
«Mi addolora profondamente quanto accade nella Striscia di Gaza. Cessi immediatamente il fuoco! Si presti soccorso umanitario alla stremata popolazione civile e siano liberati tutti gli ostaggi». Sono alcune delle parole pronunciate domenica 11 maggio, a conclusione del Regina Caeli, dal nuovo pontefice Leone XIV, il quale, fin dal primo saluto dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro, ha fatto appello alla pace del Cristo Risorto, «una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante».
Il richiamo alla situazione di Gaza ripropone incessantemente la necessità di porre rimedio urgentemente alla tragedia umanitaria che si sta consumando in quella porzione di terra, in un clima di sostanziale indifferenza da parte della comunità internazionale. Si tratta di una catastrofe per l’intera umanità, un’onta che rimarrà indelebile e di cui le future generazioni ci chiederanno conto.
Nella Striscia di Gaza – che, è bene precisare, costituisce una exclave de iure dei Territori Palestinesi -, l’emergenza umanitaria si è ulteriormente aggravata nelle ultime settimane. Con una popolazione di oltre due milioni di persone, di cui una parte significativa composta da rifugiati, Gaza versa in condizioni disperate a causa del conflitto in corso, del blocco degli aiuti e dei conseguenti effetti sulla popolazione civile.
L’insicurezza alimentare si è tramutata ben presto in malnutrizione e inedia, divenendo fonte di enormi problemi soprattutto per le categorie più fragili, le quali dipendono per lo più dagli aiuti internazionali per la sopravvivenza.
Le infrastrutture di base sono al collasso. L’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari è limitatissimo, con fognature spesso a cielo aperto, aumentando così il rischio di epidemie. La fornitura di energia elettrica è intermittente, compromettendo il funzionamento di ospedali, impianti di desalinizzazione e altre infrastrutture vitali.
A causa dei continui bombardamenti, le strutture sanitarie sono sovraffollate, carenti di personale qualificato e di forniture mediche essenziali, essendo impedito qualsiasi accesso dall’esterno.
Le responsabilità in campo sono molteplici e complesse. Secondo il diritto internazionale, Israele, in quanto potenza occupante, ha la responsabilità di tutelare la popolazione civile di Gaza. In realtà le operazioni militari, le quali stanno provocando un elevato costo in termini di vite civili e distruzione di infrastrutture, continuano a sollevare interrogativi sulla proporzionalità e sul rispetto del diritto umanitario internazionale a cui nessuno sembra voler dare risposta.
D’altra parte anche Hamas, l’autorità de facto nella Striscia di Gaza dal 2007, con la sostituzione dei funzionari di Al-Fatah, oltre ad essere responsabile dei tragici fatti del 7 ottobre 2023, continua ancora a costituire una pesante ipoteca per il popolo palestinese, dando vita a stereotipi negativi sull’intera causa di quella popolazione.
Di fronte a questo scenario catastrofico sotto ogni profilo, non ultimo di carattere etico, è perentorio che tutte le parti in causa si assumano le proprie responsabilità per alleviare la sofferenza della popolazione civile; quella parte di popolazione che come al solito, senza volerlo, continua a pagare il prezzo più elevato di questa follia. Ciò si traduce necessariamente nella fine delle ostilità e nel rispetto inderogabile del diritto internazionale; nell’accesso agli aiuti umanitari senza ostacoli e nella ricerca di una soluzione politica giusta e duratura che affronti le cause profonde del conflitto. Come in ogni conflitto, in ballo c’è l’idea stessa di umanità.
Raffaele Callia