“Fuori dall’Ombra”. Un progetto della Caritas diocesana per “tornare alla luce” della speranza e dell’autonomia

“Fuori dall’Ombra” è un progetto della Caritas diocesana che, in poco più di un anno dal suo avvio, prova a ridefinire concretamente il concetto di persona senza dimora, annoverando in esso non solo le persone che non possiedono un’abitazione, ma anche coloro che non possono contare su un ambiente di vita o un luogo di sviluppo delle relazioni affettive.

Quello delle persone senza dimora è certamente un fenomeno complesso che invita le varie iniziative caritative, ed anche le espressioni pastorali, ad operare in sinergia col sistema dell’accoglienza presente sul territorio, ad iniziare dalla Casa di prima accoglienza “Santo Stefano” e dal Dormitorio cittadino, entrambe opere-segno promosse dalla Caritas diocesana di Iglesias. Due servizi essenziali della Chiesa diocesana che si collocano all’interno di una rete di proposte capace di aumentare e di rendere più efficaci le iniziative di solidarietà e prossimità in favore delle persone in condizione di estrema precarietà. Questo è ciò a cui tende il progetto: sviluppare l’aspetto pratico dell’abitare educativo, consentendo di far vivere esperienze di lenta riabilitazione con l’ausilio di contesti di tipo formativo e professionalizzante.

È noto come in questo campo la formazione, sotto forma di esperienza pratica, possa divenire un mezzo privilegiato per realizzare uno spazio di maggiore autonomia di vita e di più consapevole orientamento dei percorsi personali. Verifichiamo, ad esempio, che l’inserimento lavorativo, caratterizzato da un solido accompagnamento socio-educativo, consente alle persone senza dimora, di sperimentare comportamenti ed in misura maggiore competenze adeguate a quegli spazi che costituiscono il campo privilegiato di riabilitazione e di integrazione.

Così, le persone che precipitano, o stazionano, nelle soglie dell’invisibilità devono poter disporre di percorsi che possano riattivare autoefficacia, evitando in questo modo le forme di cronicità, contraltare di smarrimento e di perdita di identità.

Date tali premesse è sembrato importante poter promuovere – in primo luogo in favore degli ospiti della Casa di prima accoglienza e del Dormitorio – delle piccole esperienze di impegno socio-lavorativo, svolte principalmente presso il fondo agricolo degli “Orti Solidali di Comunità”, in modo tale da consentire alle persone destinatarie del progetto di poter recuperare (e riconoscere) dall’esperienza personale competenze utili da investire per nuovi traguardi di vita.

L’obiettivo di fondo è dunque quello di accompagnare processi generativi, mediante l’attivazione di misure e attività, finalizzate a profilare percorsi di emancipazione da condizioni umane di forte insicurezza sociale. Questo fattore costituisce il momento decisivo sul quale “Fuori dall’Ombra” scommette tutto il suo percorso educativo, costruito laboriosamente insieme ad operatori e volontari. Tra le varie misure del progetto una delle più qualificanti è di sicuro quella riguardante il servizio diurno che rende possibile l’ospitalità a coloro che, accolti al dormitorio per la notte, durante la giornata non hanno luoghi in cui sostare. “Fuori dall’Ombra” ha scelto di investire sul recupero di una struttura che, a breve, potrà accogliere queste persone durante il giorno, affiancandole in percorsi di impegno, e promuovendo per loro pratiche di coabitazione orientate all’autonomia.

Attorno a queste prerogative si è modellato un percorso di intervento articolato in una serie di misure e di iniziative che aspirano a restituire identità e protagonismo a persone altrimenti destinate irrimediabilmente all’anonimato e all’invisibilità.

La prima ed importante iniziativa del progetto ha riguardato la strutturazione di una équipe di progetto che consentisse di procedere, in modo trasversale e sinergico, tra le diverse progettualità che in questo momento figurano sotto la responsabilità della Caritas diocesana di Iglesias. Tale gruppo di operatori è maturato all’interno della Caritas tra coloro che già in precedenza si erano resi protagonisti di iniziative di accompagnamento in seno ad altri progetti finanziati con fondi 8xmille. In particolare si è ritenuto indispensabile rendere eterogeneo un gruppo di lavoro, valutandone competenze e capacità di tipo personale, professionale e motivazionale. Da questi presupposti è nata un’équipe che sulla progettualità in oggetto conta oggi cinque operatori: due psicologi, un’educatrice, un formatore e una esperta nelle tematiche della finanza etica.

Ognuno di loro ha avuti assegnati aree e compiti di lavoro, in cui ci si è potuto muovere prioritariamente, ma non in modo esclusivo. Il modello organizzativo prevede una orizzontalità di confronto e scambio tra i vari operatori. Gli incontri e le sessioni di lavoro procedono a cadenza regolare, con degli appuntamenti settimanali e con un coordinamento esecutivo che consente al progetto, nella sua varia articolazione, di procedere in modo costante e progressivo. I medesimi operatori dell’équipe sono impegnati nella gestione e del “Punto famiglia” e del “Centro diurno”, elementi integranti di un progetto che è solo agli inizi e di cui si attende una crescita colma di speranza.

Simone Cabitza

“Orti solidali di comunità”. Molto più di un progetto di agricoltura sociale

È riduttivo definire “Orti Solidali di Comunità” un progetto di agricoltura sociale. Il progetto è molto di più. Anzitutto è il campo di applicazione di metodi e contenuti di carattere socio-educativo. Il progetto si propone di avere cura in senso integrale delle persone che hanno scelto di prenderne parte, provando a dare risposte a bisogni complessivi, nel contempo non rinunciando ad offrire aiuti concreti.

