In Somalia oltre un milione di sfollati interni in tempi record

Foto UNHCR

In circa 130 giorni più di un milione di somali ha lasciato la propria casa per raggiungere luoghi sicuri e lontani da conflitti armati, inondazioni devastanti (in alcune zone) e siccità gravissime (in altre). Molte di queste persone costrette alla fuga dalle regioni di Hiraan, nella Somalia centrale, da Gedo, nella Somalia meridionale, e dal confine con il Kenya, sono giunte in aree urbane sovraffollate e sotto stress per ospitalità già in corso di numerosi sfollati interni. Attualmente, sono oltre 3,8 milioni gli sfollati interni in Somalia, aggravando una situazione umanitaria già estremamente precaria, in cui circa 6,7 milioni di persone lottano ogni giorno per far fronte al proprio fabbisogno alimentare (oltre mezzo milione di bambini risultano gravemente malnutriti).

A denunciare la difficilissima situazione registratasi in Somalia è l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e il Consiglio Norvegese  per i Rifugiati (NRC). I dati a disposizione parlano di un esodo che nei primi 5 mesi di quest’anno è stato causato da violente inondazioni che hanno sommerso interi villaggi, costringendo alla fuga oltre 408.000 persone; da importanti siccità che hanno causato lo spostamento di oltre 312.000 persone; nonché da condizioni di profonda insicurezza e da conflitti armati negli scontri fra le fazioni in lotta nel Paese.

Secondo i dati del Protection and Return Monitoring Network, un progetto (guidato dall’UNHCR e attuato in collaborazione con il NRC) che fornisce informazioni sui rischi di sfollamento e protezione, nell’ultimo periodo questa è la terza volta che in Somalia si supera il milione di sfollati interni in un solo anno. Le due volte precedenti sono state registrate nel 2020 e nel 2022. A differenza degli anni passati, tuttavia, questa crisi si sta verificando all’inizio dell’anno, con 1 milione di sfollati a maggio prima che si affronti il difficile periodo di agosto/settembre.

Si tratta di una situazione allarmante, non conosciuta – e fatta conoscere – adeguatamente dai media internazionali. Come ha dichiarato il direttore nazionale del NRC per la Somalia, Mohamed Abdi, «alcune tra le persone più vulnerabili sono state costrette ad abbandonare il poco che avevano per andare verso l’ignoto. Con un milione di sfollati in meno di cinque mesi possiamo solo temere il peggio nei prossimi mesi, poiché in Somalia ci sono tutti gli ingredienti per una catastrofe pronta ad esplodere».

Non molto diverse sono le parole formulate da Magatte Guisse, rappresentante dell’UNHCR in Somalia: «I bisogni umanitari in Somalia continuano a crescere. Stiamo collaborando con le agenzie umanitarie per rispondere al meglio ma, con l’aumento di giorno in giorno delle persone sfollate, i bisogni sono impellenti. È una grande tragedia assistere all’impatto sulle persone più vulnerabili della Somalia. Sono tra i meno responsabili del conflitto e della crisi climatica, ma sono tra i più colpiti».

Il cosiddetto “Piano di risposta umanitaria per il 2023”, con cui è stato lanciato un appello per 2,6 miliardi di dollari per rispondere entro l’anno in corso ai bisogni primari di circa 8 milioni di somali (di cui circa 1,4 milioni di bambini sotto i 5 anni), rischia di essere già superato da una realtà emergenziale in continua evoluzione. D’altra parte, le Agenzie umanitarie al momento hanno ricevuto soltanto il 22% delle risorse volte a fornire l’assistenza necessaria.

Raffaele Callia