Il Dormitorio Santo Stefano al tempo del COVID-19

Uno degli ambienti di accoglienza notturna del Dormitorio

Anche in questo periodo di emergenza, il Dormitorio della Caritas diocesana di Iglesias prosegue il proprio servizio a favore delle persone più bisognose, continuando ad accogliere gli ospiti presenti nella struttura, i quali, dal 9 marzo scorso sono accuditi anche nelle ore diurne. Questa decisione è stata presa dalla direzione della Caritas diocesana per salvaguardare la salute degli stessi ospiti e per evitare che questi ultimi incorressero nelle sanzioni previste dalla legge. Obbligate alla quarantena, le persone accolte nel Dormitorio si stanno rendendo utili con piccole attività lavorative all’interno della Casa e nell’orto presente all’interno dell’area dedicata.

In quest’articolo diamo voce a due degli ospiti attualmente presenti nel Dormitorio.

Simone. Ho vissuto e lavorato per 15 anni a Cesena. Con l’inizio della crisi economica sono stato licenziato e per alcuni mesi ho cercato una nuova occupazione. Alla fine sono stato costretto a chiedere ospitalità in un Dormitorio, a Cesena. Purtroppo non ho trovato un nuovo lavoro e avendo terminato i miei risparmi sono tornato ad Iglesias, dove ho chiesto aiuto a don Roberto Sciolla, il quale mi ha proposto di venire in questa struttura dove mi trovo attualmente. Devo dire che c’è una differenza tra il Dormitorio di Cesena e questa struttura: a Cesena l’ospitalità non superava le tre settimane, poi dovevi lasciare il Dormitorio ed eventualmente chiedere una nuova accoglienza dopo 6 mesi, mentre qui sono ormai alcuni anni che sono ospite, con il privilegio di essere uno degli ospiti “fissi” del Dormitorio. Do una mano d’aiuto nell’orto e nelle piccole manutenzioni della casa. Da alcuni mesi faccio parte del progetto “Fuori dall’ombra”, programma che prevede il coinvolgimento, alcuni giorni alla settimana, nel progetto “Orti Solidali di Comunità”, promosso sempre dalla Caritas diocesana. Questo progetto prevede un reinserimento progressivo in un’abitazione, per far sì che si riacquisti una certa autonomia. Ora siamo fermi a causa del Coronavirus. Speriamo che tutto questo finisca presto, per riprendere il percorso da dove è stato interrotto. Qui al Dormitorio mi trovo bene, anche se la mia aspettativa è quella di trovare un impiego così da essere nuovamente autosufficiente. Penso che la decisione di tenere tutti noi 24 ore su 24 all’interno del Dormitorio sia stata una scelta saggia, perché ha permesso a tutti noi di essere al sicuro e di ridurre al minimo la possibilità di contagio da Coronavirus; anche se qualche volta la convivenza tra noi può essere difficile.

Virgilio. Ero ospite di una Comunità di recupero, avendo problemi di alcolismo, quando son dovuto partire per Torino per assistere mio fratello gravemente malato e ricoverato in ospedale. Fortunatamente mio fratello è migliorato e ho fatto rientro ad Iglesias, convinto di poter riprendere in Comunità. Purtroppo, però, il mio rientro ha coinciso con l’epidemia di Coronavirus e gli operatori della Comunità mi hanno comunicato che non mi avrebbero potuto ospitare, provenendo io da una zona a rischio. Marco, un operatore della comunità, ha dunque preso contatto con gli operatori del Dormitorio, una struttura che io già conoscevo perché ero stato ospite altre due volte. Ho parlato con la Coordinatrice del Dormitorio la quale, come condizione per essere accolto, mi ha chiesto di effettuare un tampone. Sono andato all’Ospedale SS. Trinità di Cagliari e ho là fatto il tampone: il test è risultato negativo e così sono stato accolto. Qui mi trovo bene, mi sento in famiglia e c’è un bel confronto con gli operatori, che mi permette di essere ancora più tranquillo. Pochi giorni dopo il mio arrivo il Dormitorio ha chiuso le porte al mondo esterno. Inizialmente non è stato facile accettare questa decisione, perché mi limitava nella mia libertà (uscite, ricerca di piccoli lavori…); poi ho capito che era la cosa giusta da fare per noi stessi. Gli operatori ci hanno spiegato che in casi particolari possiamo uscire con alcune attenzioni: mascherina, guanti e autocertificazioni. La permanenza nella struttura è meno pesante perché fortunatamente ci sono ampi spazi, ci si confronta con gli altri ragazzi, si parla di quelle che sono le nostre speranze, le nostre aspettative per il futuro. Con gli altri ospiti ho un buon affiatamento; si scherza tra di noi.  Dove sarò fra alcuni mesi? Spero di riuscire a metter da parte un po’ di soldi e partire per Torino, non appena questa emergenza sanitaria sarà finita.

A cura di Simona Canzoneri

Coronavirus, la carità non si ferma. Intervista del Settimanale “Sulcis Iglesiente Oggi” al direttore della Caritas diocesana

Impegno solidale ed emergenza sanitaria, la pandemia non rallenta l’aiuto. Dialogo con Raffaele Callia, direttore diocesano e incaricato regionale Caritas

In questo tempo di Covid-19, qual è l’impegno della Caritas Italiana per aiutare chi è più nel bisogno?
La Chiesa italiana si è impegnata da subito nel dare una risposta alla grave emergenza dovuta al diffondersi del COVID-19. Alla Caritas Italiana, organismo pastorale della CEI, i Vescovi hanno affidato il non semplice compito di coordinare le iniziative solidaristiche delle Chiese locali, proprio perché – come ha dichiarato il presidente, Mons. Redaelli –, se a causa delle limitazioni imposte dalle norme straordinarie volute dalle autorità nazionali la dimensione della Parola, quella dei Sacramenti e quella comunitaria hanno subito inevitabili limitazioni, non poteva invece venire meno la dimensione della Carità. A livello nazionale non è dunque mancata l’azione concreta e immediata della Caritas fin dai primissimi giorni di crisi. A questo proposito voglio ricordare che lo stesso Papa Francesco, tramite il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, il 12 marzo scorso ha donato 100mila euro alla Caritas Italiana per un primo significativo soccorso, in particolare a favore dei poveri e delle persone più deboli e vulnerabili. Inoltre, il giorno seguente la Presidenza della CEI, per sostenere le Caritas diocesane nella quotidiana azione di supporto alle persone in difficoltà a causa dell’emergenza, ha deliberato lo stanziamento di 10 milioni di euro derivanti da donazioni e dall’8xmille, permettendo di rafforzare l’azione consueta delle Caritas in Italia. Va ricordato a beneficio di tutti, anche con lo scopo di fare chiarezza e spegnere possibilmente ogni sterile e inutile polemica – assolutamente fuori luogo, visto il dramma che stiamo vivendo – che in linea di massima, i servizi caritativi in Italia, pur essendo stati costretti a una rimodulazione, assai significativa soprattutto nelle zone più colpite dal punto di vista sanitario, stanno continuando a garantire risposte importanti, in alcuni casi determinanti, ai bisogni di tanti fratelli e sorelle in difficoltà.