Si può legittimamente affermare che il progetto è fortemente promozionale delle persone e delle loro famiglie; un progetto che dialoga con diversi altri enti caritativi del territorio, intra ed extra ecclesiali, decidendo di optare, ad esempio, sul conferimento delle eccedenze del lavoro agricolo ad enti, servizi, opere solidali presenti in città.

A parte questo, “Orti Solidali di Comunità” si definisce nella progettualità socio-pastorale e s’inserisce a pieno titolo nelle iniziative di contrasto alla povertà, muovendo da una prospettiva che è insieme solidale – e non assistenziale – e di valorizzazione dei requisiti di protagonismo personale, per cui non ripiegato sull’aiuto, ma con l’obiettivo ambizioso di restituire dignità alle persone, attraverso gli strumenti della professionalizzazione e dell’empowerment individuale.

In un terreno di circa 3 ettari di proprietà del Seminario diocesano, in località Monti Santu ad Iglesias, va avanti, ormai da due anni, questa bella iniziativa della Chiesa diocesana, su cui la Caritas ha voluto fare un investimento, attraverso i fondi CEI 8xmille, ma soprattutto ha voluto esaltarne i motivi pastorali, progettando un intervento che accoglie persone in difficoltà, o in condizione di vulnerabilità, consentendo ad esse di venire accompagnate in un percorso di lavoro nel settore orticolo, e riconoscendo loro di essere sostenute nei bisogni immateriali e intrinseci, mediante un rigoroso affiancamento educativo, tratto integrante e qualificante del progetto.

Oggi “Orti Solidali di Comunità” è in fase di completo consolidamento, sia per quanto riguarda gli aspetti di produzione, che conta ragguardevoli quantitativi di ortaggi raccolti dagli operatori impegnati sul campo, sia per quanto riguarda gli sviluppi che il progetto sperimenta nel modello organizzativo e del lavoro, aperto ad ulteriori migliorie infrastrutturali, così come a più puntuali interventi in ordine all’educativa che gli è propria.

Il progetto, ormai da tempo, ospita stabilmente un numero non esiguo di operatori-beneficiari. Notiamo in loro, nel rapporto quotidiano, un avanzamento delle prerogative personali. Certamente il lavoro, questo particolare lavoro, svolto a contatto con la terra e la natura, si sta rivelando funzionale a rafforzare requisiti di salute. È di grande incoraggiamento per noi il fatto di poter ricavare dal frutto del lavoro prodotti alimentari che vengono serviti nelle tavole delle famiglie dei beneficiari. Questo aspetto ci consente di riconoscere ad “Orti Solidali di Comunità” il merito di provvedere, anche se in minima parte, al sostentamento di chi è occupato al suo interno.

Il progetto è per sua natura inclusivo e ricettivo, nel senso che in questi anni è riuscito a raccogliere intorno a sé un buon numero di collaboratori e simpatizzanti che oggi permettono di proiettare in avanti l’operatività e gli itinerari educativi, come percorsi differenziati, plurali ed individualizzati, pertanto più efficienti, tesi a risultati certificabili, pur sempre in linea con quell’essenza che richiama il valore evangelico del nostro agire.

Per concludere, vorremmo invitare individui e comunità parrocchiali a conoscere ancor meglio il progetto degli “Orti Solidali di Comunità”, venendoci a trovare ad Iglesias presso il luogo dove esso si svolge, per apprezzarne direttamente prassi, approcci e modi d’intervento.

Simone Cabitza

L’Emporio della Solidarietà. Un servizio della comunità per far fronte ai bisogni alimentari

L’Emporio della Solidarietà è un discount sociale promosso dalla Caritas diocesana ed operativo ad Iglesias, in via Crocifisso 97, dal giugno del 2016. Il servizio nasce grazie alla collaborazione del Coordinamento cittadino degli organismi socio-assistenziali di natura ecclesiale (coordinato dall’Ufficio pastorale della Caritas diocesana): le Caritas parrocchiali, il Volontariato vincenziano cittadino, il Terz’Ordine francescano della Chiesa conventuale di San Francesco e Sodalitas. Il progetto dell’Emporio prevede il conferimento di prodotti distribuiti non con pacchi già predisposti; sono i beneficiari, infatti, dopo esser stati ascoltati dagli operatori dei Centri di almeno una delle realtà aderenti al progetto, a scegliere secondo le proprie necessità, come in un vero negozio. Non si paga con denaro ma attraverso una carta personale che contiene dei crediti, attribuiti in base a diversi parametri, fra cui l’ampiezza del nucleo familiare; la tipologia, l’intensità e la durata del disagio; l’ISEE e altri indicatori. La carta magnetica è personale ed è identificata attraverso un codice. I dati raccolti dai Centri della rete del Coordinamento confluiscono in un database che permette immediatamente di capire chi si è rivolto ai vari servizi territoriali, compreso l’Emporio, evitando duplicazioni di interventi e, in prospettiva, promuovendo un percorso di liberazione dal bisogno.

Oggi, questo particolare servizio, presta aiuto a 306 persone beneficiarie, accreditate mediante il sistema della tessera a punti. Il servizio ha potuto contare fino ad ora sul contributo operoso di un buon numero di persone, tra volontari ed operatori, senza i quali non sarebbe possibile far fronte ai diversi aspetti di tipo organizzativo e di accompagnamento umano per un progetto così complesso.

Il servizio dell’Emporio ha origine, e si innesta del tutto naturalmente, nella progettualità socio pastorale diocesana. Attualmente, a distanza di tre anni dalla sua apertura, una duplice fase ne contrassegna il momento, da una parte di consolidamento dell’operatività, dall’altra di ampliamento delle prerogative pedagogiche delle sue prassi. In questo secondo caso ci si riferisce agli interventi di tipo educativo e di accompagnamento, i quali, benché prospettati e presenti fin dagli esordi, sono ritenuti oggi ancora più importanti ai fini del cambiamento auspicabile nei beneficiari del servizio.

