Quale coscienza sociale di fronte al cambiamento climatico?

Photo by Chris LeBoutillier

«Esiste un consenso scientifico molto consistente che indica che siamo in presenza di un preoccupante riscaldamento del sistema climatico. Negli ultimi decenni, tale riscaldamento è stato accompagnato dal costante innalzamento del livello del mare, e inoltre è difficile non metterlo in relazione con l’aumento degli eventi meteorologici estremi, a prescindere dal fatto che non si possa attribuire una causa scientificamente determinabile ad ogni fenomeno particolare. L’umanità è chiamata a prendere coscienza della necessità di cambiamenti di stili di vita, di produzione e di consumo, per combattere questo riscaldamento o, almeno, le cause umane che lo producono o lo accentuano».

Ad esprimersi in questi termini è l’Enciclica Laudato si’ di Papa Francesco, al numero 23, dopo averci ricordato nello stesso punto che «il clima è un bene comune, di tutti e per tutti». È pur vero che in questi ultimi anni, nell’opinione pubblica, è cresciuta una certa sensibilità sui temi del cambiamento climatico e del riscaldamento globale. Si è nel complesso consapevoli che la virulenza di eventi quali tifoni, tornado e alluvioni non è più relegata alle sole zone tropicali, così com’è cresciuta la preoccupazione per i prolungati periodi di siccità e per l’innalzamento delle temperature medie, che anticipano l’avvento della stagione calda e la prolungano in modo indefinito. Eppure, sembrerebbe che questa rinnovata sensibilità non riesca ancora a tradursi in un effettivo sostegno alle politiche che pongano la questione ambientale come tema centrale dell’ecologia integrale.

Su queste tematiche la sociologa Raya Muttarak (dal dicembre dello scorso anno docente di demografia all’Università di Bologna ed esperta di percezione del cambiamento climatico, disuguaglianza sociale, salute e migrazione) ha pubblicato recentemente uno studio in cui si pone in evidenza la connessione esistente tra comportamenti elettorali ed eventi climatici estremi. Fra gli esiti più significativi di tale studio emerge come una delle strozzature più rilevanti che impediscono la riduzione dei cambiamenti climatici è proprio di natura politica. I costi immediati, i sacrifici e i tagli necessari a ridurre le emissioni di carbonio, infatti, comporterebbero un elevato prezzo in termini di consenso elettorale. Questo significa che, pur disponendo della conoscenza e delle tecnologie necessarie per contrastare il cambiamento climatico, non si è disposti a suscitare il dissenso dell’elettorato (con la conseguente perdita di potere) che inevitabilmente ne deriverebbe, tenuto conto dei necessari sacrifici in termini di cambiamento radicale degli stili di vita.

Altre indagini sul tema mostrano come soprattutto i cittadini europei, anche dal punto di vista semantico, siano preoccupati più nello specifico dal “riscaldamento globale” che dai “cambiamenti climatici” in senso lato. Termini quali “anomalie delle temperature”, “episodi di calore” ed “episodi di siccità” inquietano molto di più l’elettore medio europeo  rispetto a una generica preoccupazione sul cambiamento del clima. Come ha posto in rilievo la rivista Neodemos, in un articolo del 24 maggio scorso, «maggiore è il numero di giorni di caldo fuori stagione (rispetto alla media del periodo 1971-2000) verificatosi in una determinata regione durante l’anno che ha preceduto una consultazione elettorale o un’elezione europea, maggiore è il numero di persone che in quell’area si sono dichiarate preoccupate per l’ambiente e più alta la quota di voti incassati dai partiti ambientalisti. Lo stesso effetto non si registra nel caso di anomalie negative di temperatura, come ondate di freddo, lunghi periodi di pioggia e alluvioni».

Gli esperti ci ricordano che se non si metteranno in pratica azioni concrete di contrasto al riscaldamento globale, attraverso la riduzione delle emissioni di carbonio, nei prossimi decenni l’umanità dovrà fare i conti con fenomeni metereologici sempre più estremi. L’appello è ad assumere ciascuno quote di responsabilità (a livello personale e collettivo) nel cambiamento degli stili di vita, di produzione, di scambio, di consumo, di trasporto, ecc. Un cambiamento, dunque, decisamente radicale.

A tale riguardo, l’Enciclica Laudato si’ ci richiama alle radici etiche e spirituali dei problemi ambientali, invitandoci «a cercare soluzioni non solo nella tecnica, ma anche in un cambiamento dell’essere umano, perché altrimenti affronteremo soltanto i sintomi» e a passare «dal consumo al sacrificio, dall’avidità alla generosità, dallo spreco alla capacità di condividere».

Raffaele Callia

Carestie e mobilità umana, tra i possibili effetti della guerra in Ucraina

Photo by Marek Studzinski

«Se c’è un’azione, tra le attività degli uomini, che è opportuno intraprendere con esitazione, che anzi è opportuno evitare, scongiurare, respingere in ogni modo possibile, quella è la guerra. Nulla è più empio della guerra, nulla più sciagurato, nulla più pericoloso. Da nulla, come dalla guerra, è più difficile venire fuori e nulla è più tetro e indegno dell’essere umano, per non dire del cristiano». Con queste parole, espresse nei suoi famosi “Adagia” (oltre 800 proverbi latini da lui commentati con rigore filologico), agli inizi del XVI secolo il grande umanista Erasmo da Rotterdam esprimeva chiaramente la propria posizione nei confronti della guerra; di ogni guerra. Fra questi cita l’adagio di Publius Flavius Vegetius, un aristocratico romano del IV-V secolo, che suona ancora oggi come un monito inoppugnabile: «La guerra piace a chi non la conosce».

La guerra “empia e sciagurata” di cui parla Erasmo non è solo portatrice di violenza e distruzione, con la sua terribile conta di morti e feriti, ma è capace di provocare disastri – con il suo effetto snowball – in aree geopolitiche non toccate direttamente dal conflitto. Lo dimostrano le conseguenze della guerra attualmente più amplificata dai mezzi di informazione, vale a dire quella in Ucraina.

