Dono per gli altri come vocazione

Anna Franca Manca, Coordinatrice diocesana dei Centri di ascolto

«La vocazione mi è stata trasmessa dai miei genitori e dai miei nonni, poi è maturata in età adulta; arriva già da quando si è bambini». Ne è convinta Anna Franca Manca, che, con un grande sorriso accogliente, ci racconta la sua chiamata al servizio degli altri.

Infermiera in pensione da qualche anno, attraverso la sua esperienza professionale ha imparato che ciascuno ha bisogno del prossimo e può farsi dono per gli altri. Oggi, anche grazie al servizio come Coordinatrice diocesana dei Centri di ascolto, ha maturato la consapevolezza che siamo tutti creature di un Amore grande. Ammette che non mancano i momenti di prova: «in questo fare per gli altri c’è anche la fatica, il turbamento e i dubbi, che però fanno crescere. Spendere la vita per gli altri – aggiunge – ti dà gioia nel cuore. Tutto questo si chiama carità».

Per Anna Franca è sempre il momento giusto per fare il bene: nella quotidianità per poterne apprezzare i frutti nel presente e nel futuro. «È inutile fare volontariato se poi in famiglia prevale l’arroganza e non l’amore che bisogna curare sempre, anche nelle relazioni intra-familiari». Per lei il prendersi cura degli altri è prendersi cura anche di sé; stare in relazione col prossimo dà l’opportunità di cambiare, migliorarsi e mettersi in gioco. Con l’arrivo della pensione ha potuto realizzare un desiderio che coltivava da tempo. «Mi sono avvicinata alla Caritas proprio per poter ascoltare le persone; il Centro di ascolto era il posto più adatto a me; sono sicura che bisogna sapersi ascoltare per poter ascoltare gli altri ed esserci per loro».

Durante la pandemia molti volontari anziani sono rimasti a casa per una comprensibile paura del contagio; lei ha accolto subito la loro fragilità ma non ha voluto chiudere il Centro perché era un momento delicato per tante persone che avrebbero chiesto una mano d’aiuto. «Non ero sola, alcune volontarie hanno continuato a prestare servizio con me; il resto del gruppo era comunque presente con la preghiera: ci sosteneva in questo modo». Nei momenti di stanchezza e sconforto capita che si senta scoraggiata, perché pretende che le cose siano fatte alla perfezione, ma poi si rasserena, anche al pensiero che il Signore le ha dato l’opportunità di aiutare il prossimo. «Lui per me ha fatto tanto. Lo penso crocifisso, morto per la mia salvezza; si è reso piccolo nell’Eucaristia, non lo posso tenere per me, lo devo dare agli altri. Tutto ciò che passa di bello in me è un dono che è giusto trasmettere».

Emanuela Frau