DSC_0585In Sardegna quali difficoltà si stanno affrontando, i servizi sono regolarmente erogati?
È ancora prematuro fornire statistiche esaustive sui bisogni emergenti e sulle problematiche sociali ed economiche legate alla pandemia nella nostra regione. A livello empirico, tuttavia, è possibile fare riferimento alle accresciute difficoltà di persone e famiglie che già vivevano in condizioni di precarietà: lavoratori in nero; cittadini stranieri che sbarcavano il lunario come venditori ambulanti; badanti e collaboratrici domestiche – per lo più straniere – trovatesi improvvisamente senza lavoro e spesso senza casa (ove soggiornavano per il lavoro); anziani soli dominati dalla paura; famiglie costrette di punto in bianco a farsi carico della didattica a distanza senza poter disporre di dispositivi congrui e di un’adeguata alfabetizzazione informatica; famiglie con figli portatori di disturbi del neurosviluppo o di bisogni educativi speciali, costretti a una non semplice quarantena; lavoratori autonomi, commercianti ed anche liberi professionisti rimasti a casa forzatamente e con una preoccupante prospettiva per il futuro. Sono solo degli esempi, molto concreti, che ci aiutano a raccontare una pagina inedita di fragilità inaspettate. Devo anche sottolineare il fatto che, proprio a causa del blocco più o meno generalizzato di un sistema economico assai precario nel nostro territorio, le prospettive per il futuro si configurano in modo tutt’altro che incoraggiante.
Come Delegazione regionale Caritas, e dunque come rete delle Caritas diocesane della Sardegna, in sintonia con i decreti del Governo, le indicazioni dei nostri Vescovi, della Conferenza Episcopale Italiana e di Caritas Italiana, ci siamo adoperati da subito per portare avanti i servizi essenziali in favore delle persone più fragili e bisognose, con piena assunzione di responsabilità, con tutte le cautele del caso e la prudenza necessaria per evitare inutili rischi. C’è un grande sforzo da parte di tutte le Caritas diocesane nel dare una risposta alle richieste di aiuto, sia in termini morali, psicologici e relazionali, con un servizio di ascolto che si è dilatato anche attraverso il telefono, sia in termini di prossimità concreta attraverso gli aiuti alimentari, i sussidi economici, i farmaci, ecc. Devo anche dire che se è vero che sono grandi i problemi ancor più grande è la solidarietà che si sta registrando a livello generale: dal piccolo contributo dato in semplicità da tante persone, anche nella disponibilità di un servizio volontario o di un’offerta in denaro, alla significativa disponibilità delle catene dei market che si sono mobilitate per dar vita alle cosiddette “spese solidali”. Questo rende giustizia rispetto a una certa narrativa e testimonia un’attestazione di fiducia dei tanti che vedono nella Chiesa un interlocutore autorevole.

Nella diocesi di Iglesias quali servizi sono attivi?
Inizierei col dire che le nostre parrocchie, se è vero che hanno subito delle limitazioni per quanto attiene le celebrazioni e le attività catechistiche, con lo scopo di evitare gli assembramenti, non hanno mai smesso di costituire un riferimento importante per quanti hanno delle difficoltà sotto ogni profilo, da quello morale e spirituale a quello prevalentemente materiale. Pertanto, le Caritas parrocchiali, e più in generale i servizi caritativi a livello parrocchiale, devono continuare ad essere considerati dei punti di riferimento imprescindibili per quanti dovessero trovarsi in difficoltà.
Dal canto suo la Caritas diocesana, pur costretta anch’essa a rimodulare il proprio operato in virtù delle restrizioni imposte dall’emergenza, continua a garantire i servizi essenziali alle persone più fragili e bisognose. Pertanto è bene ricordare che restano aperti i Centri di ascolto di Iglesias, Carbonia, Sant’Antioco, Santadi e Buggerru/Fluminimaggiore, seppure con diverse restrizioni e precauzioni; ecco perché suggerisco previamente un contatto telefonico con i servizi, utile anche per un primo ascolto. Restano aperti il Dormitorio, la Casa di prima accoglienza “Santo Stefano” e l’Emporio della Solidarietà (tutti a Iglesias); i Centri di raccolta e distribuzione viveri di Carbonia e Sant’Antioco. Peraltro, la Caritas diocesana continua a garantire il Servizio di Sostegno Economico per far fronte alle necessità più urgenti, oltre che la consulenza e l’orientamento alla rete dei servizi territoriali, a cominciare da quelli istituzionali. Rispetto a quest’ultimo aspetto, voglio ricordare che la Caritas è in stretto e costante contatto con i Centri Operativi delle principali Amministrazioni comunali del Sulcis-Iglesiente.

Las-Vegas

L’immagine dei senzatetto di Las Vegas, richiamata anche da papa Francesco, ci fa pensare a quanto verrà dopo l’emergenza: questa pandemia come inciderà sulla nostra attenzione culturale per gli ultimi?
Il Papa si riferiva al fatto che, a causa della chiusura di un rifugio per i senzatetto che ospitava centinaia di persone a Las Vegas, il parcheggio di uno stadio è stato di punto in bianco adibito a loro ricovero. A ben considerare si stagliano all’orizzonte due immagini paradigmatiche e dissonanti: da un lato l’immagine di una Las Vegas abbacinante, con la sua industria del divertimento e del lusso; dall’altra quella di una città in cui vivono i poveri dimenticati da tutti, esistenze “da parcheggio” venute a galla come d’improvviso. Anche in questa drammatica circostanza le parole del Papa sono illuminanti. L’umanità intera sta affrontando un’ennesima crisi, con conseguenze che si protrarranno a lungo termine anche sotto il profilo culturale, nei modelli e negli stili di vita. Noi tutti, com’è ovvio, attendiamo quanto prima l’uscita dal tunnel dell’emergenza sanitaria; dell’isolamento forzato; delle relazioni umane ridotte ai minimi termini o affidate al solo livello della comunicazione via internet o telefonica. Tuttavia, se non cogliessimo in questa nuova crisi globale, dopo quella finanziaria dell’ultimo decennio, una straordinaria occasione per ripensare il nostro modello di vita, il nostro rapportarci con gli altri, in particolare con i poveri di casa nostra e dell’intero pianeta, con chi fa fatica a dare senso alla propria esistenza, avremmo perso clamorosamente la sfida più alta, quella della difesa della dignità umana. Non vorrei che, finita l’emergenza, si stendesse ancora una volta una subdola coltre di indifferenza sulle gravi ingiustizie sociali presenti in tante parti del mondo così come dietro l’angolo di casa nostra.