Si sa, infatti, come la dipendenza energetica dei Paesi europei costituisca un freno alle sanzioni imposte alla Russia per il suo intervento militare in Ucraina. Com’è altrettanto noto che il blocco della produzione agricola in Ucraina stia producendo forti instabilità nei mercati. Russia e Ucraina – giusto per ricordare qualche cifra – da sole assorbono oltre un quarto del commercio mondiale di grano, mentre il continente africano dipende letteralmente dai loro prodotti cerealicoli per il suo approvvigionamento alimentare. In proposito, si pensi che il 32% delle importazioni africane tra il 2018 e il 2020 proveniva dalla Russia e il 12% dall’Ucraina.

Siamo pertanto di fronte a uno stato di allerta per possibili carestie e crescita della povertà in alcune aree del mondo, con conseguenze inevitabili sul fronte della mobilità umana. Si prevedono infatti nuove possibili migrazioni forzate, in particolare in Africa (“migrazioni circolari”, le più consistenti) e dal Nord Africa e dal Medio Oriente verso l’Europa.

Paesi come il Libano, l’Egitto, il Sudan e la Tunisia (in cui il pane rappresenta una componente essenziale nell’alimentazione quotidiana), in gran parte dipendono dal grano russo e ucraino. Peraltro, si tratta di Paesi che non godono di condizioni floride dal punto di vista economico e sociale e in cui si registra una profonda instabilità politica. Alcuni di essi sono stati teatro delle cosiddette “primavere arabe” scoppiate una decina di anni fa proprio a partire dalle rivolte per il pane.

Per il segretario generale delle Nazioni Unite, il portoghese António Guterres, la guerra della Russia contro l’Ucraina «minaccia la quota di cibo mondiale che normalmente si riesce a fornire e a mettere a disposizione dei Paesi in via di sviluppo, in particolare dei più poveri del mondo». In Sudan, anche a causa dei raccolti scarsi, della siccità e della crisi economica, si stima che il numero di persone affette da fame acuta raddoppierà, oltrepassando l’impressionante cifra di 18 milioni entro il prossimo settembre. Di fronte a questo scenario sarà inevitabile che si riparli di nuove e più consistenti migrazioni forzate.

Si tratta di previsioni inquietanti che ci ricordano come la guerra, “empia e sciagurata” di cui parla Erasmo, è un fenomeno che mette in connessione tutti e in tutte le parti del mondo. Se proprio non si può rimanere indifferenti per questioni di coscienza certamente ci si deve preoccupare per i risvolti eminentemente pratici che toccano l’umanità, tutta l’umanità, in ogni angolo del mondo.

Raffaele Callia

Le ferite ancora aperte delle troppe guerre dimenticate

Photo by Boudewijn Huysmans

Sono settimane che i quotidiani, i telegiornali, i talk show, i social network offrono l’osceno spettacolo della guerra in Ucraina. Veniamo letteralmente tempestati, giorno dopo giorno, da immagini che continuamente ci ricordano le ferite aperte di un conflitto nel cuore dell’Europa; un conflitto che ha già prodotto milioni di sfollati e profughi, migliaia di morti e distruzione, con danni materiali e morali i cui effetti si protrarranno per moltissimi anni.

La ferita aperta in Ucraina non è tuttavia l’unica a livello globale. Esistono conflitti purtroppo dimenticati in tante altre parti del mondo, come ricorda il portale www.conflittidimenticati.it, gestito dalla Caritas Italiana e da Pax Christi, e come viene illustrato nei periodici rapporti tematici, l’ultimo dei quali realizzato in collaborazione con Famiglia Cristiana, Avvenire e il Ministero dell’istruzione, dal titolo “Falsi equilibri” (pubblicato dalle edizioni San Paolo).

Un recente dossier con dati e testimonianze pubblicato dalla Caritas Italiana, dal titolo “Pace fragile”, ci ricorda come in Sierra Leone, dopo 20 anni dalla fine formale della guerra, le ferite siano ancora aperte; a dimostrazione del fatto che la pace stabile e duratura è tutt’altro che la conseguenza logica dei soli accordi tra le parti. Come dire che, accanto a una “pace formale” (spesso provvisoria) ci deve essere necessariamente una “pace sostanziale”, che si basa su effettive condizioni di giustizia e riconciliazione fra tutte le parti in causa.

In questo senso si espresse anche Paolo VI, in occasione della Giornata mondiale della pace celebrata il 1° gennaio del 1975: «La pace dev’essere “fatta”, dev’essere generata e prodotta continuamente; essa risulta da un equilibrio instabile, che solo il movimento può assicurare e che è proporzionato alla velocità di esso. Le istituzioni stesse, che nell’ordine giuridico e nel concerto internazionale hanno la funzione ed il merito di proclamare e di conservare la pace, raggiungono il loro provvido scopo se esse sono continuamente operanti, se sanno in ogni momento generare la pace, fare la pace».

A tale riguardo il dossier dal titolo “Pace fragile” pone bene in luce come se è vero che in Sierra Leone, dopo 20 anni dal processo di pace, la guerra guerreggiata possa dirsi sostanzialmente cessata, le cause che hanno determinato il conflitto e le violenze (che hanno perfino visto arruolati i bambini soldato) non si sono spente del tutto. Persiste una povertà diffusa, nel contesto di un Paese con istituzioni ancora deboli e contrassegnate dalla corruzione, in un quadro di ingiustizia sociale che mina alla base l’equilibrio raggiunto con la “pace formale”.

Le parole di mons. Giorgio Biguzzi, vescovo della diocesi di Makeni (in Sierra Leone) all’epoca del conflitto, suonano ancora molto attuali, se si pensa a quanto sta avvenendo in Ucraina, ma anche in Sudan, in Libia, in Iraq e nello stesso Afghanistan: «Come la guerra non avviene per generazione spontanea, ma c’è chi ne è padre o madre, così è per la pace: bisogna volerla, se si esprimono solo delle buone intenzioni e non ci si dà da fare, non avviene. Se ci sono situazioni di pace è perché c’è
gente che è convinta che bisogna esporsi per la pace».

