine al Signore per l’esperienza maturata in tanti anni di volontariato, mettendo a disposizione le competenze acquisite in ambito bancario». Con molta attenzione e discrezione, il vescovo ha posto domande specifiche sulle problematiche relative ai contatti con quanti chiedono aiuto e sul funzionamento specifico del servizio, tenuto conto delle difficoltà che da tempo si protraggono nel nostro territorio a causa della grave crisi socio-economica. La visita è proseguita nella stanza di fronte, ove da diversi anni operano in giorni distinti il Centro di ascolto diocesano “Marta e Maria” e il Centro di ascolto per stranieri “Il Pozzo di Giacobbe”. Come rilevato dai referenti e dai volontari dei due servizi, «questa visita è stata accolta con tanta gioia. Il vescovo ha ascoltato tanti di noi, si è soffermato senza fretta dimostrando curiosità, interesse ed incoraggiando con parole efficaci e chiare, sensibilizzandoci con spirito di prossimità. Tutti siamo stati arricchiti, non solo per la gioia dell’incontro ma anche per la ricchezza
degli stimoli – anche operativi – che ha generato. Accogliere quest’incontro è stata un’occasione preziosa per crescere nella comunione con tutta la Chiesa diocesana, promuovendo una nostra testimonianza verso tutti nella fedeltà al Vangelo».

Dall’episcopio ci si è poi spostati nei locali dell’Exmà di Iglesias, ove è presente il servizio caritativo promosso dalla Caritas diocesana e denominato “Emporio della solidarietà”, che dal 2016, grazie ai fondi dell’8xmille della Chiesa cattolica, opera mettendo in rete le parrocchie di Iglesias, il volontariato vincenziano, il Terz’ordine francescano e Sodalitas. Dopo aver ascoltato e osservato attentamente la modalità attraverso cui si svolge il progetto (il giorno della visita il servizio era operativo), la referente e gli operatori dell’Emporio hanno avuto la possibilità di un breve confronto con il vescovo, raccomandando le sue preghiere «affinché non venga mai meno la forza e la volontà di servire con umiltà e tanto amore chi è meno fortunato di noi».

Da Iglesias ci si è poi spostati a Carbonia, con la visita e l’incontro dei volontari del Servizio di sostegno economico, del Centro di ascolto e del Centro unico di raccolta e distribuzione di prodotti di prima necessità. Giunti ai locali di via Satta, il vescovo ha avuto modo di incontrare il referente e gli operatori del Servizio di sostegno economico di Carbonia, intrattenendosi con loro in modo cordiale e manifestando profonda attenzione e partecipazione per quanto è stato riferito sulle problematiche affrontate, il metodo e i criteri del servizio adottato, volto a fronteggiare le tante fragilità economiche, finanziarie e legali che si presentano ogni giorno. Prima di congedarsi da loro – sottolinea il referente del servizio – il vescovo «ha esortato gli operatori a perseverare nel compito svolto con spirito caritatevole». Nella stanza vicina il vescovo ha poi incontrato la referente e alcuni operatori volontari del Centro di ascolto interparrocchiale di Carbonia “Madonna del buon consiglio”, ai quali «ha rivolto un cordiale saluto e parole di ringraziamento per il servizio prestato. Entrato quasi in punta di piedi – come rivela la referente del Centro di ascolto – il vescovo ha dato vita a un momento molto significativo ed emozionante, mostrando un interesse concreto per le difficili realtà esistenti nel territorio. Ha voluto conoscere le problematiche delle persone che chiedono aiuto, informandosi sulle diverse povertà, sia economiche che spirituali. Inoltre, ha condiviso la consapevolezza delle difficoltà nel trovare le soluzioni per taluni problemi, nonostante la proficua collaborazione con le parrocchie della Forania di Carbonia e con le istituzioni locali».