Come si può contribuire per aiutare la Caritas nel proprio servizio?
Anche a livello diocesano non stanno mancando i segnali di una solidarietà concreta, sia nella disponibilità a fare del volontariato sia nel contribuire con raccolte alimentari o offerte in denaro. Tutto è prezioso e di tutto bisogna dire grazie a Dio che, anche attraverso la generosità di queste persone, continua a testimoniare la sua Carità per noi. Suggerisco di consultare il portale http://www.caritassardegna.it, ove è possibile leggere gli aggiornamenti sulle iniziative in corso a livello regionale e dunque anche diocesano; di scrivere alla casella di posta elettronica segreteria@caritasiglesias.it o di chiamare il numero dell’Ufficio della Caritas diocesana (0781.33999, dalle 9 alle 14.00, o lasciando un messaggio in segreteria), per chiedere informazioni ed avere risposte non solo alle richieste di aiuto ma anche alle domande di quanti desiderano aiutare chi è più fragile.

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Gianni e Maurizio, insieme per servire chi chiede aiuto all’Emporio

Il progetto dell’Emporio della Solidarietà, promosso dalla Caritas diocesana di Iglesias e reso possibile grazie alla collaborazione tutta iglesiente con le Caritas parrocchiali, il Volontariato Vincenziano, Sodalitas e il Terz’ordine francescano, prevede il conferimento di prodotti alimentari (confezionati e freschi) distribuiti non con pacchi già predisposti. Sono i beneficiari, infatti, dopo esser stati ascoltati dagli operatori dei Centri di almeno una delle realtà aderenti al progetto, a scegliere secondo le proprie necessità, come in un vero negozio. Non si paga con denaro ma attraverso una carta personale che contiene dei crediti, attribuiti in base a diversi parametri, fra cui l’ampiezza del nucleo familiare; la tipologia, l’intensità e la durata del disagio; l’ISEE e altri indicatori. La carta magnetica è personale ed è identificata attraverso un codice. I dati raccolti dai Centri della rete del Coordinamento confluiscono in un database che permette immediatamente di capire chi si è rivolto ai vari servizi territoriali, compreso l’Emporio, evitando duplicazioni di interventi e, in prospettiva, promuovendo un percorso di liberazione dal bisogno.

In questo articolo si dà voce ai due operatori che fin dal principio, insieme al coordinatore dell’Emporio, Luciano Cuccu, rendono possibile un servizio così prezioso per la città di Iglesias.

 


Maurizio Santus

Ho scoperto un nuovo e interessante progetto promosso dalla Caritas di Iglesias in un momento particolare della mia vita. Si trattava dell’Emporio della Solidarietà, di cui mi parlarono gli operatori della Caritas diocesana, nel 2015, in maniera molto dettagliata; anche per sondare la mia eventuale disponibilità a collaborare. L’idea progettuale mi sembrò fin da subito un’ottima opportunità per me, in quanto potevo dare una mano alle persone in difficoltà. Essendo un vincenziano della chiesa di Nostra Signora di Valverde, mi ritrovavo a realizzare il desiderio di sostegno concreto agli altri. Dal punto di vista pratico ho iniziato a svolgere un’attività del tutto nuova: il coordinatore di magazzino. Ho acquisito specifiche competenze informatiche, come ad esempio inserire sulla piattaforma nazionale della Caritas, denominata “Ospoweb”, la merce acquistata (anche se non pagata in denaro), assegnare i crediti a ciascun alimento, caricare nelle tessere i punti assegnati a singoli o nuclei familiari segnalati dai Centri d’ascolto, stampare nuove tessere, assegnare la spesa ai richiedenti il servizio viveri, seguire gli adempimenti burocratici legati anche alla distribuzione dei prodotti AGEA/FEAD (Agenzia per l’erogazione delle Eccedenze in Agricoltura). Nei tre giorni di apertura del servizio, oltre a me e a Gianluigi Saba, l’Emporio della Solidarietà vede impegnati anche dieci volontari che, coordinati dal referente Luciano Cuccu, si alternano nella distribuzione e nell’accompagnamento delle persone che fanno richiesta di viveri. Mi rendo conto che consegnare gli alimenti rappresenta un grande aiuto, però non è abbastanza senza un ascolto discreto e approfondito delle persone, cui mi permetto di suggerire di rivolgersi sempre al Centro di ascolto ogni volta che percepisco in loro inquietudine e sconforto. L’obiettivo a lungo temine è soprattutto quello di educare le persone a un uso parsimonioso delle risorse di cui dispongono, in questo caso dei punti nella tessera, affinché acquisiscano la capacità nel fare degli acquisti mirati e responsabili.

Gianluigi Saba

Anzitutto mi preme sottolineare che ho dovuto affrontare un periodo molto difficile della mia vita in cui, a seguito della perdita del lavoro, sono stato accolto dagli operatori della Caritas diocesana di Iglesias. Hanno saputo ascoltarmi e mi hanno dato la possibilità di ritrovare un po’ di serenità attraverso un servizio che, seppur nuovo in città, mi riportava indietro nel tempo, a quando stavo quotidianamente a contatto col pubblico; per 25 anni, infatti, sono stato barista ad Iglesias e rivivere un’esperienza, certamente diversa, ma con la possibilità di stare con gli altri, rendendo un servizio utile, mi ha aiutato a stare meglio. Mi sono rivisto in molte delle persone che accogliamo all’Emporio; ho capito che il necessario passaggio al Centro di ascolto aveva rappresentato un’occasione per raccontare il proprio vissuto, mettendo a nudo le fragilità nascoste per rialzarsi e riprendere il cammino, sentendosi meno soli. Spesso noto che le persone che vengono all’Emporio sono a proprio agio con me, quasi sentendosi a casa loro; continuano ad avere con me delle buone relazioni. Capita che mi confidino i loro problemi, non solo economici ma anche familiari, e si vogliano intrattenere a parlare. Ricordo ancora il giorno dell’inaugurazione del servizio: il 13 giugno 2016; qualche mese prima, con don Roberto Sciolla, sono stato nella Caritas di Savona per vedere da vicino un esempio di Emporio già operativo e un metodo di distribuzione viveri e accoglienza delle persone che avremmo poi cercato, in qualche modo, di proporre ad Iglesias. In quattro anni circa sono cambiate tante cose e ci sono stati dei notevoli miglioramenti; primo fra tutti la consegna dei prodotti freschi (salumi e formaggi). Sono davvero soddisfatto di poter dare una mano a molte persone, così come l’ho ricevuta io. In ciò che faccio e nel modo in cui lo porto avanti c’è il mio quotidiano grazie a chi ha saputo credere in me.