Si tratta di considerazioni che dovrebbero indurci a ribaltare l’antico adagio. Non più  “Si vis pacem, para bellum” ma “Si vis pacem, para pacem”: se vuoi la pace prepara la pace; ogni giorno, a cominciare dal tuo cuore.

Raffaele Callia

Gli esiti della raccolta dei prodotti di prima necessità nella “settimana della solidarietà” a Carbonia

Volontari Caritas del Centro unico in servizio

Il Centro unico di raccolta e distribuzione viveri di Carbonia, servizio da diversi anni promosso dalle Caritas parrocchiali di Carbonia, ha organizzato per la Santa Pasqua una raccolta di prodotti di prima necessità per predisporre dei pacchi destinati alle famiglie indigenti della città. Nel mese di aprile le famiglie assistite sono state in tutto 127, con un intervento che ha visto beneficiarie circa 300 persone. Dal 26 marzo al 10 aprile, nelle parrocchie Beata Vergine Addolorata, Gesù Divino Operaio, Cristo Re, San Camillo, San Narciso, San Ponziano e Vergine delle Grazie, sono stati raccolti diversi prodotti che più rispondono alle esigenze mensili delle famiglie. Ogni parrocchia ha avuto il compito di raccogliere latte e zucchero, olio di semi, legumi e pasta, succhi di frutta, merendine, prodotti per l’igiene personale, ecc. Così facendo, è stato possibile destinare le offerte in denaro pervenute al Centro, per acquistare altri prodotti inseriti nei pacchi. A questa raccolta per la Santa Pasqua, si è unita come ogni anno anche la Scuola “Camilla Gritti”.

Di seguito la tabella con le tipologie e le quantità dei prodotti raccolti.

Prodotti Quantità
Bagnoschiuma/Shampoo 96
Biscotti/Merendine 173
Caffè da 250 gr.. 14
Carta igienica 7
Dentifricio 45
Detergente intimo/Saponi/Pannolini 73
Prodotti per la pulizia della casa 45
Detersivo per la lavatrice 17
Detersivo per i piatti 17
Farina/Polenta da 1 kg 99
Formaggi vari/Formaggini 2
Latte da 1 lt 275
Legumi vari 591
Marmellata/Nutella/Miele 2
Olio “Evo” da 1 lt 2
Olio di semi da 1 ly 56
Omogeneizzati da vasetto singolo 37
Colombe/Uova di Pasqua 5
Pasta da 500 gr 400
Passata di pomodoro in brick e in bottiglia da 1 kg/lt 22
Pomodori pelati da 400 gr 52
Riso da 1 kg 63
Sale 4
Carne in scatola 287
Tonno in scatola 97
Succhi di frutta in brick da 200 ml 460
Sughi vari e dadi 29
Tè e camomilla 5
Zucchero 108

Ai quali si sono aggiunti i prodotti acquistati

Prodotti Quantità
Detersivo per i piatti 228
Formaggio grana in pezzzo e grattugiato 294
Latte da 1 lt 864
Legumi in barattolo 384
Pasta da 500 gr 304
Zucchero 30

 

Servire gli ultimi senza sosta, lungo la strada della riconciliazione. Il messaggio del delegato regionale della Caritas per la Quaresima e la Pasqua

Nelle prime settimane del 2022 lo sguardo cominciava a proiettarsi verso un futuro di bramata “normalità”, dopo due anni di restrizioni e affanni causati dalla pandemia. Si cominciava a tirare un sospiro di sollievo dopo un periodo assai faticoso, durante il quale anche le Caritas diocesane della Sardegna sono state sottoposte a un impegno straordinario e a sollecitazioni nuove e continue. Tra la fine di febbraio e i primi di marzo di quest’anno, esattamente come due anni fa, ci siamo trovati a convivere con una nuova emergenza e nuove preoccupazioni; con la scoperta dolorosa di un nuovo conflitto nel cuore dell’Europa. Una nuova emergenza che è anzitutto umanitaria e morale, prim’ancora che geopolitica.
Di fronte a tante e tali preoccupazioni, dopo un così prolungato periodo di prova, vi è senz’altro il rischio di vivere una subdola tentazione: di gettare la spugna, di dire basta alle continue sollecitazioni derivanti dai problemi di tanti fratelli e sorelle che chiedono aiuto. Ecco che anche per i credenti arriva l’ora del grande interrogativo esistenziale: che significato ha tanta sofferenza? Perché siamo così impotenti di fronte a questo nuovo dolore? Dove trovo la forza per andare avanti, dopo così tante prove? Perché continuare a fare il bene, visto come vanno le cose nel mondo?
Sono interrogativi più che legittimi, che trovano una generosa accoglienza nella misericordia di Dio, nonostante i nostri molti dubbi e la nostra fragilità. Una qualche risposta ce la offre San Paolo, quando – rivolgendosi alla comunità dei Galati (6,9-10a) – esorta a non stancarsi mai «di fare il bene; se infatti non desistiamo a suo tempo mieteremo». Ebbene, chi opera nei servizi caritativi deve combattere tutti i giorni contro la diabolica tentazione di cessare di fare il bene: perché non si vedono subito i risultati; perché le cose non vanno come si vorrebbe; perché il male e i problemi sembrerebbero prevalere sul bene e sulle soluzioni necessarie.
In verità, la prospettiva di chi ha fede – ce lo ricorda Papa Francesco nel suo messaggio per questa Quaresima – non è quella di un dirigente aziendale, coi suoi business plan e i suoi sofisticati modelli matematici per la realizzazione di obiettivi da portare a compimento secondo le auspicate previsioni. La prospettiva di chi ha fede è quella sobria ed essenziale di un agricoltore, che si sforza pazientemente di seminare nonostante tutte le difficoltà e le intemperie, senza sapere quando sarà il tempo della mietitura. Una giusta provocazione per ricordarci che siamo tutti delle fragili creature e non il Creatore.
A noi il compito di metterci a disposizione nel servire i fratelli, costruendo la Pace come uomini e donne sempre desiderosi di perdonare e di chiedere perdono; sempre desiderosi di fare il bene: non nonostante tutto, ma proprio a partire dal tutto che quotidianamente siamo chiamati a vivere.