A tal fine si è costituita un’équipe di lavoro, formata da specifiche professionalità, che si fa carico, in una logica di intervento integrato con tutti i soggetti coinvolti nelle forme d’aiuto collegate alla Caritas diocesana, di affiancare coloro che domandano aiuto. Tramite il lavoro educativo e la relazione con l’altro, l’équipe vuol provare ad incidere su quei fattori che stanno alla base delle difficoltà vissute dalle persone, spostando l’attenzione dal piano delle richieste al piano dei bisogni.

La prospettiva del bisogno, assunta a livello educativo, si colloca in un ambito di azione che sceglie di esplorare i motivi intrinseci non di rado anticipatori di disagio e povertà. Così, la richiesta portata dal singolo, o dalla famiglia, è valutata dall’équipe educativa attraverso colloqui volti ad approfondire le condizioni generali, personali ed ambientali di chi si accosta ai servizi caritativi.

L’intervento che si determina interessa la dimensione del cosiddetto “bilancio del capitale immateriale familiare”, con cui si vuole valutare, con la stessa attenzione, indicatori di criticità e risorse possedute dalle famiglie. Su questa linea di lavoro scaturisce il “piano familiare”, una sorta di carta di corresponsabilità che impegna i singoli su obiettivi possibili, da cui partire per inscrivere nella vita di tutti i giorni nuovi codici di comportamento e di condotta.

La realtà di questo lavoro sta portando alla luce una realtà umana smaniosa di intraprendere percorsi di emancipazione dall’aiuto, ridefinendo in sé risorse, abilità e progettualità di vita. Da queste intenzioni è nata la proposta educativa del progetto, che dialoga col servizio dell’Emporio, completandone idealmente l’itinerario di intervento. Siamo dunque ad una vera e propria fase 2.0 del progetto sia sotto il profilo logistico (passare dal conferimento dei viveri confezionati al recupero dei prodotti freschi e più in generale dell’invenduto) sia sotto il profilo educativo (creando connessioni fra le varie progettualità Caritas, i servizi ecclesiali e quelli istituzionali presenti nel territorio). Una fase delicata e importante, che vedrà impegnata la Caritas diocesana con rinnovata passione e determinazione a servizio dei poveri.

Simone Cabitza

L’impegno dell’Area Immigrazione per i fratelli stranieri

Il Centro d’ascolto “Il Pozzo di Giacobbe” è denominato così perché fa riferimento all’episodio in cui Gesù incontra la Samaritana. Coloro che giungevano dalla Samarìa erano considerati “stranieri”, “barbari”, “impuri” per un giudeo. Ne Vangelo si racconta che Gesù diede scandalo per il suo atteggiamento accogliente verso una persona che, secondo la mentalità del tempo, avrebbe dovuto respingere. La Caritas, e dunque la Chiesa, desidera seguire l’esempio di Gesù e intende contrastare l’atteggiamento alquanto ostile di molta parte della società del nostro tempo nei confronti dello straniero.

L’impegno della Caritas diocesana nel servizio a favore dei migranti risale a molti anni fa, quando sia con le accoglienze ordinarie alla Casa Santo Stefano sia con i percorsi di ascolto e accompagnamento dei detenuti stranieri, si cominciò ad offrire una specifica attenzione nei loro confronti. Un’esperienza assai significativa fu quella del 2011, quando si presentò l’occasione di accogliere un gruppo di 9 Somali inseriti nel Progetto ENA (Emergenza Nord Africa).  L’esperienza si rivelò positiva non solo per i migranti ma anche e soprattutto per gli operatori della Caritas, che a vario titolo s’impegnarono nel servizio, mettendo in pratica le parole del Vangelo: “Ero straniero e mi avete accolto” (Mt. 25,35). Anche grazie a quell’esperienza sono caduti molti pregiudizi e si è rafforzata la consapevolezza che siamo tutti esseri umani, a prescindere dal colore della pelle.

Dopo quella prima esperienza, proprio quando si ventilava la chiusura della Provincia di Carbonia-Iglesias e con essa del suo Centro Servizi per l’Immigrazione, la Caritas diocesana non ha voluto far mancare un servizio a favore dei migranti presenti nel territorio, istituendo, grazie a un progetto finanziato dalla Caritas Italiana (con Fondi CEI 8xmille) un primo Centro d’ascolto espressamente dedicato a loro (“Il Pozzo di Giacobbe”). Per una persona che, dopo una tragica esperienza di viaggio, arriva in un Paese straniero di cui non conosce la lingua, gli usi e i costumi, è motivo di conforto e di speranza trovare un luogo in cui esprimere i bisogni, l’ansia per le condizioni precarie, i progetti per il futuro.

L’impegno della Caritas non è, come talvolta si crede, quello di fare semplicemente la carità. Anche quello, certo, ma si tratta, soprattutto, di accogliere il migrante, accompagnarlo in un percorso di vita, fornirgli gli strumenti per raggiungere una completa autonomia. Compito non semplice, ma essenziale. L’ascolto è solo la prima fase dell’accoglienza. Una volta individuati i bisogni si devono mettere in campo le strategie adeguate per accompagnare la persona, senza però sostituirsi ad essa. Bisogna innanzitutto favorire l’apprendimento della lingua, con l’iscrizione ai corsi di l’alfabetizzazione, guidare il migrante nelle pratiche burocratiche (permesso di soggiorno, carta d’identità, tessera sanitaria, codice fiscale, ecc.) e talvolta sostenerlo nella ricerca di un alloggio. In casi di estrema necessità, la Caritas diocesana può offrire una breve ospitalità nella Casa di prima accoglienza “Santo Stefano” e un riparo notturno per i senza tetto nel Dormitorio attiguo. Queste strutture, insieme al Centro d’ascolto per stranieri e alle altre “opere-segno” presenti nella Diocesi (come, ad esempio, l’Emporio della Solidarietà), sono affidate quasi esclusivamente al servizio gratuito dei volontari che provengono dalle varie Parrocchie della Diocesi. È importante, infatti, che tutta la comunità cristiana sia parte attiva nella costruzione di un mondo migliore, divenendo accogliente e solidale nei confronti degli “ultimi”, come sempre ci ricorda Papa Francesco.