Le interviste sono state realizzate da Emanuela Frau

Una testimonianza (solo scritta) per la Diocesi di Torino. Alcune risposte ai quesiti che il direttore della Caritas diocesana di Iglesias avrebbe dovuto offrire di persona alla XXXI Giornata Caritas della Diocesi di Torino (21 marzo 2020)

L’emergenza sanitaria in corso ci riempie tutti di sgomento, con la sua quotidiana e terribile conta di morti e persone ammalate, con le prevedibili conseguenze sotto il profilo economico e i mutamenti già in atto nelle abitudini sociali e relazionali. Eppure, come cristiani siamo chiamati a non fermarci allo smarrimento, a non rimanere immobili nella paura e a far germogliare la Speranza. Nei giorni scorsi avrei dovuto prender parte come relatore a un Convegno promosso dalla Diocesi di Torino e poi, a seguire, recarmi al Convegno nazionale delle Caritas diocesane a Milano, proprio in quella città che in queste ore sta combattendo una dura battaglia per contrastare il contagio; una durissima battaglia per salvare vite umane. La Diocesi di Torino ha – per ovvie ragioni – sospeso il Convegno (così com’è stato rinviato il Convegno nazionale della Caritas), ma ha comunque chiesto ai relatori di rispondere ad alcuni quesiti riguardanti il tema proposto: “Servire i piccoli fa diventare grandi”. Condivido con il settimanale della mia Diocesi quanto avrei dovuto e voluto dire a voce e che, invece, sono stato costretto ad affidare a uno scritto, poi pubblicato sul settimanale diocesano di Torino.

Lo scenario oggi non è favorevole né alla fede né alla carità: eppure noi siamo convinti che servire i piccoli fa diventare grandi, è la strada della santità. In questa Diocesi, diventata famosa nel mondo per i santi sociali, la carità continua a spingerci (Caritas Christi urget nos) a sfidare una cultura dove non sembra esserci posto per chi guarda alla vita con gli occhi di chi è scartato. Allora come, accettando la sfida del vivere da credenti incarnati nel nostro tempo, la carità ci fa crescere nella fede? Come essere testimoni della nostra fede?

Mi sia consentita anzitutto una premessa. Le povere considerazioni che affido a questo scritto le avrei dovute comunicare a voce, non a distanza di chilometri ma stringendo le mani, incrociando gli sguardi e guardando i volti di altri fratelli e sorelle della Chiesa particolare di Torino. I disegni imperscrutabili della Provvidenza ci svelano in queste ore qualcosa d’inatteso, che scompaginano i nostri programmi e allo stesso tempo ci obbligano a riconsiderare il nostro impegno con gli altri, con i poveri e con la nostra stessa povertà. Proverò comunque a rispondere a quanto mi è chiesto, cercando di offrire il mio umile contributo.

Si dice da più parti che la realtà in cui viviamo sia una realtà secolarizzata, indifferente al discorso su Dio e di Dio. Ironicamente, qualche tempo fa un padre gesuita osservava che un segno evidente di tale secolarizzazione era testimoniato dal fatto che si poteva trovare la voce religione sulle “Pagine gialle”. Un tema, quello riguardante la fede, alla stregua pertanto di qualunque discorso commerciale. Non il discorso per eccellenza, quello in grado di dare senso, direzione e marcia alla nostra esistenza, ma uno dei temi tra i tanti e neppure tra i più importanti. Tuttavia, pur con sensibilità e intensità diverse nel tempo, il tema della solidarietà (dico “solidarietà” e non ancora Carità) è rimasto all’ordine del giorno: ha retto negli anni della crisi economica; ha vissuto fasi alterne e contradditorie nella vicenda dell’accoglienza dei profughi; sta riemergendo in queste settimane, con venature persino patriottiche (“solidarietà nazionale”) di fronte all’emergenza sanitaria. Quanto di questa solidarietà si sia espressa con la profondità e lo spessore della testimonianza dell’Amore di Dio (Caritas, Agape) non è dato sapere, ma è certo che la Carità è veramente tale solo se è capace di esprimere in modo autentico la fede in Colui che ci ha amati per primo. Siamo alla radice del servizio caritativo in senso evangelico: la fede ha bisogno della carità e quest’ultima può esser tale solo se è alimentata dalla fede. Si potrebbero citare le parole assai note della lettera di San Giacomo sul rapporto tra fede e opere (2, 14-26) ma a me ora vengono in mente quelle semplici di un santo dell’Ottocento, non molto noto in verità, Padre Antonio Maria Pucci, il quale diceva: “Non date mai il pane senza la fede, perché senza la fede non si apprezza il pane; e non date mai la fede senza il pane perché senza il pane non si apprezza la fede”. Sono parole semplici, che mi tornano in mento ogni qual volta si manifesta il rischio da un lato di un – permettetemi il termine – “bigottismo da sacrestia”, di un atteggiamento pio che vorrebbe incontrare lo sguardo di Dio senza mai incrociare quello dei fratelli; o dall’altro di un attivismo filantropico, spesso viziato dal delirio di onnipotenza, che vorrebbe fare a meno di Dio. Entrambi sono atteggiamenti pericolosi. La fede deve crescere ogni giorno nella carità; ma la vera carità è sempre espressione della fede. Ci sarebbero tantissime cose da dire e su cui riflettere ma le esigenze editoriali impongono una regola di condotta ben precisa.

In un tempo in cui la secolarizzazione ha preso il sopravvento, in cui le grandi narrazioni sono finite e la Chiesa, per una larga fetta degli uomini e delle donne del nostro tempo, non è più considerata come un’autorità o un interlocutore autorevole come possiamo essere attraverso la carità testimoni credibili della nostra fede?  Come far capire che “Caritas Christi urget nos”, oppure che “I poveri sono i nostri signori e padroni” (San Vincenzo de’ Paoli) perché nei poveri c’è Dio, quando nella cultura dominante le istanze solidaristiche sono solo considerate “morali”?