Raffaele Callia
Delegato regionale Caritas Sardegna

“Non stanchiamoci di fare il bene” (Gal 6). Il messaggio del Vescovo delegato per la Quaresima e la Pasqua

Accogliendo quotidianamente l’invito quaresimale alla conversione, ognuno di noi può sperimentare quanto sia necessario l’impegno di perseveranza nel bene.
Riusciamo a capire con immediatezza quanto sia bene per ognuno di noi essere disponibili e contribuire al bene dei fratelli intorno a noi e non cedere alla tentazione, tanto presente anche nel mondo d’oggi, “di pensare più all’avere che al donare, più ad accumulare che a seminare il bene e condividerlo”.
Quando ci capita, anche occasionalmente, di aprirci all’amore verso gli altri, il Signore ci dà la grazia di sperimentare la gioia e la libertà interiore che ne scaturiscono. Sono i primi frutti gratuiti che derivano in noi dall’imitazione di Dio, sempre aperto all’amore verso ogni uomo.
Purtroppo, a causa della nostra debolezza, ci capita anche di fare esperienza di un’altra tentazione, quella della stanchezza.
La testimonianza di Gesù nella sua Pasqua ci aiuta a capire quanto sia importante reagire a questa tentazione e impegnarci con perseveranza a vivere nella carità concreta, operando il bene verso tutti, sempre.
“Solo l’impegno a seminare il bene per gli altri ci libera dalle anguste logiche del tornaconto personale e conferisce al nostro agire il respiro ampio della gratuità, inserendoci nel meraviglioso orizzonte dei benevoli disegni di Dio”.
Preghiamo perciò il Signore ogni giorno di questa Quaresima perché ci aiuti a vincere ogni stanchezza e a superare la tentazione di rinchiuderci nel nostro egoismo.
Non stanchiamoci di chiedere sinceramente perdono ogni giorno per la nostra grettezza. Sperimenteremo ogni giorno la grazia della pace che tanto desideriamo quando guardiamo ai problemi del nostro mondo.
Non stanchiamoci di fare il bene nella carità operosa verso il prossimo, per prenderci cura di chi ci è vicino, per farci prossimi a quei fratelli e sorelle che sono feriti sulla strada della vita. Potremo sperimentare la gioia della Pasqua, giorno dopo giorno.
Chiediamo a Dio la paziente costanza dell’agricoltore (cfr Gc 5,7), per non desistere nel fare il bene, un passo alla volta, con la certezza, che ci viene dalla fede, che , “se non desistiamo, a suo tempo mieteremo e otterremo i beni promessi, per la salvezza nostra e altrui” (cfr Eb 10,36; 1Tm 4,16).

+ Giovanni Paolo Zedda
Vescovo delegato per il servizio della carità (CES)

“Per Pasqua dona un sorriso”: i risultati della raccolta donata all’Emporio della Solidarietà di Iglesias

Promossa per la prima volta su iniziativa dell’Associazione Sulcis Assistenza ODV, l’iniziativa denominata “Per Pasqua dona un sorriso”, realizzatasi a Iglesias il 3 aprile nel rione di Serra Perdosa (con la collaborazione del Comune di Iglesias, del Gruppo di volontariato vincenziano di Iglesias e delle parrocchie cittadine), ha permesso di raccogliere il frutto della generosità di tanti benefattori. Oltre sessanta differenti tipologie di prodotti hanno contrassegnato la raccolta di questa prima edizione, fra cui legumi, pasta, latte, biscotti, pelati, riso, detersivi, fette biscottate, ecc. I prodotti donati sono stati conferiti all’Emporio della Solidarietà di Iglesias, grazie all’impegno di tanti volontari messisi a disposizione per l’occasione.

La Caritas diocesana di Iglesias, a nome delle centinaia di beneficiari di tale raccolta, esprime sentimenti di gratitudine verso tutte le persone che si sono spese generosamente nel rendere possibile questa iniziativa. Si esprime un generale grazie che abbraccia tutti coloro che si sono generosamente prodigati per la riuscita dell’evento solidaristico, all’insegna della collaborazione, della solidarietà e della fraternità.

A seguire l’elenco dettagliato dei prodotti donati

Prodotto Confezioni Prodotto Confezioni
LEGUMI 2.039 DISINFETTANTE 24
PASTA 1.282 ALCOOL 20
LATTE 622 BRODO VEGETALE PRONTO 16
BISCOTTI 413 PANNOLINI 16
PELATI 357 MASCHERINE 15
RISO 320 SALE 15
DETERSIVI 262 SGOMBRO 11
FETTE BISCOTTATE 257 SUGO PRONTO 10
TONNO 248 ASSORBENTI 9
SUCCHI DI FRUTTA 219 DETER SGRAS SPRY 9
ZUCCHERO 212 DOLCI/CARAMELLE 9
CAMOMILLA 181 SPAZZOLINO 8
PASSATA DI POMODORO 167 COUS COUS 7
OMOGENIZZATI 163 COLOMBE 6
THE 147 DETERG. VARI 5
MARMELLATE 136 SALVIETTE 5
MERENDINE 135 COTECHINO 4
OLIO 135 MACEDONIA 4
ASCIUGOTTI 125 RISOTTI PRONTI 4
CARTA IGIENICA 104 SPUGNE VARIE 4
PRODOTTI FARMACEUTICI 94 ACETO 3
CAFFE’ 91 FORMAGGINI 3
DADI 90 LAMETTE DONNA 3
CREMA SPALMABILE 86 TRIPPA 3
SAPONE LIQUIDO 83 FAZZOLETTI 2
BAGNOSCHIUMA 64 FRUTTA SECCA 2
SFIZIOSITA’ 64 MIELE 2
DENTIFRICIO 53 SARDINE 2
SHAMPOO 53 TOVAGLIOLINI 2
PRODOTTI PER BAMBINO 50 FILETTI 1
FARINA 47 ORZO 1
CARNE IN SCATOLA 45 PANGRATTATO 1
DETERG. INTIMO 39 PIATTI 1

Tutti i beni conferiti grazie a tale iniziativa vengono distribuiti alle famiglie bisognose attraverso l’Emporio della Solidarietà, un’innovativa opera-segno della Caritas diocesana, grazie alla quale si è evoluto il servizio di distribuzione dei beni di prima necessità.

