L’assegno unico e universale: una prima valutazione

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Ampliando la platea dei beneficiari e sostituendo con una misura unica i diversi benefici preesistenti, come gli assegni familiari, il premio alla nascita, il bonus bebè e le detrazioni per i figli a carico, l’assegno unico e universale per le famiglie con figli è ormai in vigore da quasi sei mesi. Per tale ragione è possibile fare un primo bilancio di questa misura, nata per sostenere i nuclei familiari con figli, specialmente se in situazione di disagio economico.

Al 31 agosto sono state presentate 5.823.508 domande (il picco lo si è raggiunto a febbraio, con oltre 1.800.000). La maggior parte di queste è stata presentata direttamente dai cittadini (il 47,2%), il che fa ben sperare sull’alfabetizzazione informatica degli utenti e sull’accesso alle piattaforme digitali della burocrazia italiana; un altro 42,3%, invece, si è fatto assistere da un patronato.

L’assegno unico e universale è nato come misura volta a sostenere i nuclei familiari con figli, specialmente se appartenenti a famiglie con ISEE sotto i 15.000 euro. Per questo motivo è fondamentale un monitoraggio attento e costante della misura, soprattutto del rapporto tra beneficiari potenziali ed effettivi e degli importi erogati secondo le caratteristiche dei nuclei familiari. Un dato rilevante relativo ai beneficiari è proprio quello dell’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente del nucleo familiare): uno su cinque non ha indicato il valore, perché non ha ancora completato la procedura per la sua definizione o perché supera la soglia massima di 40.000 euro, oltre il quale il beneficio è costante.

Circa il 46% dei minori appartiene a nuclei con ISEE inferiore ai 15.000 euro, a cui spetta quindi l’assegno pieno; il 23% a nuclei con ISEE superiore ai 40.000 euro (o non indicato), e che hanno ricevuto quindi l’importo minimo di legge.

A parte alcuni dati assai prevedibili – come il fatto che le regioni con più domande sono state ovviamente la Lombardia e la Campania, vale a dire le più popolose d’Italia (oltre un quarto delle domande a livello nazionale sono state presentate in queste due regioni) – dall’Osservatorio dell’INPS emerge come in Sardegna siano state presentate in tutto 141.238 domande (il 2,4% di tutte le domande a livello nazionale), con un numero di figli per i quali è stato richiesto il beneficio pari a 208.201. In Sardegna l’importo medio mensile erogato dall’INPS è di 159,00 euro: un dato superiore sia all’importo medio nazionale (145,00 euro) sia a quello relativo alla ripartizione territoriale Sud e Isole (157,00 euro).

Al 31 maggio il rapporto tra potenziali beneficiari (ovverosia tutti i minori e i giovani con meno di 21 anni economicamente a carico dei genitori) e domande presentate era intorno all’80%. Risulta più significativo nel Mezzogiorno, con Sicilia e Calabria caratterizzate dal valore più elevato (89%), mentre nel Nord questa quota è più bassa, con un minimo (73%) in Liguria.

Prendendo come riferimento la popolazione residente in Sardegna di età tra 0 e 20 anni al primo gennaio 2022 (pari a 250.328) e rapportandola al numero di figli per cui è stato richiesto il beneficio (208.201) risulta che la platea dei potenziali beneficiari (italiani e stranieri) è stata coperta per l’83,2%.

Per il momento i dati diffusi dall’INPS mostrano il buon esito della misura. Ecco perché sarebbe molto importante rendere disponibili agli studiosi informazioni più dettagliate, che permettano analisi più complesse, ovviamente nel rispetto della privacy; anche al fine di studiare la relazione tra importo dell’assegno erogato, ISEE e ingresso per nascita nel nucleo familiare di un ulteriore figlio, così da capire se l’assegno è in grado di funzionare anche come incentivo alla natalità, specialmente nelle fasce economicamente più vulnerabili della popolazione italiana.

Raffaele Callia