Proverei a rispondere così. Prima di chiederci come possiamo essere interlocutori autorevoli per gli altri, domandiamoci ogni giorno quanto siamo coerenti noi stessi, in prima persona, con quanto la fede nel Signore Gesù, morto e risorto per noi, ci chiede. Essa è capace di produrre conseguenze pratiche nello stile della nostra vita personale? Chiediamoci, facendo un serio esame di coscienza, quanto il nostro cuore sia davvero un cuore nuovo – certamente imperfetto e fragile, non vi è dubbio – ma nuovo perché ha incontrato il Signore e ha deciso di continuare il percorso della propria vita in Sua compagnia. Da ciò ne consegue uno stile di vita concreto e coerente, nelle cose di fede come nelle incombenze quotidiane: nella testimonianza in famiglia, primo ambito in cui esercitare la Carità; nei luoghi della socialità – oggi messi alla prova dall’emergenza sanitaria, ma proprio per questo bisognosi di testimonianza autentica e concreta, non virtuale, da social –, nel nostro vivere la responsabilità civile, oltre che religiosa. Valga sempre quanto Gesù ci ha detto e che riguarda ogni giorno ciascuno di noi: vi riconosceranno da come vi amerete! Solo grazie a questa testimonianza gli altri sapranno che siamo cristiani, non dai proclami o dalle nostre belle parole. Sono padre, oltre che uomo impegnato nella Chiesa, e per me un indicatore affidabile è rappresentato da mio figlio; a fare la differenza è il come lui mi vede e come è interpellata la sua coscienza dal mio modo di fare, oltre che da quello che dico. Se sono poco credibile ai suoi occhi, che grado di autorevolezza posso pretendere dagli altri?

Il card. Carlo Maria Martini, nato nella nostra Diocesi – di cui in questi giorni si ricordano i 40 anni dall’ingresso come Arcivescovo di Milano – interrogato su quale fosse il ruolo della Chiesa nel mondo postmoderno, dove ideologie e valori sono in via di estinzione per lasciare spazio a nichilismo e solitudine, rispondeva: «Il ruolo dei cristiani e della Chiesa è quello della consolazione». La patrona della nostra Diocesi è la Madonna Consolata. Come consolare i tanti afflitti del nostro tempo? E un atto di carità ci fa crescere nella fede?

Le parole del cardinal Martini (figura personalmente a me molto cara) mi richiamano immediatamente alla memoria l’affermazione di Papa Francesco, intervistato dal padre Antonio Spadaro pochi mesi dopo la sua elezione al soglio pontificio. Le riporto integralmente: «Io vedo con chiarezza […] che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto. Curare le ferite, curare le ferite… E bisogna cominciare dal basso». Bisogna appunto ri-cominciare ogni giorno dal basso, ad altezza dei più piccoli. L’esempio, ancora una volta, è quello del Signore che nel momento più drammatico della sua esistenza di uomo non si chiude in se stesso ma decide di lavare i piedi ai suoi, indicandoci la strada da percorrere.

Ringrazio per l’invito e lo spazio offerto. Affidiamo alla misericordia di Dio ogni nostra preoccupazione e sentiamoci uniti spiritualmente in Lui come membra di uno stesso corpo.

Raffaele Callia

Locandina della Giornata Caritas di Torino in formato pdf

In ascolto dei migranti, prestando attenzione agli invisibili

Aurora Fonnesu, da poche settimane nuova referente dell’Area Immigrazione della Caritas diocesana di Iglesias, dopo che per alcuni anni – e a più riprese – tale impegno è stato generosamente assunto da Caterina Moro, che continua il proprio impegno come operatrice all’interno dello stesso servizio, descrive come l’Area Immigrazione della Caritas diocesana favorisca un servizio di sportello per i cittadini stranieri tramite il Centro di ascolto “Il Pozzo di Giacobbe”. Dalla testimonianza emerge come molti stranieri presenti nel territorio diocesano vivano una condizione di sostanziale, oltre che formale, invisibilità, di cui pochi paiono occuparsi.

Gennaio 2020. In uno dei comuni della nostra Diocesi incontro la signora Carmen (nome di fantasia). La signora ci racconta della sua famiglia, di sua sorella malata e di come sia diventata un’immigrata irregolare. Sono tutti troppo spaventati per lasciare che esca di casa, anche solo per chiedere aiuto. L’unico posto in cui si reca regolarmente è l’ospedale, dove riceve parte delle cure che le servirebbero perché, essendo irregolare, non può essere iscritta al sistema sanitario nazionale. Carmen ci riferisce l’angoscia con cui vivono questa situazione. In assenza di rapporti familiari nel proprio Paese d’origine, se dovesse essere rimandata a casa sarebbe sola e totalmente incapace di provvedere a se stessa a causa della sua malattia.

Febbraio 2020. Altro comune, stessa Diocesi, un’altra donna. Si tratta di Valentina (altro nome di fantasia): è una giovane donna, madre di due bambini in età prescolare. Da circa due mesi passa molte notti insonni poiché non sa quale sarà l’esito della sua richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno. La sua famiglia, come tante altre, aveva dei permessi per motivi umanitari ed ora vive nella totale incertezza per il futuro.

Sono circa 562 mila le persone irregolari stimate in Italia al 1° gennaio 2019 (dati Fondazione Ismu – XXV Rapporto sulle migrazioni). Sono persone che vivono la propria esistenza in un limbo: pur essendo in vita, formalmente non esistono per la nostra società. Quanti dovrebbero essere rimpatriati non lo sono quasi mai e coloro che non dovrebbero essere rimpatriati si ritrovano ulteriormente emarginati. La mancanza di un riconoscimento di questi individui, già vulnerabili per tanti versi, genera sentimenti contrastanti e finisce quasi inevitabilmente per disumanizzarli. Il non avere un permesso di soggiorno, infatti, preclude loro la possibilità di avere la carta d’identità (oltre alla tessera sanitaria, unitamente a un medico di base di riferimento). Un fatto a cui un cittadino comune potrebbe dare poca importanza. Ma se si considera anche solo l’aspetto semantico, ci si accorge del fatto che tutto ciò finisce per annullare la stessa dignità di queste persone. Non è un caso che la carta d’identità richiami etimologicamente all’uguaglianza di tutti i cittadini (da latino identĭtas-atis: medesimo, perfettamente uguale) e al loro riconoscimento come individui. In un periodo in cui si sono inseguiti facili slogan e risposte semplicistiche sul tema delle migrazioni, è importante fermarsi a riflettere su quest’argomento così delicato e importante. Nel vedere e riconoscere l’identità dell’altro, da qualunque parte del mondo provenga, riconosciamo la nostra stessa identità.