Dal giorno dell’inaugurazione del servizio (13 giugno 2016) l’Emporio della Solidarietà cerca di far fronte ai bisogni primari di molti nuclei familiari (ad oggi sono circa 500 le persone aiutate direttamente o indirettamente).

L’Emporio della Solidarietà si trova in uno degli spazi dell’ex mattatoio comunale ed è nato dalla collaborazione tra la Caritas diocesana di Iglesias (che ne ha promosso il progetto), le Caritas parrocchiali, il Volontariato Vincenziano, il Terz’Ordine Francescano e la Sodalitas (tutti nella città di Iglesias).

La Caritas diocesana
9 aprile 2022

A Leopoli, sedici anni prima della guerra

Locandina del Convegno tenutosi a Leopoli sulle migrazioni ucraine (17.06.2006)

Per chi ha avuto il privilegio di visitare l’Ucraina in tempi di pace, come nel caso dello scrivente, vedere le immagini di devastazione e di morte di questi giorni provoca un ulteriore motivo di sgomento. Inevitabilmente, a tali immagini dolorose si sovrappongono i ricordi, l’incredulità e il senso di impotenza per quanto sta avvenendo.

I ricordi personali sono associati a un viaggio-studio effettuato nel giugno del 2006, unitamente a una delegazione composta da alcuni ricercatori dell’équipe che annualmente cura la pubblicazione del Dossier Statistico Immigrazione e da alcuni componenti del CNEL, con lo scopo di approfondire le tematiche dell’emigrazione ucraina in Italia nei luoghi d’origine. L’esperienza servì a favorire una conoscenza del fenomeno migratorio attraverso diversi contatti istituzionali. Anzitutto con i rappresentanti dei ministeri degli Affari Esteri, dell’Interno, del Lavoro, della Giustizia, della Pubblica istruzione e delle Politiche sociali, a Kiev, attraverso cui era emerso “il bisogno di stringere contatti più stretti a livello governativo per risolvere una serie di problemi” che toccavano direttamente la vita degli allora 150.000 circa cittadini ucraini residenti in Italia (oggi, senza considerare i profughi, sono all’incirca 240.000). Oltre a ciò, tale viaggio servì ad arricchire il quadro sulle problematiche emigratorie degli ucraini che chiedevano di recarsi nel nostro Paese, anche grazie all’incontro che si tenne all’Ambasciata d’Italia a Kiev, con l’ambasciatore e il console italiani dell’epoca.

Dal punto di vista ecclesiale, fra le altre cose, il ricordo va ai momenti trascorsi presso l’Università Cattolica Ucraina di L’viv, meglio conosciuta come Leopoli (una città particolarmente vivace dal punto di vista culturale), caratterizzata da un importante convegno sulla realtà e le prospettive dell’immigrazione ucraina in Italia, al quale presero parte diversi relatori locali e italiani.

Poco prima del convegno, la delegazione italiana fu ricevuta dal rettore dell’Università, il professor Borys Gudziak, il quale descrisse il dramma del popolo ucraino per le violenze subite nel corso del Novecento. Dalle parole del rettore emerse come non vi sia stata neppure una famiglia, soprattutto nella parte occidentale dell’Ucraina, a non essere toccata dalle follie del nazismo prima (furono deportati almeno 600.000 ucraini) e del comunismo poi (per “spezzare” la schiena ai contadini che rifiutavano la “collettivizzazione”, Stalin fece scaturire una terribile carestia tra il 1932 e il 1933). Di queste tragedie, vissute con dignità e saldo spirito religioso, delle pulizie etniche e degli eccessi delle ideologie del Novecento, non si è potuto parlare fino al 1988.

Fu grazie all’iniziativa di un illustre personaggio originario di Zazdrist (nell’arcidiocesi di L’viv), il cardinale Josyf Slipyi, scomparso nel 1984, nonché guida e maestro del rettore Borys Gudziak, che fu possibile dar vita all’Università Cattolica Ucraina, proprio con l’obiettivo (assolutamente lungimirante) di preparare i credenti e la società tutta alla transizione che sarebbe derivata dalla fine dell’impero sovietico. E tutto ciò molto prima dell’avvento della Perestroika.

Ancora oggi l’Università cattolica Ucraina di L’viv è un laboratorio di pluralismo. Tra studenti e docenti vi sono greco-cattolici, latini, ortodossi, ma anche molti non credenti. L’Università Cattolica Ucraina di L’viv è sempre stata libera e aperta a tutti, ma allo stesso tempo ha sempre voluto mantenere salda la propria identità cristiana. Ogni giorno, alle 12.00, si ferma l’attività universitaria per dar spazio alla preghiera: non è obbligatoria ma non è neppure un fatto privato. E il mercoledì, quando si invita la comunità, tutto il resto si ferma: niente internet, né biblioteca e nessuna attività didattica.

Ricordo che, in conclusione del nostro incontro, il rettore Gudziak raccontò un aneddoto molto significativo sullo spirito religioso del suo popolo. Per il costituendo corso di logica il suo predecessore si mise in contatto con una professoressa di filosofia, la quale, presentatasi per la consegna delle credenziali, dichiarò apertamente il proprio ateismo. “Va bene”, rispose il rettore, “lei dice di essere atea, ma io non ne sono tanto convinto”. “Sa padre”, dichiarò in seguito la docente al nuovo rettore, “non so se sono atea o credente, ma viaggiando nell’autobus mi capita spesso di pregare”.

Si spera che la guerra finisca quanto prima e che Leopoli possa mantenere questa sua caratteristica di apertura e di pluralismo che ho avuto il privilegio di apprezzare sedici anni or sono.