Dalla sede di via Satta ci si è poi spostati in via Lubiana, dove da diverso tempo opera il Centro unico di raccolta e distribuzione di generi di prima necessità: un servizio promosso dalla Caritas diocesana in collaborazione con le parrocchie di Carbonia e da queste sostenuto oramai dal 2009. Ad accogliere il vescovo il referente del servizio, unitamente ad alcuni volontari e ad alcuni parroci della città. La visita è servita per illustrare l’opera ed esporre le modalità di erogazione a beneficio di circa 320 persone residenti nel Comune di Carbonia e che vivono una condizione di vulnerabilità dovuta per lo più alla mancanza di lavoro. Come riferisce il coordinatore di tale servizio, «le persone vengono segnalate dal Centro di ascolto “Madonna del buon consiglio”, che è sempre in stretto contatto con le parrocchie, le quali vengono prese in carico non solo per un aiuto alimentare ma anche per un sostegno economico, legale, psicologico, ecc.». La visita al Centro unico è stata anche l’occasione per precisare al vescovo che si è in attesa «di un locale più rispondente alla tipologia del servizio offerto alla comunità, per il quale le sette Caritas parrocchiali, ogni mese, fanno grandi sacrifici».

   

A seguire ci si è spostati in località Tallaroga, nella tenuta affidata alla Fraternità laicale della Casa di Nazareth. In quella sede si è ritrovata tutta l’équipe Caritas diocesana, per condividere fraternamente il pranzo e vivere l’esperienza di un confronto aperto sui servizi e i progetti in corso. In quella stessa sede è stato possibile far conoscere al vescovo il progetto “Una chiave spalanca l’orizzonte”, che vede la Caritas diocesana capofila di un partenariato composito, costituito dal servizio di Neuropsichiatria infantile della ASSL di Iglesias, dalla Pastorale giovanile della diocesi, dalla stessa Fraternità laicale della Casa di Nazareth e dall’Agenzia formativa IAL Sardegna. Il progetto, illustrato al vescovo dal referente, è in atto diversi mesi e vede coinvolti 16 adolescenti di età compresa tra i 12 e i 17 anni che vivono un periodo di affaticamento psicologico, aggravatosi a causa della pandemia e del lockdown. Il vescovo si è intrattenuto e si è voluto confrontare con i ragazzi del progetto e con i loro mentori. Alcuni ragazzi, vincendo la timidezza, hanno spiegato in maniera dettagliata alcune delle attività svolte all’interno della cosiddetta “officina creativa”: creazione di graffiti, stampe su magliette, utilizzo dell’attrezzatura informatica, laboratorio musicale e creazione di modelli di oggetti attraverso l’uso della stampante 3D. Hanno mostrato anche alcune magliette stampate con i propri nomi e altri disegni. Si è trattato di un momento molto significativo e anche in quest’occasione il vescovo ha dimostrato grande interesse per i giovani presenti e per le attività svolte, ponendo diverse domande. L’incontro si è poi concluso con la messa in opera di un oggetto con la stampante 3D.

Di seguito si è passati al terreno di Monti Santu, ove trova luogo da alcuni anni il progetto “Orti solidali di comunità”, attraverso cui si offrono spazi di socialità e percorsi di professionalizzazione a quanti fanno richiesta di aiuto ai Centri di ascolto di Iglesias, anche grazie a un tutor esperto in agricoltura che ha avuto modo di spiegare punti di forza e potenzialità del progetto al vescovo.

Domenica 15 il vescovo ha avuto poi modo di visitare i locali e il terreno attiguo alla Casa di prima accoglienza e al dormitorio, accolto da un buon numero di volontari ritrovatisi a festeggiare il XXVI anniversario di fondazione di questo servizio di accoglienza. La preghiera, lo scambio fraterno e la condivisione del pranzo hanno permesso di fare memoria di questa preziosa opera di accoglienza a servizio del territorio diocesano, ininterrottamente attiva, per grazia di Dio, da oltre un quarto di secolo. La Caritas diocesana, con tutti i suoi volontari e operatori, unitamente al direttore e a tutta l’équipe, è grata a mons. Miglio per aver voluto favorire questa ricca esperienza di vicinanza.

 

La Caritas diocesana

nelle persone di Pierpaolo Obino, Anna Franca Manca, Anna Rita Caria, Alberto Loi, Filomena Santeufemia, Giovanni Busia, Simone Cabitza, Emanuela Frau, don Roberto Sciolla e Raffaele Callia