Aurora Fonnesu

Dare fiducia alle persone attraverso il “Servizio di Sostegno Economico”

Fra i vari servizi promossi dalla Caritas diocesana di Iglesias, e in stretto collegamento con la rete dei Centri di ascolto, opera da diversi anni anche il “Servizio di Sostegno Economico”, attualmente attivo nelle sedi di Iglesias, Carbonia, Sant’Antioco e Santadi. Nel concreto, tale servizio si occupa di erogare dei sussidi economici di piccola entità, provenienti dal Fondo di Solidarietà diocesano istituito dal Vescovo circa una decina d’anni fa. Per alcuni anni tale servizio ha gestito direttamente anche lo strumento denominato “Prestito della Speranza”, un progetto straordinario voluto dalla CEI (da qualche anno momentaneamente sospeso) creato per fronteggiare l’emergenza sociale nel contesto della crisi economica, volto da un lato a sostenere l’accesso al credito sociale delle famiglie che hanno subito una significativa riduzione del reddito da lavoro e, dall’altro, a favorire l’accesso al microcredito di piccole società di persone e di società cooperative che hanno inteso avviare o sviluppare un’attività imprenditoriale. Quest’ultima attenzione, peraltro, ha permesso di dare operatività ad alcune iniziative imprenditoriali intercettate attraverso il “Progetto Policoro” della Diocesi.

In tale servizi operano diversi volontari, per lo più delle persone che hanno svolto nella vita la professione bancaria a vari livelli e in differenti istituti di credito. Tale competenza, unita alla formazione cristiana e all’impegno generoso nel campo della solidarietà concreta, rappresenta un valore aggiunto nella rete delle risposte ecclesiali sul versante sociale e della testimonianza della carità. Raccogliamo, in questa edizione del giornale, la testimonianza di Pierpaolo Obino, per molti anni operatore bancario e da qualche tempo volontario presso lo sportello iglesiente del Servizio di Sostegno Economico della Caritas diocesana.

Il primo gennaio 2010, raggiunto il sospirato traguardo della pensione, ho pensato di dedicare il mio tempo libero alla famiglia (4 figli e sei meravigliosi nipoti) e di mettermi a disposizione delle sorelle e dei fratelli più deboli e meno fortunati di me. La decisione è maturata nel 2012, proprio quando il territorio dove abito (il Sulcis Iglesiente) stava attraversando la fase più acuta della crisi economica e sociale, con ricadute pesanti sulle famiglie e sui giovani. Per dare un piccolo sostegno alle molteplici richieste di aiuto e interpretando lo spirito cristiano che ha guidato la mia esistenza, forte della mia esperienza lavorativa e di vita, ho dato la mia piena e gratificante disponibilità, convinto che l’amore di Dio è un dono che deve essere presente nel nostro agire quotidiano, senza discriminazioni e distinzioni. Assieme ad altre due meravigliose persone faccio parte del Servizio di Sostegno Economico della Caritas diocesana di Iglesias. Sotto la guida di un direttore molto attento e sensibile, che mette in pratica la Carità insegnata nel Vangelo, ci occupiamo del sostegno economico alle famiglie bisognose (sono purtroppo tante) e agevoliamo, con piccole dotazioni, le nuove iniziative imprenditoriali emergenti nel territorio. In questi anni ho avuto un’esperienza gratificante: ho conosciuto un mondo che tanti non conoscono, di persone che vivono in condizioni di povertà assoluta e che non possono acquistare il minimo indispensabile per vivere. Un triste quadro che senza un aiuto concreto rischia di peggiorare. Per le motivazioni da me sinteticamente esposte, rivolgo un invito a tutti coloro che condividono i valori dell’accoglienza e della solidarietà: mettersi a disposizione dei fratelli poveri e sapere che i tuoi gesti possano fare la differenza nella vita di molte persone è coinvolgente e gratificante. La vita terrena di Gesù insegna.

Testimonianza di Pierpaolo Obino, operatore del Servizio di Sostegno Economico di Iglesias

COMUNICATO URGENTE DEL 10/03/2020. Misure di prevenzione riguardo al virus Covid-19 (fino al 3 aprile 2020)

Ribadendo quanto già comunicato dalla Caritas diocesana in data 6 marzo 2020 (cfr. https://chiesaiglesias.org/2020/03/06/caritas-diocesana-prevenzione-covid-19/) e alla luce delle indicazioni fornite dal DPCM dell’9 u.s. e dalla Conferenza Episcopale Sarda, con comunicato dell’8 u.s. , segnatamente laddove si precisa che: “Le attività caritative (mense e centri di ascolto) continueranno con le attenzioni di precauzione e di sicurezza richieste dal Decreto”, si precisa che i servizi caritativi proseguono regolarmente il proprio operato, pur con le limitazioni e le cautele imposte dal particolare momento di emergenza.

Nello specifico, si segnala che le persone potranno accedere ai Centri di ascolto e agli altri servizi caritativi soltanto una alla volta ed evitando gli assembramenti all’esterno dei servizi stessi, al fine di salvaguardare l’efficacia delle misure imposte dai provvedimenti governativi.

Inoltre, si chiede sia ai beneficiari sia ai volontari immunodepressi o con particolari patologie di non recarsi personalmente nei luoghi di servizio. Per particolari esigenze, entrambi possono restare in contatto con i rispettivi servizi di riferimento (consultando il link: https://www.caritassardegna.it/caritas-diocesana-di-iglesias/, alla sezione “Servizi offerti”) e con gli uffici della stessa Caritas diocesana (0781.33999; segreteria@caritasiglesias.it).

Tutti gli operatori e i volontari in servizio prestino una particolare premura per le persone anziane e malate, da essi conosciute o di cui dovessero ricevere segnalazione da terzi, affinché abbiano un’adeguata assistenza, anche attraverso dei contatti telefonici.

Coloro che, per ragioni di servizio professionale, devono spostarsi dal proprio comune di residenza a un altro comune sono tenuti a produrre, e a mostrare all’occorrenza, l’autocertificazione ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. 28/12/2000, n. 445 (il modello è disponibile online sui siti istituzionali).

Si ribadisce, infine, quanto già espresso nel citato comunicato della Caritas diocesana del 6 u.s.: “Il momento particolare ci impone non l’immobilismo della paura ma un supplemento di attenzione per le persone e le famiglie più fragili, rispetto alle quali siamo chiamati a prestare il miglior servizio possibile. Pertanto, ciascuno di noi è invitato a proseguire il proprio impegno con lo stile di Gesù, accogliente e misericordioso, nella testimonianza dell’Amore di Dio. Si evitino le false notizie e gli inutili allarmismi, ci si attenga alle norme e al buon senso e si viva questo momento con la giusta dose di responsabilità personale e comunitaria, non facendo mai mancare la preghiera e la testimonianza di una fraternità universale”.