Raffaele Callia

Si intensificano gli sforzi della Caritas Italiana per far fronte alle emergenze in Ucraina

Foto di Marijn Fidder, Caritas Internationalis

Una delegazione di Caritas Italiana, guidata dal direttore, don Marco Pagniello, dall’11 al 15 marzo ha effettuato una visita ai Paesi confinanti con l’Ucraina (maggiormente coinvolti nell’accoglienza dei profughi). Insieme agli operatori e ai delegati Caritas erano presenti anche Mons. Benoni Ambarus, Vescovo ausiliare della Diocesi di Roma, ed Elisa Batazzi, del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale della Santa Sede, come segno tangibile della prossimità e della vicinanza di Papa Francesco. «Con la nostra presenza – sottolinea don Marco Pagniello – vogliamo ribadire a quanti ogni giorno si prodigano senza sosta per dare aiuti e a quanti stanno pagando sulla propria pelle la follia della guerra che non sono soli».

La prima tappa è stata la Moldavia, dove la delegazione ha incontrato Mons. Anton Coșa e Edward Lucaci, rispettivamente vescovo di Chisinau e direttore di Caritas Moldavia. Si è fatta visita anche agli altri organismi ecclesiali che stanno unendo le forze per dare aiuto ai profughi. In Moldavia la Caritas ha attivato 14 centri di accoglienza che stanno ospitando diverse centinaia di persone a cui offrono assistenza con generi di prima necessità ed ha anche attivato servizi di supporto psicosociale e recupero dello stress, in particolare per famiglie con bimbi piccoli. Inoltre gli operatori e i volontari Caritas sostengono con servizi specifici anche i vari centri di smistamento governativi, assicurando supporto psicosociale, animazione per bambini e preparazione di pasti caldi e si stanno organizzando per interventi di lungo periodo, in particolare per i più vulnerabili. Domenica 13 la delegazione di Caritas Italiana ha partecipato in Romania alla celebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo di Iasi, Mons. Josif Paulet; in questo Paese la delegazione ha visitato il centro di prima accoglienza allestito dalla Caritas diocesana di Iasi a Siret, al confine con l’Ucraina, dove si organizza la prima accoglienza dei profughi in fuga dalla guerra. La delegazione è poi partita per la Polonia, dove ha incontrato la Chiesa locale e ha visitato i centri di accoglienza Caritas a Przemysl.

Caritas Italiana è in collegamento continuo con le Caritas che sono in Ucraina: Caritas Spes (della Chiesa latina) e Caritas Ucraina (della Chiesa greco-cattolica). Inoltre, Caritas Italiana opera in coordinamento con Caritas Europa e Caritas Internationalis e a supporto delle Caritas dei Paesi confinanti con l’Ucraina, le quali si stanno già adoperando per l’accoglienza delle persone in fuga dalle zone in conflitto.

«La guerra è quando quegli eventi che hai pianificato nel calendario in un istante perdono il loro valore e, come un fantasma del passato di pace, ti ricordano una vita tranquilla. La guerra è come un “mercoledì delle ceneri” che arriva una settimana prima del solito. La guerra è come se sette giorni diventassero un giorno solo. La guerra è un tempo prima e dopo. La guerra è quando le parole “ricordati di essere polvere” si materializzano». Con queste parole don Vyacheslav Grynevych, direttore della Caritas-Spes Ucraina, è intervenuto (online) da Kiev giovedì 3 marzo, in occasione di un momento di confronto promosso dalla Caritas Italiana e aperto alle Caritas diocesane (presente anche la Caritas diocesana di Iglesias). «In questo momento difficile, c’è un grande bisogno di unità e sostegno. Abbiamo bisogno di sentire che non siamo soli». All’angoscia per i bombardamenti, le morti e i feriti che, come sempre, vedono coinvolti tantissimi civili si somma anche la preoccupazione per il numero di profughi in crescita che sta cercando di lasciare le proprie case per trovare riparo in altre parti dell’Ucraina e nei Paesi limitrofi. Al confronto (online) del 3 marzo ha preso parte anche Tetiana Stawnychy, Presidente di Caritas Ucraina, la quale da Lviv (Leopoli) ha lanciato un toccante appello: «Vi chiediamo di starci vicino con la solidarietà e la preghiera».

A partire dal 24 febbraio sono iniziate le attività di coordinamento interno della rete delle Caritas diocesane italiane, in particolare attraverso suggerimenti operativi, informazioni logistiche, aggiornamenti. Caritas Italiana ha condiviso informazioni e consigli metodologici negli interventi all’estero e per l’accoglienza in Italia, raccogliendo le diverse richieste diocesane e cercando di fornire risposte precise e tempestive.

Caritas Italiana, insieme a tutta la rete delle Caritas diocesane, sostiene le due Caritas in Ucraina «con aiuti concreti e con un ruolo promozionale, con l’invito anche a riflettere sulle cause della guerra e con costante attenzione alle persone. È inoltre accanto e a supporto delle Caritas dei paesi confinanti, per aiutarle nell’accoglienza delle persone in fuga dalla guerra». Caritas Italiana supporta varie attività e progetti delle Caritas in Ucraina, fin dal 2014. I filoni di intervento che la Caritas Italiana sta attualmente seguendo sono:

1) coordinamento con il network europeo e internazionale e comunicazione in Italia;
2) supporto agli interventi umanitari in Ucraina;
3) supporto agli interventi umanitari nei Paesi limitrofi;
4) preparazione per l’accoglienza degli ucraini in Italia.

Come si legge in una nota del 5 marzo scorso di Caritas Italiana «i primi progetti di risposta ai bisogni emergenti (appelli di emergenza) definiti da Caritas in Ucraina e dalle Caritas dei Paesi limitrofi per consentire gli interventi emergenziali nelle prime settimane (beni di prima necessità, trasporto sicuro, accompagnamento delle persone in condizione di maggiore sicurezza possibile, accoglienza nei centri Caritas per rispondere ai bisogni primari, supporto psico-sociale) richiedevano inizialmente un impegno finanziario complessivo di circa 5 milioni di euro». Tale impegno, come si legge in una nota del 24 marzo, è cresciuto sensibilmente: lo sforzo richiesto dalle Caritas nazionali in Ucraina e nei Paesi limitrofi per i primi mesi di interventi è di circa 20 milioni di euro, al momento scoperto per più del 50%.

