Come interrompere la trasmissione intergenerazionale della povertà

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Lo scorso anno Caritas Italiana e Caritas Sardegna hanno condotto uno studio delle situazioni di povertà ereditaria. A livello nazionale, nelle storie di deprivazione intercettate, i casi di povertà intergenerazionale pesano per il 59,0%; nelle Isole e nel Centro il dato risulta ancora più marcato, pari rispettivamente al 65,9% e al 64,4%.

Il rischio di rimanere intrappolati in situazioni di vulnerabilità economica, per chi proviene da un contesto familiare di fragilità, è di fatto molto alto. Il nesso tra condizione di vita di chi chiede aiuto alla Caritas e condizioni di partenza si palesa su vari fronti oltre a quello economico: in primis nell’istruzione. Le persone che vivono oggi in uno stato di povertà, nate tra il 1966 e il 1986, provengono per lo più da nuclei familiari con bassi titoli di studio, in alcuni casi senza qualifiche o addirittura analfabeti (oltre il 60% dei genitori possiede al massimo la licenza elementare).

L’Osservatorio delle povertà e delle risorse della diocesi di Iglesias, così come realizzato da Caritas Italiana e Caritas Sardegna, ha contribuito all’esplorazione del fenomeno. L’ha fatto attraverso un focus group tra operatori sociali, un’intervista e tre beneficiari e a due volontari.

Il focus group è stato realizzato a febbraio del 2022 e sono stati affrontati i seguenti temi: la percezione della povertà intergenerazionale; le cause che alimentano la trasmissibilità della povertà; gli elementi che possono rompere la catena di povertà; le risorse da mettere in campo per favorire la mobilità sociale; i suggerimenti e le idee per offrire maggiori opportunità di riscatto sociale. Tra le cause che alimentano il fenomeno vi sono la bassa scolarità diffusa tra i soggetti incontrati, che limita l’accesso al mondo del lavoro, l’abbandono scolastico e il ruolo delle famiglie nel percorso di studio dei figli. Per spezzare la catena della trasmissione della povertà, dalle esperienze dei partecipanti al focus group è necessario agire su più fronti. Da una parte è indispensabile combattere la povertà educativa per avere gli strumenti necessari per affrontare il futuro, esercitare i propri diritti, avere più opportunità di riscatto sociale ed economico. L’istruzione/formazione come riscatto è una delle possibili soluzioni al superamento del fenomeno. In particolare, una delle persone intervistate durante la ricerca ha rilevato che «il versante formativo può avere una grande rilevanza quando si ha la possibilità di un rapporto non occasionale ma continuativo; allora […] si può ragionare e provare insieme a parlare di futuro, costruire e risvegliare le energie che sono in ognuno». Ciò vale soprattutto in riferimento ai giovani.

Oltre al focus group, al quale hanno preso parte dei rappresentanti del volontariato vincenziano, dell’Emporio della Solidarietà della Caritas, del Consultorio familiare diocesano, della Sodalitas, del Comune di Iglesias, della Scuola secondaria di secondo grado e un parroco di Iglesias, sempre a livello diocesano sono state realizzate anche delle interviste a tre beneficiari e a tre volontari della Caritas. Anche da tali testimonianze emerge come le tre leve per sradicare il fenomeno della trasmissione intergenerazionale della povertà siano l’istruzione, la consulenza familiare e la formazione al lavoro. Un buon livello di istruzione costituisce una delle principali leve in grado di favorire la mobilità sociale, essendo strettamente correlato a un accesso più ampio in termini di opportunità lavorative e a una migliore posizione contrattuale e retributiva. Ad elevati titoli di studio, peraltro, corrispondono anche maggiori condizioni di benessere e di crescita complessiva della persona in termini psico-sociali e culturali.

Nell’indagine realizzata da Caritas Sardegna sono stati presi in esame 85 casi complessivi di persone di età compresa tra i 36 e i 56 anni (nati dunque tra il 1966 e il 1986), su una quota di campionamento teorico stratificato pari a 134, avendo concentrato l’attenzione sui soli beneficiari italiani non coinvolti in situazioni di povertà estrema (in linea con l’indagine nazionale). Anche la ricerca regionale conferma uno stretto vincolo tra il basso livello di istruzione dei genitori e il basso titolo di studio conseguito dai figli. Sia le madri che i padri dei beneficiari (persone nate tra gli anni ’40 e ’60), si collocano infatti su livelli formativi molto bassi, prevalendo coloro che hanno conseguito la sola licenza elementare. Il dato si avvicina al 50,0% per entrambi (il 49,4% per i padri e il 47,5% per le madri); seguono a distanza quanti possiedono la licenza media inferiore (oltre un quarto del totale nel caso delle madri e un quinto per i padri). Pertanto, la percentuale di laureati e diplomati è bassissima.

Le famiglie d’origine descritte dagli intervistati sono spesso caratterizzate da situazioni di evidente instabilità relazionale nei rapporti tra i genitori e, di conseguenza, nel rapporto con i figli. Da tutte le interviste effettuate emergono famiglie d’origine vulnerabili, allargate, ricomposte, monogenitoriali (ragazze madri ma anche padri single), contrassegnate da conflitti non sanati, quasi sempre caratterizzate dalla precarietà lavorativa dei genitori (lavori a intermittenza, sottopagati e irregolari). Alcune volte si tratta di famiglie molto povere economicamente e con molti figli a carico.

Ai beneficiari dei Centri di ascolto è stato domandato quale fosse la professione dei propri genitori; nel caso di più occupazioni è stato chiesto di far riferimento a quella svolta per più tempo. I padri delle persone intervistate risultano impiegati per lo più come artigiani o operai specializzati o in occupazioni non qualificate; a seguire si collocano coloro che operano nel campo delle professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi e nella classe occupazionale dei conduttori di impianti e conducenti di veicoli. Rispetto alla condizione occupazionale delle madri, è evidente l’elevata incidenza delle casalinghe, le quali costituiscono il 69,0% del totale. Tra chi invece svolge un lavoro, una quota significativa si colloca nel gruppo delle professioni non qualificate; seguono le madri occupate nelle attività commerciali e nei servizi. Anche tra le madri il peso di chi si posiziona su categorie professionali di minore specializzazione risulta quindi molto elevato. Per quanto concerne la condizione occupazionale dei figli, vale a dire dei beneficiari dei Centri di ascolto Caritas, è assai elevata la quota di quanti hanno dichiarato di essere disoccupati.

Sara Concas
Osservatorio delle povertà e delle risorse
Caritas diocesana