Scarica il Comunicato Caritas Iglesias COVID 19 10.03.2020 in formato pdf

 

Comunicazione urgente della Caritas diocesana sulle precauzioni per affrontare l’emergenza legata al Coronavirus

A seguito delle disposizioni varate con il DPCM del 4 marzo 2020, attraverso cui sono state stabilite precise misure restrittive per affrontare l’emergenza legata alla diffusione del COVID-19, recependo in particolare quanto disposto dall’art. 1, c. 1, lettera b), laddove si disciplina che «sono sospese le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato, che comportano affollamento di persone tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro […]», alla luce delle indicazioni fornite dalla Conferenza Episcopale Italiana con comunicato del 5 marzo u.s., tenuto conto di quanto reso noto dalla Conferenza Episcopale Sarda con comunicato del medesimo giorno, nonché dal nostro Vescovo, S.E. Mons. Giovanni Paolo Zedda, si provvede a comunicare quanto segue:

  • tutti gli incontri di formazione in programma (fra cui quello di mercoledì 11 a San Giovanni Suergiu, per le Caritas parrocchiali della Forania di Sant’Antioco) SONO MOMENTANEAMENTE SOSPESI e da riprogrammare appena le condizioni lo consentiranno;
  • l’incontro di preghiera quaresimale per tutti gli operatori Caritas, a suo tempo programmato per il giorno 13 marzo 2020, VIENE ANNULLATO. Si raccomanda comunque a tutti i volontari e operatori delle Caritas di vivere a livello personale e nei rispettivi servizi momenti di preghiera e di riflessione, rivolgendo una particolare intenzione «affinché il Signore conceda il dono della guarigione ai malati, della consolazione a chi è nel dolore, e illumini gli operatori sanitari e tutti i responsabili del bene comune»;
  • i Centri d’ascolto Caritas (con annessi i Servizi di Sostegno Economico), l’Emporio della Solidarietà e i Centri unici di raccolta e distribuzione viveri POSSONO PROSEGUIRE REGOLARMENTE IL PROPRIO SERVIZIO, prestando particolare attenzione alle norme di igiene e di salute pubblica raccomandate dalle autorità competenti e in generale a tutte le raccomandazioni contenute nell’Allegato 1 del citato DPCM, riportato in calce alla presente comunicazione, fra cui evitare l’assembramento di persone nelle sale d’attesa e nei luoghi stessi di servizio (a maggior ragione in casi di deficit di salute), le strette di mano, gli abbracci, raccomandando altresì un’adeguata e frequente pulizia degli ambienti;
  • il servizio della Casa di prima accoglienza “Santo Stefano” e del Dormitorio PROSEGUE REGOLARMENTE, prestando la massima attenzione riguardo alla salute degli ospiti già presenti e VALUTANDO CON ESTREMA CAUTELA ogni ulteriore ospitalità. Valgano anche in questo caso le raccomandazioni di cui al precedente punto e quelle contenute nel citato Allegato 1, tenendo presente la particolarità del servizio di accoglienza in ordine ai servizi igienici, alle docce e al cambio di biancheria e raccomandando un’adeguata e frequente pulizia degli ambienti;
  • si presti una particolare premura per le persone anziane e malate (conosciute dagli operatori e volontari Caritas) che in questo periodo potrebbero desistere dal rivolgersi ai servizi, affinché abbiano un’adeguata assistenza, anche attraverso dei contatti telefonici.

Il momento particolare ci impone non l’immobilismo della paura ma un supplemento di attenzione per le persone e le famiglie più fragili, rispetto alle quali siamo chiamati a prestare il miglior servizio possibile. Pertanto, ciascuno di noi è invitato a proseguire il proprio impegno con lo stile di Gesù, accogliente e misericordioso, nella testimonianza dell’Amore di Dio. Si evitino le false notizie e gli inutili allarmismi, ci si attenga alle norme e al buon senso e si viva questo momento con la giusta dose di responsabilità personale e comunitaria, non facendo mai mancare la preghiera e la testimonianza di
una fraternità universale.


Allegato 1
al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 marzo 2020
Misure igienico-sanitarie:

  1. lavarsi spesso le mani. Si raccomanda di mettere a disposizione in tutti i locali pubblici, palestre, supermercati, farmacie e altri luoghi di aggregazione, soluzioni idroalcoliche per il lavaggio delle mani;
  2. evitare il contatto ravvicinato con persone che soffrono di infezioni respiratorie acute;
  3. evitare abbracci e strette di mano;
  4. mantenimento, nei contatti sociali, di una distanza interpersonale di almeno un metro;
  5. igiene respiratoria (starnutire e/o tossire in un fazzoletto evitando il contatto delle mani con le secrezioni respiratorie);
  6. evitare l’uso promiscuo di bottiglie e bicchieri, in particolare durante l’attività sportiva;
  7. non toccarsi occhi, naso e bocca con le mani;
  8. coprirsi bocca e naso se si starnutisce o tossisce;
  9. non prendere farmaci antivirali e antibiotici, a meno che siano prescritti dal medico;
  10. pulire le superfici con disinfettanti a base di cloro o alcol;
  11. usare la mascherina solo se si sospetta di essere malati o se si presta assistenza a persone malate.

Comunicato stampa della Caritas diocesana del 6 marzo 2020 in formato pdf

“Miracolo di Natale 2019”. I risultati della raccolta donata all’Emporio della Solidarietà

È di circa 9 tonnellate di cibo (per un valore commerciale di quasi 11 mila euro) fra pasta, riso, farina, tonno, carne in scatola, legumi, olio, zucchero, dolciumi, caffè, latte, pelati, omogeneizzati e tanti altri alimenti, il frutto della donazione giunta il 19 dicembre alla Caritas diocesana di Iglesias attraverso il “Miracolo di Natale 2019”, la manifestazione ideata 23 anni fa da Gennaro Longobardi (in collaborazione con l’emittente televisiva “Sardegna Uno”) che da quattro anni, oltre che a Cagliari e in altre città, viene realizzata anche ad Iglesias grazie alla generosa partecipazione di un nutrito gruppo di volontari formato da associazioni, gruppi spontanei, scolaresche, artisti e semplici cittadini; tutti insieme per rendere possibile questa iniziativa solidaristica.

La raccolta è diventata ormai una tradizione e tante persone e famiglie anche questa volta hanno generosamente risposto all’appello del “Miracolo di Natale”, dando un conforto in più a chi ne ha bisogno.

La Caritas diocesana di Iglesias, a nome dei tanti beneficiari di tale raccolta (oltre 200 famiglie), esprime sentimenti di gratitudine verso tutte le persone che si sono spese generosamente nel rendere possibile questa iniziativa. Poiché in questi casi si rischia di dimenticare qualcuno o qualche organizzazione, si esprime un generale grazie che abbraccia tutti coloro che si sono generosamente prodigati per la riuscita dell’iniziativa, all’insegna della disponibilità, del sacrificio, della collaborazione, del rispetto e della condivisione di valori quali la solidarietà e la fraternità.

Tutti i beni alimentari conferiti grazie al “Miracolo di Natale” si stanno distribuendo alle famiglie bisognose attraverso l’Emporio della Solidarietà, un’innovativa opera-segno della Caritas diocesana, grazie alla quale si è evoluto il servizio della distribuzione delle risorse alimentari cittadine affidate a Parrocchie, movimenti e associazioni che da sempre sostengono chi si trova in difficoltà.