Caritas Italiana ha subito avviato raccolte fondi e, grazie alla risposta solidale di tanti che stanno donando con generosità, ha già erogato contributi a Caritas Ucraina e Caritas Moldova, in raccordo con Caritas Internationalis. Molto importante anche il sostegno di TV2000, del Sir e degli altri media ecclesiali; in particolare Avvenire, Famiglia Cristiana e Vita Pastorale hanno a loro volta lanciato raccolto per Caritas Italiana sulle loro testate.

Da parte della Caritas è inoltre costante il confronto con le istituzioni pubbliche (Ministero degli Affari Esteri, Ministero dell’Interno, Prefetture), con la rete delle associazioni cattoliche e con diversi attori non-governativi italiani.

«I tanti frutti solidali che fioriscono nelle nostre comunità sono preziose occasioni di animazione alla pace ma anche gesti concreti di sostegno e vicinanza, che ci impegniamo a finalizzare al meglio». Don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana, sottolinea con queste parole – in un comunicato stampa della Caritas Italiana del 9 marzo – la decisione di mettere a disposizione altri 100 mila euro per gli interventi delle Caritas nelle zone di guerra: assistenza umanitaria agli sfollati interni (con aiuti materiali e sostegno psicologico), protezione dei minori in coordinamento con le autorità locali, trasporto in zone sicure, ecc.

«Operatori di Caritas in Polonia, Romania, Ungheria, Slovacchia e Moldavia – prosegue il comunicato di Caritas Italiana – sono alle frontiere e nei centri di prima accoglienza e hanno anche allestito servizi di trasporto verso i Paesi confinanti e la distribuzione di carte prepagate, perché ognuno possa rispondere in autonomia ai propri bisogni di base acquistando negli esercizi commerciali locali […]. Caritas Italiana continua anche a chiedere con forza l’immediata fine delle azioni militari e resta unita nella preghiera, accanto al popolo ucraino».

 

Interventi umanitari in Ucraina

Il supporto economico, tecnico e materiale di Caritas Italiana sta andando anzitutto a favore degli interventi umanitari promossi dalle due Caritas nazionali ucraine (Caritas Ucraina e Caritas Spes) dove la situazione si sta aggravando, perché la popolazione civile sta diventando un bersaglio sempre più frequente: case, scuole, ospedali e altre infrastrutture critiche sono state colpite con attacchi militari in tutta l’Ucraina.
Sono ancora in corso evacuazioni su larga scala; tuttavia, queste evacuazioni rimangono estremamente pericolose e decine di autobus sono stati rimandati indietro nel corso degli ultimi giorni.
Caritas Ucraina dall’inizio del conflitto ha assistito più di 70.000 persone. Dieci uffici della Caritas nell’Ucraina occidentale (Kolomyja, Chortkiv, Nadvirna. Zhytomyr, Drohobych, Termopil, Chernivtsi, Buchach, Dnipro e Chortkiv) hanno organizzato alloggi pronti ad accogliere 773 sfollati interni per un soggiorno lungo/breve. Dall’inizio della guerra, Caritas Ucraina e i suoi centri locali hanno ricevuto 400 tonnellate di aiuti; 160 tonnellate sono state inviate nelle regioni dove sono attualmente in corso le ostilità.
Caritas Spes sta operando attualmente attraverso i suoi 34 Centri, in collaborazione con le parrocchie romano-cattoliche. Pertanto alle persone assistite da Caritas Ucraina si aggiungono i 71.693 beneficiari che dall’inizio del conflitto hanno ricevuto assistenza da parte di Caritas Spes. Ad oggi, 21.708 persone hanno ricevuto riparo e alloggio e sono stati forniti cibo e beni materiali a 57.021 persone.

 

Interventi umanitari nei Paesi limitrofi

Le conseguenze della guerra sulle persone sono devastanti. Ai 6,5 milioni di sfollati interni si aggiungono i quasi 3,5 milioni di persone che hanno lasciato l’Ucraina per raggiungere altri Paesi. Di questi, circa 1,5 milioni sono minori. Secondo le cifre Onu, la Polonia ha ospitato 2 milioni di ucraini che vanno ad aggiungersi ai tanti profughi già presenti nel Paese, arrivati negli anni precedenti. La Romania accoglie circa 470.000 persone, la Moldavia 350.000, l’Ungheria 270.000 e la Slovacchia 220.000. Altri 141 mila sono arrivati nella Repubblica slovacca, 83 mila in Moldavia, dove sono transitate almeno 350.000 persone. Caritas Italiana è in contatto costante con tutte le Caritas di questi paesi per raccogliere informazioni e fornire loro supporto, tecnico e materiale a favore degli interventi umanitari promossi in loco. In particolare, Caritas Italiana ha già supportato Caritas Moldavia con un contributo di 100.000,00 euro.

 

Accoglienza in Italia

Caritas Italiana ha avviato da tempo un primo monitoraggio puntuale circa la situazione dell’accoglienza sui territori. La rete Caritas, al 10 marzo, ha dato disponibilità per un totale di circa 6.000 posti. Intanto continua l’interlocuzione di Caritas Italiana con le autorità nazionali per definire le migliori condizioni di accoglienza per i cittadini ucraini e per valutare possibili canali umanitari di ingresso, anche di cittadini ucraini al momento bloccati alle frontiere dell’Unione europea. Caritas Italiana sta diffondendo capillarmente alle Caritas diocesane tutti gli aggiornamenti sulle misure di accoglienza e sulle varie disposizioni ministeriali. Inoltre, in questi giorni si sta predisponendo quanto necessario per far giungere in Italia un certo numero di profughi attraverso canali sicuri. In questa prospettiva è stata chiesta la disponibilità gratuita di posti in accoglienza emergenziale all’interno di appartamenti autonomi, strutture diocesane, istituti religiosi e parrocchie. Per quanto concerne la disponibilità all’accoglienza diretta in famiglia si attendono indicazioni puntuali da parte della Protezione Civile, che intende strutturare un sistema, oltre ai Cas e al Sai, di “accoglienza diffusa in famiglia”. Dal 21 al 22 marzo, grazie alla collaborazione con l’ong “Solidaire” e il supporto di “Open Arms”, con i primi “voli umanitari” dalla capitale della Polonia (Varsavia), sono arrivate alcune centinaia di profughi dall’Ucraina in Italia per essere accolti da alcune Caritas diocesane. I “voli umanitari” sono una modalità veloce e sicura promossa da Caritas Italiana per far arrivare in Italia i profughi in fuga dalla guerra in Ucraina. Tra le prime persone in arrivo principalmente donne e bambini, che godranno di un permesso di protezione umanitaria temporaneo.