Caterina Moro

Diocesi di Iglesias. Indicazioni del Vescovo per vivere personalmente e comunitariamente la Terza giornata mondiale dei poveri

Nella luce dell’Anno Santo della Misericordia è ormai il terzo anno che il Papa invita tutta la Chiesa, nella XXXIII domenica del Tempo Ordinario (quest’anno il prossimo 17 novembre), a celebrare con intensità la Giornata Mondiale dei Poveri.

Voglio perciò esortare ogni battezzato e ogni Comunità cristiana della nostra Diocesi a lasciarsi coinvolgere con impegno nella riflessione, nella preghiera e nella solidarietà per i poveri e con i poveri, guidati dal Messaggio di Papa Francesco sul tema “La speranza dei poveri non sarà mai delusa” (Salmo 9/10).

Siamo chiamati come Chiesa nella vita ordinaria di ogni giorno ad imitare l’ascolto attento e pieno di amore di Dio per i poveri. Siamo chiamati ad avere una attenzione d’amore verso ogni povero, perché nessuno di loro abbia a perdere la speranza nella salvezza.

In questo impegno a seminare speranza nei fratelli sperimenteremo anche noi l’amore di Dio: “I poveri ci salvano perché ci permettono di incontrare il volto di Gesù Cristo” (Messaggio, n.9).

Si sviluppi una particolare attenzione ai temi suggeriti dal Messaggio del Papa, in particolare nelle celebrazioni eucaristiche di sabato 16 e domenica 17, e nelle diverse iniziative che ogni Comunità potrà realizzare.

Vi esorto ad accogliere i suggerimenti e le proposte che la Caritas diocesana, l’Ufficio Catechistico e l’Ufficio Liturgico hanno pensato per questa III Giornata Mondiale dei Poveri.

È importante che tutti prendiamo consapevolezza della realtà della povertà nella sua complessità, anche attraverso il servizio di quanti ascoltano e osservano sistematicamente il disagio dei nostri fratelli. A questo proposito segnalo che la Delegazione regionale della Caritas, l’11 novembre p.v., presenterà a Sassari il “Report su povertà ed esclusione sociale in Sardegna 2019” (disponibile da quel giorno sul portale www.caritassardegna.it).

Invito anche caldamente a conoscere meglio alcuni fra i tanti servizi caritativi presenti in Diocesi, sorti dalla collaborazione tra la Caritas e le comunità parrocchiali. Alcuni di essi rimarranno aperti in determinati orari per consentire, attraverso il dialogo con i volontari presenti, di “venire e vedere”, secondo l’esortazione evangelica.

Mi auguro che la nostra Chiesa viva al meglio questa III Giornata Mondiale per i Poveri e possa crescere nella testimonianza della carità e nell’esperienza dell’amore di Dio, a cui siamo chiamati nella fede del nostro Battesimo.

+ Giovanni Paolo Zedda

Materiali utili per la Giornata
Il testo del messaggio del Papa
La Scheda sugli aspetti liturgici, a cura dell’Ufficio liturgico diocesano
Le iniziative promosse nella Diocesi di Iglesias

In osservazione del disagio. Il prezioso servizio dell’Osservatorio diocesano delle povertà e delle risorse (OPR)

L’Osservatorio delle Povertà e delle Risorse (OPR) nasce sulla base della sollecitazione emersa nel corso del secondo Convegno ecclesiale nazionale (Loreto 1985) ed ha, quindi, una funzione esplicitamente pastorale. È uno strumento della Chiesa diocesana affidato alla Caritas, quale “strumento a disposizione della Chiesa locale, per: aiutare la comunità cristiana a osservare sistematicamente le situazioni di povertà, di disagio, di emarginazione, di esclusione presenti sul territorio e le loro dinamiche di sviluppo rivolgendosi, in modo comunicativo, alla comunità ecclesiale e all’opinione pubblica, favorendo il coinvolgimento e la messa in rete dei diversi attori sociali impegnati sul territorio; verificare ed approfondire l’utilizzo delle risorse e stimolare eventuali proposte di intervento”. (Cei, Nota pastorale “La Chiesa in Italia dopo Loreto”, 1985).

Destinataria principale del lavoro dell’OPR è l’intera comunità cristiana, nell’ottica della «prevalente funzione pedagogica» della Caritas. Tale funzione è finalizzata all’acquisizione della consapevolezza che la testimonianza della carità da parte della comunità nel suo insieme, va tradotta in vita vissuta con la disponibilità e il servizio, la prossimità e l’ospitalità, il dono di sé e dei propri beni, l’attenzione alle necessità del vicino di casa come ai grandi problemi del mondo, la passione per la pace e la giustizia.

L’OPR intende offrire alle comunità locali degli strumenti di analisi perché la carità cristiana non si esaurisca nell’elemosina ma comprenda la conoscenza delle cause della povertà e delle risorse disponibili sul territorio per contrastarle, la promozione, a livello locale, di eventuali servizi specifici o iniziative di aiuto. L’Osservatorio si rivolge anche alla comunità civile, cercando di offrire il contributo della propria conoscenza per il miglioramento dell’offerta dei servizi e per l’individuazione delle priorità degli interventi.