A seguire l’elenco dettagliato dei prodotti donati in occasione dell’evento svoltosi mercoledì  18 dicembre 2019, presso il Centro culturale di via Cattaneo ad Iglesias.

Quantità
Prodotto
Informazioni specifiche
3.276
Pasta
Kilogrammi
1.145
Pelati (polpa e passata di pomodoro)
Kilogrammi
730
Legumi
Kilogrammi
360
Riso
Kilogrammi
695
Zucchero
Kilogrammi
335
Olio di semi
Litri
97
Olio di oliva e olio extravergine d’oliva
Litri
742
Latte
Litri
103
Caffè
Kilogrammi
126
Farina
Kilogrammi
136
Sale
Kilogrammi
330
Biscotti
Kilogrammi
143
Panettoni
Kilogrammi
165
Succhi di frutta
Litri
88
Tonno
Kilogrammi
20
Carne in scatola
Kilogrammi
1.321
Omogeneizzati
Confezioni

Dal giorno dell’inaugurazione del servizio (13 giugno 2016) l’Emporio della Solidarietà cerca di far fronte ai bisogni alimentari di molti nuclei familiari (ad oggi sono circa 600 le persone aiutate direttamente o indirettamente). I prodotti alimentari più consumati sono: pasta, latte, legumi, passata di pomodoro, pelati, cibi in scatola (come tonno o carne), alimenti per neonati, biscotti, fette biscottate e zucchero. A seguito di un’apposita autorizzazione rilasciata dall’Azienda Sanitaria Locale, sono disponibili anche i prodotti “freschi”, quali formaggi, burro e insaccati.

L’Emporio della Solidarietà si trova in uno degli spazi dell’ex mattatoio comunale ed è nato dalla collaborazione tra la Caritas diocesana di Iglesias (che ne ha promosso il progetto), le Caritas parrocchiali, il Volontariato Vincenziano, il Terz’Ordine Francescano e la Sodalitas. I gruppi hanno intrapreso un percorso di formazione per collaborare al meglio e fornire un intervento in cui il servizio non sia solo un modo per tamponare l’emergenza ma costruire una via di uscita insieme alle persone.

All’Emporio i prodotti non sono distribuiti con pacchi già predisposti ma sono i beneficiari stessi, dopo esser stati ascoltati dagli operatori dei Centri di almeno una delle realtà aderenti al progetto, a scegliere secondo le proprie necessità, come in un vero supermarket. Non si paga con denaro ma attraverso una carta magnetica che contiene dei crediti, attribuiti in base a diversi parametri, fra cui: l’ampiezza del nucleo familiare; la tipologia, l’intensità e la durata del disagio; l’ISEE e altri indicatori. La carta magnetica è personale ed è identificata attraverso un codice. I dati raccolti dai Centri della rete del Coordinamento confluiscono in un database che permette immediatamente di capire chi si è rivolto ai vari servizi territoriali, compreso l’Emporio, evitando pertanto duplicazioni d’interventi.

Se si vuole contribuire con una donazione in viveri si può passare direttamente all’Emporio della Solidarietà, in corso Colombo (Exmà) il lunedì (dalle 15.30 alle 18.30) o il giovedì e il venerdì (dalle 9.00 alle 12.00). È a disposizione anche il telefono (328.8431596) e un indirizzo di posta elettronica (emporio@caritasiglesias.it).

La Caritas diocesana

 

Scarica qui il testo del comunicato stampa in formato pdf

“Orti Solidali di Comunità”. Il lavoro come strumento che unisce culture diverse. La testimonianza di Emmanuel Anane

Prosegue la narrazione riguardo al progetto Orti Solidali di Comunità. Dopo la testimonianza di Gianluca Frau, tutor tecnico del progetto, pubblicata nel numero precedente del giornale diocesano, è la volta di Emmanuel Anane, beneficiario proveniente dal Ghana e presente in Italia da una decina d’anni. Gli abbiamo chiesto di raccontarci l’esperienza che lo vede impegnato quotidianamente come volontario nel settore dell’agricoltura sociale, promosso dalla Caritas diocesana.

Emmanuel, come sei venuto a conoscenza di questo progetto della Caritas di Iglesias?
Sono stato chiamato da Simone Cabitza, su segnalazione del Centro d’ascolto per stranieri “Il Pozzo di Giacobbe”; mi aveva detto che cosa potevo fare nel terreno con altre persone che stavano lì prima di me. Mi sembrava una cosa buona per me, per tenermi impegnato e fare qualcosa di utile.

È la prima volta che lavori nel settore dell’agricoltura oppure ti è già capitato altrove?
Non è la prima volta per me; ho già lavorato la terra nel mio Paese e anche qui ad Iglesias, in un’azienda agricola. Dunque avevo già fatto della attività come queste; più o meno le stesse che propone il progetto della Caritas.

Stando a contatto col tuo tutor tecnico, Gianluca, stai imparando nuovi sistemi di coltivazione rispetto a quelle in uso in Ghana?
Sì, sto imparando modi diversi di seminare, innaffiare e seguire le piantine; al mio Paese gli agricoltori fanno altre cose nei campi; lavorano diversamente.

In che cosa si differenzia il modo di fare agricoltura nel tuo Paese da ciò che si fa qui in Sardegna?
Sono diverse le cose che si coltivano e anche le attrezzature che si usano nei campi; ma va bene lo stesso per me, io lavoro lo stesso.

Quali colture seminano nel tuo Paese che qui in Sardegna non vengono coltivate?
Qui non ci sono tantissimi prodotti che coltiviamo in Ghana. Ecco, non so spiegarlo in italiano… Però, quando sono arrivato qui ho visto degli ortaggi che ci sono anche in Africa.

Come ti trovi con gli altri volontari con cui condividi buona parte della giornata, nel terreno Monti Santu? Sono tutti italiani o ci sono anche stranieri?
Mi trovo molto bene con loro, lavoriamo insieme ogni giorno. Ci sono anche altri stranieri, africani come me.

Pensi che l’integrazione degli immigrati passi anche attraverso l’attività lavorativa?
Sì, certo; perché lavorare insieme aiuta a stare meglio; quando ci sono tante persone nel lavoro è più bello.

Emmanuel, la tua famiglia è contenta del tuo impegno col progetto degli Orti?
Sì, certo tutta la mia famiglia è contenta; è venuta qui a vedere il terreno e cosa faccio con le altre persone, tutti i giorni. Noi siamo contentissimi di questo. È un modo per sentirsi utili e poter fare qualcosa non solo per se stessi ma anche per gli altri.

Intervista di Emanuela Frau