A oltre un mese dall’inizio del conflitto, la Caritas intensifica l’impegno accanto alla popolazione ucraina e rinnova appelli e preghiere perché si fermi subito la guerra. Nei giorni scorsi S.E. Mons Mieczysław Mokrzycki, arcivescovo latino di Leopoli, ha accolto S.E. Mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana, che in questi giorni si è recato a Leopoli insieme a don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana, ed Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Acli. “Mi sono recato in questa terra martoriata – ha affermato Mons. Baturi – per incontrare un caro amico e assicurargli vicinanza. Ho constatato le ferite di questa nazione, il senso di paura e precarietà che si avverte quando si attivano gli allarmi nella città, il bisogno di un supporto fraterno per lenire le sofferenze di una popolazione duramente provata”. “Abbiamo voluto far sentire ancora una volta la nostra vicinanza, nella preghiera e nella carità operosa che non si stanca di alimentare la speranza, anche tra le macerie di una guerra”. Così don Pagniello ha incoraggiato don Vyacheslav Grynevych, Direttore di Caritas Spes, e Tetiana Stawnychy, presidente di Caritas Ucraina, a proseguire nella loro incessante azione accanto alla popolazione locale, assicurando il sostegno di Caritas Italiana. Caritas Italiana, come segno tangibile di vicinanza, ha messo a disposizione altri 600mila euro per le Caritas in Ucraina – in particolare in favore di chi sta subendo traumi e disagi psicologici – in Polonia, in Romania e negli altri Paesi impegnati nell’accoglienza, inclusa l’area balcanica. Nel contempo prosegue l’accoglienza diffusa nelle Diocesi che si apprestano anche a vivere un momento di preghiera per la pace durante le celebrazioni della Domenica delle Palme (la proposta di Preghiera per la Pace è disponibile sul sito della CEI www.chiesacattolica.it).

Sul sito della Caritas Italiana è attiva una sezione “Emergenza Ucraina“. Inoltre, sono disponibili schede, foto e video.

Pagina aggiornata all’8 aprile 2022

La solidarietà della rete Caritas in favore della popolazione ucraina

«In questi giorni siamo stati sconvolti da qualcosa di tragico: la guerra. Più volte abbiamo pregato perché non venisse imboccata questa strada. E non smettiamo di pregare, anzi, supplichiamo Dio più intensamente». «Chi fa la guerra dimentica l’umanità. Non parte dalla gente, non guarda alla vita concreta delle persone, ma mette davanti a tutto interessi di parte e di potere. Si affida alla logica diabolica e perversa delle armi, che è la più lontana dalla volontà di Dio». In occasione dell’Angelus di domenica 27 febbraio, Papa Francesco ha espresso il dolore della Chiesa universale per la tragedia di un nuovo conflitto nel cuore dell’Europa.

La capitale dell’Ucraina, Kiev, è sempre sotto assedio e, oltre alle vittime e ai feriti provocati dalla guerra, si registra il rischio di una catastrofe umanitaria, mentre si contano centinaia di migliaia di sfollati e rifugiati nei Paesi limitrofi. In questo quadro – come si legge in un comunicato della Caritas Italiana – «è sempre più difficile l’opera di soccorso della Caritas in Ucraina che moltiplica gli sforzi per far fronte ai bisogni immediati, ma anche per dare ascolto e sostegno psicologico alla popolazione sconvolta dalla follia della guerra». Gli operatori della Caritas stanno cercando di mantenere attiva tutta la rete dei centri polivalenti che sono stati attrezzati per aiutare i tanti sfollati. Attraverso tali centri e altre strutture, che man mano si stanno rendendo disponibili, si stanno distribuendo generi alimentari, prodotti per l’igiene, acqua potabile, e prodotti per il riscaldamento; si sta fornendo assistenza sanitaria, supporto psicologico, accoglienza, anche alle persone anziane rimaste sole. Operatori e volontari sono mobilitati per trasportare le persone più vulnerabili in zone più sicure.

Caritas Italiana ha messo a disposizione 100.000 euro per i bisogni immediati e resta accanto alle Caritas in Ucraina e alla popolazione tutta. Ringrazia quanti stanno già sostenendo con generosità gli interventi umanitari in atto e rinnova l’appello alla raccolta fondi. Caritas Italiana ha anche accolto l’invito che la Presidenza della CEI ha fatto a tutte le Chiese che sono in Italia a unirsi in una corale preghiera per la pace e ad aderire alla Giornata di digiuno indetta da Papa Francesco per il prossimo 2 marzo, Mercoledì delle Ceneri, per la conversione dei cuori e per invocare il dono della pace.

Anche la Chiesa diocesana di Iglesias non rimane indifferente e fa appello affinché ognuno faccia la propria parte. Mentre si stanno valutando delle possibilità per eventuali accoglienze di profughi, anche nell’ipotesi di possibili “ricongiungimenti familiari” in senso lato (sono in corso contatti in merito con la rete Caritas) si invitano le comunità parrocchiali e ogni persona di buona volontà a dare il proprio contributo.

Le collette, personali e comunitarie (anche a livello parrocchiale), potranno essere versate sul seguente conto:

DIOCESI DI IGLESIAS – CARITAS DIOCESANA
Codice IBAN: IT 36 M 01015 43910 000000016779
Causale: “Europa/Ucraina”

Successivamente, la Caritas diocesana inoltrerà le cifre raccolte alla Caritas Italiana per gli interventi più urgenti.

La Caritas diocesana di Iglesias
28 febbraio 2022