Un interlocutore privilegiato dell’OPR è rappresentato dalle Parrocchie: da valorizzare, per la ricchezza e l’unicità del punto di vista che potenzialmente possono assumere rispetto al proprio territorio e alle povertà che la stessa può esprimere e al contempo arginare; da coinvolgere, perché assumano consapevolezza di questo loro ruolo privilegiato e crescano nella “abilità” di leggere il proprio territorio, per cercare di avere una conoscenza concreta, puntuale e coraggiosa delle condizioni di difficoltà e di bisogno esistenti all’interno della vita della comunità. L’intento non è un semplice monitoraggio dei bisogni da assistere, ma lo sforzo di comprendere le persone con problemi, l’esame dei fenomeni di emarginazione ed esclusione e le relative cause, le sfide socio-culturali, i meccanismi di insensibilità ed egoismo individuale e collettivo.

Anche la nostra Caritas diocesana si è dotata di questo strumento pastorale (lo compongono la scrivente unitamente a delle giovani volontarie): un primo risultato è stata  la pubblicazione, lo scorso anno, del primo Rapporto diocesano sulle povertà, presentato nella sala polifunzionale del Comune di Carbonia, il 30 novembre 2018.

Il documento, elaborato utilizzando principalmente i dati dei Centri di Ascolto (CdA) diocesani e parrocchiali riferiti all’anno precedente, offre uno spaccato delle situazioni di povertà ed emarginazione presenti nel territorio diocesano. Dopo un’analisi dei principali dati socio-anagrafici delle persone che si sono rivolte ai CdA (numero di persone ascoltate, età e genere, livello di istruzione, situazione occupazionale…), il documento analizza le richieste ricevute e gli interventi effettuati, ma soprattutto i bisogni rilevati dagli operatori durante l’ascolto, che fanno spesso emergere situazioni di difficoltà e di disagio inespresse ma non per questo meno dolorose. Così, se le richieste hanno riguardato principalmente beni e servizi materiali, e sussidi economici, alla povertà materiale di cui sono espressione si accompagnano spesso problemi derivanti dalla perdita o dalla mancanza di lavoro, problemi familiari, problematiche abitative e/o sanitarie. Per questo, gli interventi effettuati, pur dando risposte alle richieste più pressanti, hanno riguardato anche il coinvolgimento di enti e/o parrocchie, l’orientamento verso servizi specifici, pubblici o privati, l’offerta di consulenze professionali; insomma una presa in carico globale ed un accompagnamento verso una responsabilizzazione e promozione della persona.

Il rapporto può costituire un utile strumento per capire il nostro “qui e ora”; quali segnali provengono dal nostro territorio oggi e quali problemi sarà chiamata ad affrontare la nostra società domani, prima che diventino emergenze.

Poiché l’attività di osservazione va considerata come metodo pastorale ordinario e sistematico di approccio alle realtà, l’Osservatorio costituisce uno strumento in continua evoluzione, da migliorare ed affinare continuamente, in modo da costituire uno strumento sempre più utile ai fini pastorali per i quali è nato.

Maria Marongiu

“Inspire to change”. La Caritas incoraggia la riflessione e il volontariato tra i giovani studenti

Le numerose problematiche sociali e culturali che l’attuale società ci propone ogni giorno ci portano inevitabilmente a dover trovare risposte sempre più concrete e a cercare nuove soluzioni. Non sempre però si trovano giovani che dedicano la loro attenzione al mondo che gli circonda e a come certe scelte o indifferenze possano poi essere dannose per il futuro.

Nel rapporto diocesano sulle povertà presentato nel 2018 viene rilevato proprio l’aumento della povertà fra i giovani. Questa povertà non è solamente materiale ma ha una struttura multidimensionale che si riflette sulla cultura civica anche dei più piccoli: povertà di educazione alla cittadinanza, a fronte di crescenti fenomeni di devianza e di illegalità diffusa; povertà morale e di senso, col crescere di fenomeni quali il suicidio; povertà affettivo-relazionale, analfabetismo emotivo.

Da qui nasce il nostro progetto “Inspire to change”, uno strumento che riconoscendo la necessità di sensibilizzare gli studenti delle scuole primarie e secondarie rispetto ai temi della cittadinanza attiva, all’interiorizzazione, al rispetto delle regole, all’educazione alla mondialità e alla pace, al rispetto e al valore del nostro prossimo e alla solidarietà, vuol stimolare la curiosità all’informazione su ciò che ci circonda, alla conoscenza della diversità presente nel mondo, della sua ricchezza e di come, anche se tutte diverse, le persone siano tutte uguali, in modo da arricchire la propria cultura all’impegno del bene comune e al saper vivere in comunità con solidarietà. Quella solidarietà, basata sulla comune appartenenza all’umanità, che esprime in concreto il sentimento di fraternità, creando anche un’importante funzione pedagogica attraverso il gioco e l’azione. I nostri animatori si sono formati in precedenza attraverso l’esperienza in servizio civile, abbracciando i valori dell’obiezione di coscienza e della cittadinanza attiva. E ad oggi la loro formazione continua. Prendendo spunto dalla famosa frase di Gandhi “Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” ci auguriamo che attraverso la nostra missione di riflessione i nostri giovani crescano con consapevolezza e determinazione per il loro futuro.

Elena Sanna

Caritas “in-formazione”. Caritas diocesana e proposte formative per le Foranie della Diocesi (anno 2019-2020)

Fin dall’inizio del suo pontificato Papa Francesco ha esortato tutti noi ad essere “Chiesa in uscita”. È questo uno dei motivi principali che ha spinto i componenti dell’équipe della Caritas diocesana a intraprendere un cammino verso il territorio della nostra Diocesi, offrendo in primo luogo un supporto formativo alle Parrocchie per far nascere la Caritas parrocchiale qualora non ci fosse o dare nuovi impulsi alle Caritas parrocchiali esistenti. In questo percorso formativo sono invitati anche gli altri gruppi caritativi esistenti nelle varie comunità parrocchiali, così come qualsiasi operatore pastorale che voglia approfondire e capire meglio che cosa fa la Caritas, come agisce e per conto di chi agisce, quale sia il metodo, chi sono e cosa fanno gli operatori pastorali della carità.

La formazione costituisce un elemento essenziale, non accessorio, della testimonianza della carità. Ad essa si deve fare riferimento prima di intraprendere qualsiasi progetto e nello stesso tempo non si può e non si deve fermare solo alla fase iniziale, dovendo considerarsi costante e permanente.

La formazione permette di promuovere la crescita umana e un adeguato stile di servizio delle persone e dei gruppi che intendono impegnarsi nel servizio caritativo. Nello stesso tempo genera una conoscenza diretta del “Vangelo della carità” e una diversa consapevolezza anche in termini di fede, in particolare nel dare compimento al comandamento dell’amore in senso cristiano (cfr. Gv, 13,34).

La Caritas sperimenta quindi un tipo di formazione che integra, alimenta ed è alimentata dalla sua azione pastorale di promozione della testimonianza comunitaria della carità. È quindi un elemento costitutivo della (e nella) vita della Chiesa, che integra la dimensione dell’annuncio e della lode a Dio. Dimensione essenziale, dunque, nella misura in cui è in grado di esprimere e realizzare la sua prevalente funzione pedagogica: aiutare tutta la comunità a testimoniare l’amore di Dio, promuovendo la promozione integrale della persona (di tutta la persona e di tutte le persone), la pace e la giustizia sociale.

Per aiutare le Caritas parrocchiali (organismo pastorale istituito per animare la comunità parrocchiale) a vivere la testimonianza della carità non solo come fatto privato ma soprattutto come esperienza comunitaria, la Caritas diocesana organizza, per l’anno pastorale 2019-2020, degli itinerari formativi (“corsi base”) da realizzarsi nel territorio delle quattro Foranie della Diocesi:

  • Forania di Iglesias, novembre a dicembre 2019;
  • Forania di Carbonia, da gennaio a febbraio 2020;
  • Forania di S. Antioco, da febbraio a marzo 2020;
  • Forania del Sulcis, da aprile a maggio 2020.

Si invitano pertanto le Parrocchie, ed in particolare i Parroci (di diritto, presidenti delle Caritas parrocchiali) a cogliere in modo propizio questa occasione formativa, dando in tempo utile la propria adesione direttamente alla Caritas diocesana (chiamando al numero 0781.33999 o scrivendo all’indirizzo segreteria@caritasiglesias.it).

L’équipe formatori della Caritas diocesana di Iglesias

“Ascoltare chi ha bisogno di aiuto per servire la patria”. Fare Servizio civile nei Centri di ascolto della Caritas diocesana

Siamo Sara, Laura, Giuseppe e Giacomo e prestiamo Servizio civile presso la Caritas diocesana di Iglesias. Facciamo parte del progetto “Parlami, ti ascolto”, che opera presso due Centri d’ascolto della Caritas: uno ad Iglesias, chiamato “Marta e Maria”, situato presso via della Decima 4; l’altro a Carbonia, chiamato “Madonna del Buon Consiglio” e situato in via Satta. In entrambi i casi, i Centri d’ascolto hanno la stessa funzione di aiuto, sostegno e accompagnamento delle persone in difficoltà.

Insieme verso un obiettivo comune: aiutare gli altri

Il Servizio civile nazionale è un’opportunità che viene offerta ai giovani di età compresa fra i 18 e i 28 anni. Si tratta principalmente di un anno di formazione basato su alcuni principi fondamentali, come la difesa della patria in maniera non armata, l’educazione ai valori della solidarietà e la partecipazione alla cittadinanza attiva: un anno durante il quale si acquisiscono maggiori consapevolezze e si riflette sulla propria persona e sul proprio futuro, di conseguenza, a conti fatti, ognuno gli attribuisce il proprio significato personale. Ognuno di noi sta vivendo in modo particolare questa esperienza, di cui vorremmo dare testimonianza.

Sara racconta…

Mi chiamo Sara, ho 19 anni, vivo ad Iglesias e mi sono diplomata presso il Liceo linguistico l’anno scorso. Ho iniziato la mia esperienza al Centro d’ascolto di Iglesias il 15 gennaio. La decisione di intraprendere questo percorso è nata dalla curiosità, ma anche dal desiderio di mettermi in gioco e rendermi utile. Ho sempre avuto tante aspettative in merito al Servizio civile e al mio percorso all’interno di esso. È ovvio che quando s’inizia un’esperienza si è diversi; quando si va avanti alcune cose cambiano. Durante i primi mesi di servizio ho avuto modo di conoscere i volontari degli altri progetti, ma soprattutto la mia compagna di viaggio, Laura, con la quale ho instaurato un legame non solo collaborativo ma anche di amicizia. Accompagnate da volontarie più esperte, abbiamo sperimentato l’ascolto “silente”, un tipo di ascolto secondo il quale mentre l’interlocutore parla, l’ascoltatore, più che sulle risposte, si concentra sulle parole dell’altro e sull’osservazione dello stato d’animo della persona che si ha di fronte. Potrebbe sembrare banale ma in realtà l’ascolto silente insegna tanto; infatti, molto spesso, presi dalla voglia di dare una risposta all’altro non ascoltiamo, ci limitiamo a sentire e a rispondere superficialmente. Posso dire che questo tipo di ascolto mi ha insegnato tanto non solo in funzione del mio servizio ma anche per la mia vita privata: mi ha insegnato a non avere fretta di rispondere, a meditare, ad osservare ma anche ad affrontare la paura che si ha prima di iniziare una nuova esperienza: quella di non trovare le parole giuste o, peggio, non riuscire a conversare con la persona e non saper contenere le emozioni di fronte a determinati casi. Quando abbiamo iniziato gli ascolti ho capito che in realtà le conversazioni con gli utenti vengono in modo naturale, ma anche che saper contenere le emozioni è difficile di fronte a certi casi, in quanto questo tipo di servizio richiede tanta empatia. Sono giunta ormai a metà percorso e riassumerei ciò che ho imparato in questi mesi con la regola della Caritas “cuore caldo e mente fredda”, che sostanzialmente significa sii empatico ma anche razionale: accogli l’altro nel miglior modo possibile, fatti carico prima dei suoi bisogni e poi delle sue richieste senza fretta, fallo non solo usando il cuore ma anche la mente. 

Laura racconta…

Mi presento: sono Laura e ho 23 anni. Abito ad Iglesias e sono diplomata al Liceo artistico della mia città. Svolgo Servizio civile in Caritas presso il Centro d’ascolto “Marta e Maria” con la mia collega Sara. Ho deciso di intraprendere questo percorso per maturare e ampliare la mia visione personale sulla situazione della popolazione della mia città, capirne i veri bisogni e cercare di dare una mano ad essa. Nell’arco dei primi mesi abbiamo affrontato le lezioni di formazione, durante le quali ho avuto modo di conoscere e di lavorare in gruppo nelle varie attività con i ragazzi degli altri progetti della mia città e non solo. Nel quotidiano ho imparato il lavoro di squadra con la mia collega, svolgendo le varie mansioni del nostro Centro d’ascolto, tra cui la compilazione delle schede sia cartacee che sulla piattaforma online Ospoweb. Gli ascolti degli utenti del nostro Centro, dapprima silenti durante i primi mesi di formazione, si sono via via trasformati in vere e proprie conversazioni con le persone. Penso di aver cambiato e ampliato la mia visione sulla situazione della popolazione della mia città, capendo quanto disagio e sconforto si possano nascondere dietro a un sorriso; ma anche la difficoltà di saper leggere quanto si nasconde dietro al volto delle persone. Sono felice del rapporto con la mia collega, maturato in questi mesi, durante i quali abbiamo scoperto di avere molte passioni in comune: è nata così una splendida amicizia che ci accompagna anche fuori dalle nostre ore di servizio.

Giacomo racconta…

Ho 23 anni e sono di Iglesias. Ho iniziato il mio percorso di servizio civile il 15 Gennaio 2019 presso il Centro d’ascolto “Madonna del Buon Consiglio” a Carbonia, tramite il progetto “Parlami, ti ascolto” della Caritas diocesana. La realtà del Centro d’ascolto Caritas si è rivelata in positivo, diversa dalle mie prospettive; in quanto io sono ateo e quindi tutt’altro che persona religiosa. Certo, parlando di umani fra umani non si possono escludere piccoli dibattiti e discussioni all’interno di un contesto che ricorda parecchio quello familiare, fortunatamente; ma sono irrilevanti se si pensa al bene che si può compiere assieme e, soprattutto, allo scopo comune che spinge noi ragazzi in servizio e gli operatori a badare, nel nostro piccolo, ai più bisognosi. Ho imparato, e tuttora continuo ad imparare, dei principi che passano in maggior parte come scontati; ma posso garantire che non lo sono. Questi principi riguardano l’ascolto e le relazioni con il prossimo, le quali hanno bisogno di una base empatica per essere bilanciate e corrette, sia nel caso delle relazioni d’aiuto, sia tra gli stessi operatori. Si apprende la tolleranza nei confronti di chi, probabilmente anche a causa dei propri bisogni e delle proprie lacune, si presenta con toni aggressivi e prepotenti ma non impossibili da gestire in maniera adeguata. Il tutto si riflette totalmente con la vita quotidiana e la socializzazione. Mi spiego meglio: penso che tantissime volte, nel corso della nostra esistenza, siamo noi i cosiddetti “poveri”. Tutti abbiamo bisogno di qualcosa: a livello materiale e in enormi quantità a livello emotivo, il che ci porta a non aver alcuna differenza con le persone (non “utenti”) che si rivolgono a noi esponendo i propri problemi, cercando comprensione e aiuto. Penso anche che nessuno al mondo sia immacolato e che tutti pecchiamo in qualcosa. Desiderando però essere capiti. Bisogna quindi sforzarsi di entrare un minimo nei panni altrui, che spesso non son poi così differenti dai nostri. Dare il proprio contributo non è utile solo alla solidarietà ma anche al considerare l’altro per la propria dignità di persona. Sentirsi una risorsa per la società contribuisce a una maggior consapevolezza delle proprie capacità e ciò può renderci delle persone migliori, in grado quindi di migliorare, anche solo con un sorriso, la vita degli altri. In fondo siamo tutti uguali. Abbiamo solo delle esigenze diverse.

Giuseppe racconta…

Mi chiamo Giuseppe, ho 20 anni e sono di Iglesias. Ho iniziato il mio percorso di servizio civile a febbraio presso il Centro d’ascolto “Madonna del Buon Consiglio” di Carbonia. Essendo una nuova esperienza, non sapevo cosa avrei trovato nel mio cammino. Perciò le aspettative erano tante e soprattutto differenti. In questi mesi ho avuto modo di legare con il mio collega, Giacomo, e con le volontarie più esperte che ci hanno aiutato a conoscere quest’aspetto del volontariato a me nuovo. Ho sperimentato l’ascolto silente e con esso ho avuto modo di ascoltare varie esperienze di vita e venire a conoscenza di condizioni a cui non avevo mai rivolto un solo pensiero. Ascoltando, sono entrato in una realtà differente dalla mia. In quanto giovane non pensavo esistessero certe situazioni o almeno non cosi tante. Prima dell’inizio del servizio, ho sempre pensato unicamente alle situazioni positive che ci potrebbero capitare nella vita. Avendo la possibilità di confrontarmi quotidianamente con diversi tipi di persone e situazioni ho avuto la fortuna di capire che è importantissimo per ognuno di noi pensare anche alle cose negative che ci potrebbero succedere, in modo tale da essere sempre pronti ed affrontare al meglio qualunque difficoltà. Proprio per questo motivo ho tentato di immedesimarmi nelle altre persone. Senza questa esperienza non credo che mi sarei mai soffermato in pensieri così profondi e non sarei venuto a conoscenza di tante sfaccettature della nostra società che, purtroppo, per tante persone sono difficili da affrontare.

Giacomo Giroli, Sara Manis, Laura Tocco, Giuseppe Virdis

 

Caritas e contrasto della povertà educativa. Gli “assegni di studio” agli studenti meritevoli delle scuole di Iglesias, in memoria di Pino Corgiolu e Michele Loi

La Caritas diocesana di Iglesias offre da qualche anno il proprio contributo nella lotta alla dispersione scolastica e nel contrasto della povertà educativa, che si fa sempre più insistente nelle comunità del Sulcis-Iglesiente. Nell’ambito dell’iniziativa progettuale denominata “Famiglie che si aiutano”, a conclusione dell’Anno scolastico 2018-2019, la Caritas ha conferito degli assegni di studio agli studenti meritevoli che si sono distinti, pur fra diverse difficoltà, per il loro impegno nella scuola secondaria. Nel mese di maggio tali assegni sono stati conferiti a Sant’Antioco, nella biblioteca del Liceo Scientifico “E. Lussu”, a Carbonia, nella sede dell’IPIA, a Fluminimaggiore e Buggerru, presso le rispettive sedi delle scuole secondarie di primo grado, e a Santadi, presso l’Istituto professionale per l’agricoltura e l’ambiente “S. Cettolini”.

Sabato 6 luglio è stata la volta degli studenti di Iglesias, nell’ambito di un’iniziativa che, in collaborazione con la Società Operaia e Industriale di Mutuo Soccorso, da qualche anno intende associare il conferimento degli assegni di studio a una cerimonia (tenutasi anche questa volta presso l’Aula magna dell’Istituto Asproni), in memoria di due minatori del territorio, distintisi per le loro lotte a tutela del lavoro: Pino Corgiolu (1915-2003) e Michele Loi (1936-2014).

Ad Iglesias gli studenti premiati, individuati dai dirigenti e dai docenti delle rispettive scuole, sono stati in tutto 10 (4 ragazzi e 6 ragazze): 4 dell’I.I.S. IT. Minerario “Asproni” – ITCG “Fermi”; 2 del Liceo Scientifico “Asproni” – Liceo Artistico “Branca”; 2 dell’I.P.I.A “G. Ferraris” e 2 dell’Istituto “C. Baudi di Vesme”. Oltre ai premiati, alla cerimonia erano presenti i loro familiari, alcuni docenti, il direttore e una collaboratrice della Caritas diocesana (Raffaele Callia e Caterina Moro), il neo presidente e il presidente uscente della Società Operaia e Industriale di Mutuo Soccorso (Stefano Corda e Pierina Chessa) e i familiari di Michele Loi (la moglie Rosetta Diana e la figlia Cinzia).

I ragazzi hanno ricevuto ciascuno una pergamena e un assegno del valore di 200 euro, quale riconoscimento per essersi distinti nell’impegno scolastico, ottenendo ottimi voti. L’iniziativa, dal significativo valore pedagogico, mira a far comprendere ai ragazzi l’importanza dello studio come strumento per il raggiungimento dell’autonomia personale, nonché di una formazione valida anzitutto per la vita oltre che per il lavoro.

Come accennato in precedenza, ad Iglesias tale premiazione, grazie all’impulso di un donatore che pur rimanendo nell’anonimato continua a promuovere e sostenere generosamente tale iniziativa, intende fare memoria anche di due iniziatori e principali animatori dell’occupazione delle locali miniere nel 1971, scaturita in difesa di tanti posti di lavoro: Pino Corgiolu e Michele Loi.

Come si legge nella brochure realizzata per la circostanza, in occasione di quell’occupazione “la partecipazione cittadina fu straordinaria. Protrattasi anche in occasione della Pasqua, richiamò in miniera gran parte della città, in una impressionante gara di solidarietà”.

Di origine ogliastrina, Pino Corgiolu dopo l’8 settembre del ’43 fu internato dai tedeschi in Grecia. Rientrato in Italia dopo la guerra si trasferì a Carbonia per lavorare in miniera. Verrà poi assunto dalla Monteponi, presso la fonderia, per poi essere trasferito nella miniera di Campo Pisano. Di lui si legge, nella citata brochure, che fu “punto di riferimento dei lavoratori e avanguardia riconosciuta delle lotte minerarie”. A lui spettò il compito di pronunciare “l’intervento a nome dei minatori nella seduta pubblica che la “Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti della criminalità in Sardegna” (presieduta da Giuseppe Medici) tenne ad Iglesias nel 1970.

Nato e vissuto ad Iglesias, Michele Loi oltre ad essere stato uno stimato lavoratore della Monteponi fu anche un apprezzato sportivo, dedito all’atletica attraverso la Polisportiva Monteponi (detentore per oltre tre lustri del record sardo dei 10.000 metri). Di lui si legge che fu “schivo nell’assumere ruoli di esposizione pubblica [e che] accetterà solo dopo molte insistenze la candidatura al Consiglio comunale di Iglesias, ove siederà nella legislatura 1980-1985”.

Valori quali l’impegno, il sacrificio, la rinuncia, lo studio e la solidarietà riecheggiano nella memoria di questi due testimoni delle lotte minerarie: un lascito importante per le generazioni future ma anche per i tanti giovani che ancora oggi reclamano come punti di riferimento degli autentici e credibili testimoni di vita.

Caritas diocesana